Tutti gli articoli di Carlotta

Che cosa hai fatto? di Lucy Dawson

Fin dove si può spingere un’amicizia? Quanto ci si può fidare di un’altra persona? Quando Alice incontra Gretchen non le pare vero di poter uscire dalla routine senza scosse della sua vita di brava ragazza. Un buon lavoro e un fidanzato fedele che la vuole sposare non le bastano più, è inquieta e annoiata. Gretchen, così estroversa e smaliziata, fa proprio al caso suo. Rappresenta infatti tutto quello che lei non è mai stata: brillante, impulsiva e desiderosa di divertirsi. Senza contare che ha un fratello decisamente affascinante al quale Alice non resta insensibile. Le due ragazze diventano inseparabili, ma Alice non sa che Gretchen nasconde un inquietante segreto in grado di distruggere chi le sta intorno. Ma Gretchen è poi così manipolatrice? E Alice così ingenua? La loro si rivelerà un’amicizia davvero tormentata, che le segnerà profondamente e insegnerà a entrambe più di quanto avrebbero mai immaginato. Tra passato e presente, in un complesso gioco di ruoli, amori e inganni che s’intrecciano, la verità viene inesorabilmente svelata. Che cosa hai fatto? è un romanzo squisitamente dark, ricco di suspense ed emozioni, dal sorprendente e inquietante finale, che mostra come la vita sia sempre imprevedibile: non conosciamo mai fino in fondo chi ci sta davanti, e neanche noi stessi.

“Quando Alice incontra Gretchen non le pare vero di potere uscire dalla routine della sua vita senza scosse di brava ragazza. Un buon lavoro, un fi danzato fedele che la vuole sposare, Alice non è ancora pronta a impegnarsi davvero e Gretchen rappresenta tutto quello che lei non è mai stata: brillante, impulsiva, desiderosa di divertirsi… Le due diventano amiche per la pelle, ma Gretchen nasconde un tremendo segreto e non è proprio animata da buone intenzioni. Da vera manipolatrice trascina Alice con lei e il fedele fidanzato ignaro di tutto in un vortice di inganni e cattiverie.”

Il profumo delle foglie di Clara Sánchez

Spagna, Costa Blanca. Il sole è ancora caldo nonostante sia già settembre inoltrato. Per le strade non c’è nessuno, e l’aria è pervasa dal profumo di limoni che arriva fino al mare. È qui che Sandra, trentenne in crisi, ha cercato rifugio: non ha un lavoro, è in rotta con i genitori, è incinta di un uomo che non è sicura di amare. Si sente sola, ed è alla disperata ricerca di una bussola per la sua vita. Fino al giorno in cui non incontra occhi comprensivi e gentili: si tratta di Fredrik e Karin Christensen, una coppia di amabili vecchietti. Sono come i nonni che non ha mai avuto. Momento dopo momento, le regalano una tenera amicizia, le presentano persone affascinanti, come Alberto, e la accolgono nella grande villa circondata da splendidi fiori. Un paradiso. Ma in realtà si tratta dell’inferno.

Perché Fredrik e Karin sono criminali nazisti. Si sono distinti per la loro ferocia e ora covano il sogno di ricominciare. Lo sa bene Julián, scampato al campo di concentramento di Mauthausen, che da giorni segue i loro movimenti. Sa bene che le loro mani rugose si sono macchiate del sangue degli innocenti. Ma ora, forse, può smascherarli e Sandra è l’unica in grado di aiutarlo. Non è facile convincerla della verità.

Eppure, dopo un primo momento di incredulità, la donna comincia a guardarli con occhi diversi e a leggere dietro quella fragile apparenza.

Adesso Sandra l’ha capito: lei e il suo piccolo rischiano molto. Ma non importa. Perché tutti devono sapere. Perché è impossibile restituire la vita alle vittime, ma si può almeno fare in modo tutto ciò che è successo non cada nell’oblio. E che il male non rimanga impunito.

Un romanzo che ha sorpreso e ha scosso le coscienze, rivelandosi un caso editoriale unico. Uscito in sordina in Spagna, ben presto ha scalato le classifiche vendendo migliaia di copie grazie al passaparola del pubblico. Poi è venuta la consacrazione della critica: la vittoria del Nadal, il premio letterario spagnolo più antico e prestigioso.

