IL CORAGGIO DI EVA LUNA
di Quirino Pilosi
Corso di Scrittura on-line –Primo Livello
La berlina nera non fece in tempo a fermarsi davanti all’enorme cancello della villa che la portiera posteriore si aprì improvvisamente e i piccoli piedi di Eva Luna si poggiarono sul soffice manto nevoso. Era elettrizzata all’idea di tornare nel suo luogo preferito. Per tutto il resto dell’anno viveva in città con la madre, ma lei non amava la città. Adorava il prato, l’aria fresca, i paesaggi. Se poi era tutto ricoperto di neve, diventava il suo paradiso.
“Dai mamma sbrigati, qui è bellissimo” disse tutta eccitata, le guance tonde già arrossate dal freddo s’intonavano perfettamente col cappotto rosso. La madre però non amava quel luogo. Le riportava alla mente troppi brutti ricordi. Quella villa apparteneva al signor Ronald, padre del suo ex marito Tom. I due si erano lasciati qualche tempo prima, dopo che Tom aveva iniziato a distaccarsi da lei e dalla piccola Eva senza un apparente motivo. Sembrava che loro fossero tutta la sua vita, ma evidentemente si sbagliava. Lei lo amava ancora, ma cercava con tutte le forze di rinnegarlo a se stessa. Si costringeva a venire, solo per non dare un dispiacere a Eva. E poi anche perché dopotutto Ronald le voleva bene. Non smetteva mai di ripeterle quanto fosse addolorato per il comportamento del figlio, abbandonare una moglie con una bambina cosi piccola era un comportamento che nemmeno il nonno aveva mai approvato. Si era sempre messo a disposizione di Isabel per pagare tutte le spese per lei e la sua nipotina, ma orgogliosa com’era, non aveva accettato denaro.
Dall’altro lato dell’enorme cancello c’era un uomo anziano che Eva conosceva bene. Era il vecchio Dog, il collaboratore storico del nonno. Vestito elegante come sempre, i fulgidi baffi bianchi sempre al loro posto, salutò calorosamente l’arrivo di Eva Luna e di Isabel. Salirono sulla maestosa carrozza nera, trainata da due splendidi cavalli, per andare su alla villa. Già, perché questa era una delle “tante” stranezze del nonno. Le macchine, si dovevano fermare all’ingresso. Dopodichè, per salire alla Villa, bisogna farsi scortare dalla carrozza del signor Dog. Quando Eva gli aveva chiesto come mai questa strana usanza, lui scoppiò a ridere come un matto. “Perché è una cosa da vecchio scanzonato quale motivo migliore di questo”.
Eva Luna spiaccicò il naso contro il finestrino della carrozza mentre il vecchio Dog la conduceva lungo il viale della villa. Lo spettacolo era incredibile. L’immenso giardino era completamente imbiancato di neve, Gli alberi maestosi sembravano degli esseri enormi piegati al volere della neve, che aspettavano pazientemente il momento per poter tornare a guardare il cielo. Proprio mentre passavano di fianco ad un albero, la neve cadde e si raddrizzò imponente verso l’alto. Eva Luna ebbe quasi la sensazione che avesse salutato il suo arrivo.
Come al solito, il nonno aspettava in piedi davanti alla villa, con la sua inseparabile pipa l’arrivo della carrozza. Era un uomo anziano con dei folti capelli bianchi e un pizzetto a punta dello stesso colore. Con la solita impazienza, la piccola Eva salto giù dalla carrozza e corse con tutta l’energia che aveva verso il nonno, e alla fine tutti e due capitombolarono sulla neve. “O piccola mia. Che bello ritrovarti”. Eva non si staccava più dal nonno tanto era felice di rivederlo.
Le prime giornate di vacanza trascorsero allegramente. Eva andava su e giù per i prati innevati, anche se la neve oramai si stava sciogliendo. Poi passò del tempo in compagnia del vecchio Dog. Cosa che faceva sempre ben volentieri. Era un uomo dal sorriso facile. E poi metteva di buon umore.
“Ti piace ancora questo lavoro?” gli chiese Eva una volta.
Il vecchio Dog stiracchiò i due fulgidi baffi bianchi ad accompagnare un gran sorriso.
“Come il primo giorno. Questo posto è magico, ti entra dentro e non riesci più a staccartene. E poi tuo nonno è una brava persona. Mi ha sempre trattato bene”.
