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Intervista a Morga su Atelier dei libri. Speciale imperdibile.

Sul sito Atelier dei libri è on line il MAGICO SPECIALE SU MORGA. VISITATELO NUMEROSI.

Inoltre potrete leggere un’intervista a MORGA. Si, proprio lei, la protagonista dei libri di Moony che noi tutti amiamo. Facciamo copia e incolla dal sito originale.

Carissima Morga, è davvero un piacere averti qui nel mio salotto oggi. Prima di iniziare l’intervista c’è qualcosa che vuoi dire ai nostri lettori per presentarti?

Prima di tutto vi dico che Moony mi ha conosciuto in Grecia, nel 2006, durante una vacanza. Poi ci siamo perse di vista e ho saputo che Moony ha scritto dei libri su di me. In effetti dai nostri dialoghi è emersa una certa sintonia riguardo allo scarso interesse dell’uomo per natura. Per questo amo il vento. E’ uno degli elementi della natura che l’uomo non può dominare. Sono convinta che il vento può trasformare i pensieri: “Il vento soffia, cambia le cose anche le pietre divenano rose”. So che questa frase oramai la conoscono tutti coloro che hanno letto i libri di Moony. Comunque io sono una ragazzina di 12 anni, in realtà vivo in Irlanda ma Moony mi ha fatto vivere nel piantea Emiòs e posso dire che userò tutta la mia magia per distruggere il Male. So che posso farcela.

E’ una storia meravigliosa, sembra che il vostro incontro fosse scritto nelle stelle!

Ho letto di te che sei un’abile maga dei venti, ma pare che tu sia in sintonia con tutti gli elementi. Ci spieghi meglio in cosa consiste il tuo potere? Che rapporto hai con la natura?

Come ti dicevo ritengo che spesso gli uomini sottovalutano quello che nel nostro dna è scritto:l’istinto. La sopravvivenza, il senso della libertà. L’amore. Io credo in questo e mi auguro che la terra si salvi dalla distruzione fatta di inquinamento, cemento e poca intelligenza. C’è troppa arroganza. Troppa violenza. Troppe guerre. Ma come è possibile che gli uomini non si accorgano di quanto meraviglioso sia il pianeta Terra. Un pianeta che ci ospita! Non è nostro…siamo solo nati qui…tra miliardi e milairdi di altri pianeti noi siamo nati qui, tra alberi, foreste, oceani, colline e montagne. Io uso la magia del vento per far capire che possiamo cambiare e ridare dignità a noi stessi e alla natura.

Sono completamente d’accordo con te, e spero che le tue parole possano illuminare i cuori di quelli che ancora non si accorgono di quanto siamo fortunati!

Tu vivi in una casa immersa nel bosco assieme ad Eremia, che non è però tua madre. Eremia è una Bramante, ci racconti qualcosa di lei e dei suoi insegnamenti?

Io voglio molto bene ad Eremia. E’ una seconda madre per me. Come sai la mia mamma è stata uccisa dai Fhar. Io non potrò mai perdonarli. Le alchimie e formule che Eremia mi ha insegnato le userò per lottare. Sai, gli alberi di Senthia e molte altre piante e pietre hanno un’energia che porta alla libertà se sai usare la magia con intelligenza. Eremia mi ha accompagnato in quel percorso della vita dove tutto è possibile. Tutto. Anche far capire che senza amore è inutile esistere.

Mi sarebbe piaciuto avere una giuda come Eremia, io ho dovuto pasticciare un bel po’ per imparare gli incantesimi che conosco!

E che mi dici di Wapi? Sembra un animaletto simpatico ma è un po’ diverso dai suoi simili vero?

Sì, Wapi è il mio Pirossio bianco. E’ uno struzzo speciale, sputa fuoco viola dal becco quando si arrabbia o quando serve. E’ un compagno d”avventura insostituibile. Lui ha molta pazienza con me, delle volte si accuccia sotto la grande Quercus Alba e mi aspetta. Io ci vado spesso sopra i rami nodosi per annusare il vento e captare le energie.

Ho letto della Quercus Alba, e mi è subito venuta voglia di arrampicarmi anche io sui suoi rami nodosi.

Ma anche tu, come Wapi, sei diversa dagli altri abitanti di Emiòs, perchè?

Io sono diversa perché sono totalmente umana, sono nata per amore e non per via della clonazione e selezione che i Fhar fanno di tutti i neonati. Mio padre, Serunte, mi ha salvata. Non mi ha ucciso…già perché lui doveva sopprimere tutti i bambini nati con dna umano o con dei difetti. Ma per amore di mia madre, Animea, lui è cambiato. Sai, è stato difficile e doloroso per me accettarlo come padre. Ma adesso ho capito tante cose e spero tanto che non gli succeda nulla di grave. Io sono l’Imperfetta della profezia, e non tradirò mio padre e la Bramante. Voglio tornare sulla Terra e ricominciare una nuova vita. Una vita che rispetti la natura.

E’ una storia affascinante la tua, davvero. Mi piacerebbe conoscere qualcosa sul tuo pianeta, ti va di svelarci qualche particolare su Emiòs?