Il profumo delle foglie di limone racconta una storia di amore e di coraggio, di memoria e di colpa, di speranza e forza, una storia che rimane impressa nell’animo per sempre.

Il grimorio di Venezia di Michelle Lovric

Nell’estate del 1899 qualcosa di strano sta accadendo a Venezia: il mare si è fatto caldo come il sangue, squali si aggirano per la laguna e i pozzi vomitano colonne d’acqua bollente. Tra gli scienziati chiamati a investigare sui fenomeni c’è la famiglia di Teodora Stampara, undicenne curiosa, intelligente e dotata di un talento insolito: la capacità di ‘vedere le parole’ dei suoi interlocutori. Ma quella che per lei si prospettava come una vacanza prende tutt’altra piega quando un libro misterioso, La Chiave della Città Segreta, la ‘sceglie’ cadendole in testa e senza chiederle il permesso la precipita nel lato nascosto e occulto della città, popolato di sirene che parlano come scaricatori di porto, gatti alati, spettri deformi e apparizioni ancor più spaventose. Divenuta invisibile a tutti tranne che ai bambini e alle creature soprannaturali, Teodora, che vorrebbe disperatamente tornare alla sua vita e alla sua famiglia, instaura un complicato rapporto con Renzo, ragazzino veneziano altezzoso e coltissimo, e insieme a lui si ritrova coinvolta in una battaglia secolare per la sopravvivenza della città, che sta per giungere al culmine ora che il più spaventoso tra i nemici di Venezia è risorto dalla sua tomba sotto la laguna e si prepara a sferrare un ultimo, terrificante assalto.

Quello che ho dentro di Keighery Chrissie

Cosa c’è in agguato appena sotto il sorriso di un adolescente? Jordan, ad esempio, vive con frustrazione il divorzio dei suoi genitori, ma non ne parla con nessuno, neppure con le amiche più intime. Anche Jack, che sembra il ragazzo perfetto, è tormentato dal rapporto con un padre indifferente e superficiale. Lui ha in animo un sentimento nuovo e non se ne capacita: si è innamorato per la prima volta. Poi c’è Lee, che si sente banale, anonima, non degna di attenzione; Meredith, che maschera con la sua brillante ironia l’abbandono da parte della madre; Cecil, che lavora sodo per diventare una ballerina e vìve in segreto la propria anoressia. E infine Renee, la nuova arrivata, che osserva “il gruppo” e se ne fa voce narrante. C’è proprio bisogno di piangere per superare l’adolescenza? O basta tirare fuori quello che altrimenti esplode dentro?

Miriam e Jo, una storia d’amore di Monica C.- Primo Livello Adulti – Corso di scrittura on-line

Miriam e Jo, una storia d’amore di Monica C.

– Primo Livello Adulti – Corso di scrittura on-line

Why does the sun go on shining?

Why does the sea rush to shore?

Don’t they know it’s the end of the world, Cause you don’t love me any more?

Perchè il sole continua a splendere, perchè il mare si muove verso la riva, non sanno essi che è la fine del mondo perchè tu non mi ami più? (The end of the word-The Carpenters)

Brindisi-Settembre 2010

Era tornata lì, senza un perché, dopo averlo rivisto quella mattina, dopo un mese di silenzi, di contatti sfuggevoli, di pensieri che si sentono eppure allontanano, dopo parole che non la desideravano più ma che lasciavano trasparire la nostalgia di qualcosa in cui si era creduto.

Davanti ad una tazza di caffè tenuta fra le mani, le sembrava di tremare dinanzi al suo sguardo, al suo volto, che sapeva turbarla ancora benché distante.

La loro storia era finita, però si annusavano ancora. Ancora era lì.

Si salutarono, poi bastarono pochi sms perché lei tornasse nella loro vecchia casa.

“Devo prendere le ultime cose “, scrisse Miriam.

“Non ci sono rancori, se vuoi passare da me posso offrirti un caffè”, rispose Jo.

“Ok. Ti avviso quando arrivo”, il messaggio fu immediato.

Così si erano ritrovati stretti dentro l’anima e non avevano saputo più lasciarsi, esattamente un anno prima, tra la fine di agosto e gli inizi di settembre.