Magico. Non poteva usare una parola migliore. C’era qualcosa di magico in quel posto per Eva. La priva volta che ne prese coscienza fu quando passeggiando per i prati come suo solito s’imbattè in un coniglio bianco incastrato in un ramo. Quando lo liberò le fece l’occhiolino, e subito dopo andò a prendere un pezzo di carta e con un pennarello rosso le scrisse in chiara grafia: “GRAZIE”. Poi scomparì in una tana e non lo rivide più. Eva conservava ancora quel pezzo di carta, per ricordarsi che era accaduto per davvero, e non erano delle fantasie da bambini.
La sera era dedicata alle storie. Davanti all’enorme camino del salotto, il vecchio Ronald con la nipotina rigorosamente in braccio, tirava fuori dal cilindro della sua fantasia delle storie incredibili. Favole, nelle quali gnomi, folletti, fate, persino draghi trasportavano la piccola Eva in mondi meravigliosi.
La notte in cui ebbe inizio l’avventura di Eva prese a nevicare, e il paesaggio venne ricoperto in fretta da una candida coltre bianca. Quella sera non aveva sonno, così decise di scendere in cucina, quando notò una la luce nello studio del nonno. Andò a vedere credendo di trovarlo ancora sveglio ma con somma meraviglia notò che a illuminare la stanza era un piccolo oggetto sulla scrivania. Quando si avvicinò la luce diminuì fino a spegnersi completamente. Si trattava di un piccolo anello in oro con delle finissime striature azzurre. Era un oggetto splendido. Dopo averlo visionato, lo mise al suo posto, seppur affascinata non voleva prenderlo. Quando uscì dallo studio però, accadde una cosa assai strana. L’anello che aveva lasciato sulla scrivania, ora si trovava nella tasca del suo pigiama. Questo bastò a far prendere in considerazione l’idea di studiare quell’oggetto. Questa volta lo ispezionò con molta attenzione, lo rigirò più volte e alla fine se lo mise al dito. Un energia fortissima attraversò il suo corpo, simile ad una forte ma piacevole scarica elettrica. Così com’era venuta scomparve. Poco dopo sentì delle voci in cucina. Andò a vedere di chi si trattasse. Il frigo era aperto, e c’era un gatto, e quello che aveva tutta l’aria di essere un topo enorme con un bastone, che stavano chiacchierando animatamente. Eva non riuscì a capire cosa dicevano, ma rimase sbalordita. Davanti a lei c’erano un gatto e un topo parlante. Quando si accorsero di lei, anche loro sembravano altrettanto sorpresi. Il gatto rimase con la bocca piena, ma riuscì comunque a dire:“Tu, riesci a vederci?!”
Eva annuì con la testa.
“Ma sei solo una bambina” esclamò ancora il gatto. Aveva una voce profonda.
Il tempo di abituarsi alla strana situazione, che fecero subito amicizia. Il gatto era Max, il topo Moglir. Dopo un primo attimo di sbandamento divennero incredibilmente felici, e si misero a cantare e ballare come due ubriachi ad una festa. Eva capì il perché quando gli spiegarono che l’anello veniva da un luogo lontano, e fu creato da alcuni stregoni in segreto con lo scopo di trovare le persone giuste per liberare il loro mondo dalla schiavitù del potere del male. Esso era la chiave per condurre quella persona in quel luogo. C’era già stato qualcuno prima, ma aveva fallito. Non era riuscito a resistere al potere del male, così l’anello doveva trovare qualcun altro per quella missione. E a quanto pare, c’era riuscito.
Si recarono nel mondo magico quella notte stessa. Non c’era tempo da perdere. Mentre si dirigevano nello studio del nonno Eva comprese ancora che l’anello l’aveva trovato il nonno molti anni prima durante una sua spedizione, e che lo custodiva gelosamente in attesa del suo utilizzo. Moglir batté un colpo secco col suo bastone sul tappeto dello studio, che si alzò come richiamato da un antico comando, si mise di fronte a loro e si apri come se fosse una pagina di un libro. Ora davanti a loro c’era una porta, con delle scale che portavano in basso. Scesero la scala fino a quando finì, e Eva si trovò a capitombolare sul pavimento impolverato di una stanza sconosciuta. Un gran fracasso arrivava dall’esterno. Si resero conto di essere nel mezzo di un attacco degli esseri del male quando irruppe nella stanza un soldato. Indossava un’armatura lucente, ed aveva un possente elmo dai quali luccicavano cattivi due profondi occhi gialli. Quando vide Eva e i suoi amici , marciò impetuoso verso di loro, ma quando si avvicinò si fermò di colpo. Rimase impietrito. Gli occhi gialli fissi sulla bambina.