Ed ora un anno dopo erano lì a raccogliere i frammenti di qualcosa che non riuscivano più a tenere fra le mani.

Educatori ed artisti entrambi si erano lasciati conquistare dalle immagini e dalla sensibilità che ognuno sapeva leggere dentro l’altro.

E così Miriam lasciò tutto per Jo, un fidanzato che non amava, la sua vecchia vita, prese sé stessa, i suoi bagagli, il suo amato cane e lo seguì.

Fu un attimo e si ritrovò a vivere subito in una casa confinante alla sua, in un vecchio residence malmesso che si affacciava su una strada provinciale.

Lavoravano entrambi: Jo in una piccola realtà costruita da sé, bravissimo a conquistare le turbolenze dell’ età adolescenziale; Miriam, educatrice in una comunità privata, non si stancava di leggere sogni ed immagini di più reali verità, negli occhi, nei gesti e negli sguardi di coloro che sono chiamati matti.

Quel vecchio residence fuori città offriva un bell’ appartamento a basso costo, anche se in periferia.

Così quel pomeriggio tornò lì alla loro vecchia casa.

Avevano due appartamenti confinanti, sullo stesso pianerottolo, due porte attigue.

Entrò.

Assaporò in un attimo quella vita che l’aveva resa felice, la finestra che si affacciava sugli alberi, la poltrona avvolta ancora dentro quel telo arancione e giallo che lei gli aveva regalato, ed i libri sulla mensola, le mura un po’ più spoglie della sua presenza.

Era turbata poiché aveva sognato quella casa.

L’aveva sognata piena di colori di un’altra vita che non era la sua ed i suoi sogni non le mentivano mai.

Eppure adesso, per un attimo, le sembrò che nulla fosse cambiato.

Lui le sorrise, fu carino. Chiacchierarono.

Lei lo sentiva, sentiva il suo sguardo ed il suo respiro e sapeva che il primo passo, la scelta in quel momento spettava a lei.

Giunsero sulla porta, stavano per salutarsi, lei sarebbe andata nel suo appartamento a prendere le ultime cose ed il pomeriggio si sarebbe concluso così.

Si avvicinarono per baciarsi sulle guance, ma le labbra scivolarono vicine, in un bacio, prima lento, dolce, poi forte appassionato.

Non riuscirono a lasciarsi, si guardarono, si sorrisero, si mossero insieme verso la camera da letto.

Fecero l’amore intensamente e lei sentì di amarlo.

Avrebbe voluto dirglielo, gridarlo e stringerlo a sé, ma non lo fece.

Si addormentarono, accoccolati, con le gambe attorcigliate fra loro ed il respiro sereno.

“Pensavo che saresti andata via”, le sussurrò, “ma desideravo che restassi…”.

Si svegliarono poco dopo insieme e tornarono incerti verso la vecchia poltrona.

“Balliamo” -disse Miriam.

Jo lasciò partire una canzone dei Carpenters -The End of the World

A piedi scalzi si avvicinarono carezzandosi l’un l’altro dentro quella nostalgica melodia, mentre passi e fianchi e braccia in sintonia danzavano qualcosa che mai le parole avrebbero potuto dire.

Si sorrisero. Si strinsero.

Salirono sul terrazzo di quella vecchia palazzina malmessa che era stata la loro casa per quasi un anno.

Da lì, senza luci, immersi dentro la notte stellata, erano padroni dell’intero universo, mentre la luna, complice del loro ritrovarsi, li vegliava.

Restavano sempre a lungo a guardare la notte stellata e quell’incanto sapeva avvolgerli dentro le trame dell’universo, energia misteriosa di cui provavano a leggere i disegni.

“Perché non può essere sempre così…”, disse lui stringendola a sé.

Miriam non disse nulla.

Si erano amati intensamente, ma non erano mancate le burrasche, le tempeste…incomprensioni, a volte di fondo, come diversi modi di vedere la vita che portano 1’amore in direzioni opposte.

Ma quanto la diversità può influire sull’ amore e quanto il dolore di ferite antiche non ancor rimarginate può divenire nebbia per l’ amore, non lasciandolo vedere?

Una vita selvaggia ed appassionata li aveva uniti come in una storia fuori dal mondo, ma presto alcune spine cominciarono a lasciare in ombra la bellezza di quella rosa.

Così le corse nei campi, i respiri del vento, il leggere i segni fra le nuvole ed il cielo , stringersi dentro la notte gelida in quella vecchia casa, parlarsi con le arti marziali respirando l’universo, l’intuizione di pensieri e sogni che sapevano ritrovarsi come dono , come per magia, le ispirazioni di pennelli e colori di lui che sapevano danzare con le parole di lei, non erano serviti a niente.

Tutto quell’amore intenso e forte che li aveva uniti stretti scivolava via dalle crepe di antiche ferite di amore che non sa guarire, di paura di amare.

Jo prediligeva una vita libera come il vento, dentro un amore unico forte, la amava come sua regina, ma antichi dolori di bambino non lasciavano all’uomo la libertà di vivere.

“Prima tua e poi mia”. le sussurrava spesso.

E Miriam credendo nell’importanza e nella bellezza dell’amore di sé per amare l’altro non aveva compreso bene quelle parole.

L’amore l’aveva resa cieca a quelle recinzioni che lui sapeva mettere fra loro due perchè il coinvolgimento, pur nella totalità dell’appartenersi, non fosse pieno.

Miriam, invece, pur dentro il valore dell’indipendenza individuale, era affascinata dalla misteriosa “arte del noi”, pur dentro la paura di ferite antiche che fanno tremare dinanzi all’amore e pensava che l’amore, unico potesse essere il superamento della paura di amare, delle ferite ricevute da bambini.

Ma non sempre è così.

A volte amare fa molta più paura.

Ed ancor di più dentro l’economia di uno Stato che non è stabile, che non lascia guardare con fiducia a progettualità future, stringendole dentro precarietà.

Lo vide altre volte, per un altro mese, ma poi capì la direzione ibrida di quella strada che stava percorrendo e non si riconobbe.

Decise di andar via, mentre sanguinava dentro.

Poi si fermò. Sentì il cuore smarrirsi, mentre perdeva ciò che amava.

Ma l’unica direzione, l’unica scelta era andare via.

A passi incerti lei ha ricominciato a vivere, respirandosi, sentendosi, ritrovandosi per sé stessa, dentro radici stabili al di là di lui. Però non riesce ancora a dimenticare quella vita e la magia del loro stare insieme.

Sono in contatto, ma non si parlano più con il cuore, solo dentro silenzi e comunicazioni di lavoro, sospese a tratti da sorrisi.

Ma qualcosa nel vento ancora la chiama.

Qualcosa dentro la notte ancora la cerca.

Qualcosa nella magia della luna le chiede ancora di credere all’incanto, come quando si rividero per caso sotto la sua luce piena che troneggiava al di sopra di entrambi.

In una notte di gennaio dell’anno precedente, notte di festa in città, di gente e artisti per le strade, in una notte incantata, lei uscì per caso da una corte di botteghe artigiane ed entrò in strada; lui camminava di fronte a lei e mentre i loro passi si muovevano in direzioni opposte, i loro sguardi, si trovarono, si incrociarono senza lasciarsi andare.

Gli occhi azzurri profondi di lui, di mare, di cielo, si fermarono sugli occhi grandi e marroni di lei, di cerbiatto, espressivi, intensi e non riuscirono a lasciarsi.

Si fermarono, si riconobbero.

Si erano già conosciuti e persi.

Il compagno di lei li raggiunse, e poi si salutarono.

Ma Jo, mesi dopo, la cercò di nuovo.

E Miriam fece la sua scelta.

A volte il tempo gioca scherzoso, a volte l’amore fa giri strani dentro percorsi tortuosi.

Ma sempre la vita è maestra.

Sempre la vita plasma la bellezza del proprio essere, di quel dono che ci è stato dato di esistere.

E sempre i percorsi di anime affini, sanno ritrovarsi.

Ed il tempo è maestro di vita, così come l’amore.

Solo attraverso il tempo ogni cosa diventa chiara.

Non sappiamo quanto tempo dura la nebbia.

Dobbiamo aspettare che soffi il maestrale, mentre solo l’amore discioglie il dolore.