“Che ci fai qui?” disse con una voce rauca, e profonda. Una voce che la Piccola Eva non aveva mai sentito.
Ma chi era? Come mai conosceva Eva. Interrogativi che divennero più pesanti quando l’esercito si ritirò improvvisamente. Un coro si levò in segno di saluto alla piccola Eva, che da sola aveva fatto ritirare un intero esercito salvando il villaggio dalla distruzione certa.
“A quanto pare stavolta l’anello ha scelto bene” sussurrò Max a Moglir.
In quel momento Eva si rese conto dello strano posto in cui era finita. Vi erano esseri simili a gnomi, o forse lo erano per davvero, con orecchie a punta, molti altri animali con sembianze umane. C’era anche il coniglio che aveva liberato qualche anno prima. Scopri che si chiamava Lobby, e adorava disegnare.
La sua missione consisteva nel raggiungere la Grotta della Paura e gettare l’anello nella sorgente della vita, cosicché la sua forza facesse risvegliare la magia nel mondo di Acquadolce..
Durante la missione però, Eva insieme ai suoi amici venne catturata. Sembrava spacciata quando il destino l’aiutò. Il comandante che l’aveva riconosciuta nel villaggio la liberò. Poi scoprì la sua identità.
“PAPA’” grido Eva e gli saltò al collo. Ora capiva tutto. Capì che non aveva abbandonato la madre per stare con un’altra, che l’anello prima di lei aveva scelto suo padre, e che purtroppo aveva fallito.
“Ti voglio bene piccola mia….Mi dispiace così tanto di avervi abbandonato”
Eva pianse lacrime felici, ma sapeva che c’era qualcosa di più importante adesso.
“Non c’è tempo per le scuse adesso. Ho una missione da portare a termine, mi aiuti?”
Tom condusse la figlia lungo il giusto sentiero, e insieme lanciarono l’anello nella sorgente della vita. Gli esseri che dominavano su quelle terre caddero in pezzi, e poco dopo divenne limpida e cristallina come un tempo. Tutti levarono un calice in onore della piccola ma coraggiosa Eva Luna.
Moglir si avvicinò col suo bastone nodoso a Eva e Tom, con un gran sorriso.
“Grazie piccola Eva. Tutti noi ti siamo debitori, non passerà anno in cui non brinderemo in tuo onore. E grazie anche a te Tom, per l’importante ruolo che hai avuto in questa faccenda”
“Non me lo merito. Ho deluso voi e fatto soffrire la mia famiglia”
“Ti sbagli mio grande amico. Senza di te la piccola Eva non avrebbe potuto nulla. La magia che venne racchiusa nell’anello e molto pura e antica. Aveva cercato te, e fallendo sei entrato nelle grazie delle oscuro potere, ma ti ha dato anche la via della salvezza in tua figlia. Ora l’anello aveva il suo condottiero, e l’arma per combattere il male. Pensaci, se tu non avessi fallito il tuo compito, la piccola Eva non avrebbe mai avuto un “amico” all’interno che le indicasse la giusta via per attraversare la Grotta Oscura. In più serviva un sentimento sincero di amore fra due persone per poter attraversare indenni la Grotta Oscura. Tutto era nel disegno dell’antica magia. Forse ti ha chiesto molto, ma la salvezza di molti e dipesa da voi e forse, sei ancora in tempo per la “tua” salvezza”
Eva sorrise solennemente. “Andiamo a dirglielo” disse prendendo la mano del padre.
Quando Isabel vide la figlia con il padre, rimase incredula. Non voleva credere all’incredibile avventura che le stava raccontando la figlia, così Eva si sfilò l’anello e sussurrandogli “mostrale la verità”, lo diede a Isabel.
Quando tornarono, aveva compreso tutto.
“Lo so che ti ho fatto male. Ora ti chiedo; puoi perdonami?”
Isabel abbassò lo sguardo. Avrebbe tanto voluto cedere, poi però si ricordò di quanto aveva sofferto. Alzò gli occhi e lo guardò sicura.
“Forse. Ma non posso dimenticare”
“Non ti chiedo di farlo. E non lo farò nemmeno io. Perché ricordarmi del dolore che ti ho provocato, mi servirà a non commettere più lo stesso errore. Ti amo. Più di ogni cosa al mondo. Torna nella mia vita”
Isabel esitò un attimo, poi si lasciò andare ai suoi sentimenti. Si baciarono sotto l’applauso caloroso della piccola Eva Luna, e il brindisi silenzioso del nonno.
Dopo tanti anni la famiglia di Eva tornò unita, e più felice che mai.