Così Miriam guardando dentro la notte stellata e pensando a quella che una volta Jo dipinse per lei, pensa a lui. Ed intanto è in ascolto di segni e coincidenze che portano lui sulla sua strada e lascia che la luna vegli sulle loro vite prima del loro prossimo incontro.

La notte impone a noi la sua fatica magica. disfare l’universo,le ramificazioni senza fine di effetti e di cause che si perdono in quell’abisso senza fondo, il tempo- J.L.Borges

Monica C.

Il figlio del cimitero di Neil Gaiman

Un bambino si aggira fra le lapidi di un antico cimitero. Già questo è strano. I suoi occhi sono vispi capaci di vedere quello che a me non è concesso, visto che porto gli occhiali per lui è facile,ma vede oltre a quello che umanamante è possibile.

Lo guardo bene anchio,e noto i suoi strani abiti, mi ricordano un sacco o forse un saio…

Proverò a raccontarvi la sua storia, se volete saperne di più la trovate scritta fra le pagine del Il Figlio del cimitero, di Neil Gaiman, edito Mondadori.

C’era una mano che impugnava il coltello. Il coltello aveva un manico d’osso, lucido e nero, e una lama più sottile e affilata di un rasoio…. Incomincia così l’avventura di Nobody Owens. Dopo l’uccisione della sua famiglia, il piccolo gattonando, inconsapevole di essersi appena salvato la vita, raggiunge il cimitero. Lo spirito della madre , appena passata nel mondo dell’aldilà, ancora evanescente e incredula, lo affida ai coniugi Owens, anch’essi morti ma ora mai da secoli che offrono al piccolo la cittadinanza del cimitero, con la benedizione della Signora dal cavallo bianco, così viene chiamata la Morte.

E sarà proprio qui, fra lapidi e sepolture, fra tombe e targhe funebri, che con l’aiuto della sua nuova famiglia, e tutori degni di nota come Silus, l’unico che può uscire dal cimitero per procacciare cibo al nuovo arrivato oltre che essere un buon maestro “di vita” e “di morte ,e la signora Lupesco ( un mastino di Dio) , che Nobody chiamato anche Bod, diventerà grande.

La vicinanza con i morti gli permette di vedere nell’oscurità e di sviluppare speciali abilità: la capacità di svanire, di suscitare una raggelante paura sugli umani, di entrare nei loro sogni e ovviamente parlare, interagire , giocare con i defunti. Proverà a far parte degli umani, ma solo successivamente allo scontro con lo stesso Jack del mazzo (per comprendere che cosa vuol dire vi affido alla lettura del libro) che ha ucciso la sua famiglia, potrà vivere fra i vivi.

Dormi dormi mio bambino Dormi bene fino al mattino Poi da grande, lo vedrai Per il mondo viaggerai. Danza una canzone Bacia i tuoi amori Scopri il tuo nome E sepolti tesori Affronta la vita, son affanni e piaceri. Che non siano inesplorate Le strade di ieri.

Un romanzo di formazione, con caratteristiche psicologiche ben evidenziate, con una cornice fantastica e macabra, descritta in maniera evocativa e avvincente. Il figlio del cimitero è un romanzo piacevolissimo, che ti permette di fare la conoscenza di personaggi adorabili, che non restano linee d’inchiostro sul foglio,ma che sembrano in tutto e per tutto reali, e ti piacerebbe ballare con loro, portando fiori bianchi fra i capelli, in una Mabradanza (capitolo cinque).

Lo stesso Gaiman, poco dopo aver terminato,la stesura del romanzo l’ha descritto come “…la preferita tra tutte le cose che ho fatto e ne sono orgoglioso, e mi rende felice quando le altre persone la apprezzano come me.” Non mi resta che andare a fare una visita al cimitero più vicino della mia città. A voi, BUONA LETTURA.

Consigliato: per chi adora Neil Gaiman, per chi colleziona gioielli letterari, per chi si vuole concedere un intrattenimento intelligente, chi aprezza i libri illustrati da Dave McKean, per chi s’incanta ad osservare le lapidi antiche, per chi non crede che la morte sia priva di vita…e per tutti gli altri.

Il giorno della memoria:27 gennaio 2010.

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo,
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi:
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

Primo Levi, Se questo è un uomo, Torino, Einaudi 1956