Emiòs è un pianeta maledetto. Le temperature cambiano in base al giro delle tre lune. Sai, durante Inveria il freddo è micidiale, può arrivare anche oltre i 50 gradi sotto lo zero. Per non parlare della stagione Arsica, tutto brucia e il caldo è talmente afoso che non si riesce neppure a respirare. Ma per fortuna noi Dakì abbiamo le tute termiche che ci proteggono. Ma i pericoli non sono solo questi, nella Csomogonia Rocciosa vivono belve ferocissime e nel deserto di Alfasia ci sono enormi serpenti Bifili per non parlare della Zona Metamorfica dove sono di guardia degli orribili Scorpiaghi. Insomma, Emiòs non è un pianeta piacevole. Solo le case degli Un’dari sono accglienti, e anche nel Monatsrero di Hamalios si possono visitare delle sale magnifiche piene di decorazioni d’oro e cristalli. Mentre ad Aurea Nyos, la Città delle cento torri dove vivono i Fhar, tutto è tetro e austero. Colori e vivacità invece li trovi nella Colonia Brisoa e nella città di Karash, noi ragazzini certe volte ci divertiamo anche se spesso, a turno, dobbiamo lavorare nelle Pozze di Smerilia e nelle Miniere.

Non sembra un posto molto accogliente, e pare anche che sul tuo pianeta non esistano più esseri umani… Puoi dirci qualcosa di più in merito? Che differenza c’è tra gli abitanti di Emiòs e gli uomini?

La differenza? Be’, i Fhar, tanto tempo fa, erano uomini e donne, maghi e scienziati che a causa di una guerra devastante distrussero la Terra. Quando salirono sulla grande astronave Heimfra per trovare un nuovo pianeta, sbarcarono su Emiòs portandosi 1000 superstiti. Nel corso di 500 secoli hanno clonato e modificato la natura umana creando le Ancellanti, le Gestali e gli U’ndari. Per paura che nascessero nuovamente esseri umani con dna puro hanno iniettato un gene magico che fa scordare a tutti cos’è l’amore. L’amore è vietato. Capisci? Nessuno degli abitanti di Emiòs sapeva questa terribile verità. Solo con la mia nascita si è avverata la profezia e solo io potrò riportare la vita sulla Terra. Il mio vento parlerà ai cuori e spero di rivedere un giorno il sole e la luna, le stelle e le foreste, gli oceani e fiumi. Spero tanto che la Terra non sia stata distrutta del tutto.

Non riesco ad immaginare un pianeta senza amore, è terribile.

Morga, senza svelare troppo ai nostri lettori ci parli della tua prima avventura?

La prima avventura la conoscono già in molti. Comunque posso dirti che l’inizio parla della mia presa di coscienza, della profezia, della conoscenza di mio padre, e soprattutto del mio incontro con Yhari. Il mio amore…sono molto innamorata di lui. E’ un ragazzo speciale, fantastico. Poi sono diventati miei amici anche la giovane ancellante Drima e Horp, un ragazzo forte e coraggioso. Purtroppo come ti dicevo mia madre è morta….e ora, nel secondo libro, ho trovato il modo per rincontrarla. Come? Attraverso una magica crisalide. Una crisalide blu: la Vyomaga. Sento la voce di mia madre e so che non mi lascerà mai più. Ma per riuscire nel mio scopo devo trovare tre codici sacri con le chiavi che servono per mettere in moto la grande astronave e ritornare sulla terra. Per ora ho due chiavi, mi manca la terza e vedrai…la troverò. Userò gli Ambalis, i numeri in sanscrito carichi di potenza. Vi chiedo di avere fiducia in me, di credere nel mio vento. Vedrete che la libertà incontrerà ancora l’amore e tutto avrà un altro colore. Il colore della vita umana.

Incontrando Pierdomenici Baccalario e la bambina che leggeva i libri.

Piedomenico Baccalario. Vincitore del Premio Il Battello a vapore nel 1998 con il romanzo La Strada del Guerriero (casa editrice Piemme), ha pubblicato numerosi libri, romanzi fantasy per ragazzi, tradotti in VENTIDUE lingue. Come la serie Ulysse Moore. Century. Will Moogley – Agenzia Fantasmi. I gialli di Vicolo Voltaire. Giornalista e sceneggiatore. Per chi ancora non ti conosce, pochissimi credo, cosa aggiungeresti?

Che tra poco, allo scoccare di quest’anno esatto, smetto di scrivere, così la piantano di dire che scrivo troppo.

E prendendo in prestito una citazione famosa?

Una di Borges, guarda, che mi ha insegnato a usare i libri come materia per i libri: “Vedo me stesso essenzialmente come un lettore. Mi è accaduto di avventurarmi a scrivere, ma ritengo che quello che ho letto sia molto più importante di quello che ho scritto”.

E’ uscito per la casa editrice Fanucci il romanzo LA BAMBINA CHE LEGGEVA I LIBRI. Ti va di parlarci di Domitilla e del signor Antonino ? Perché no, anche di Geltrude?

All’interno di questa storia se ne nascondono altre. Domitilla è la ragazzina perfetta che molti esperti consulenti editoriali pensano essere la “tipica lettrice di romanzi per ragazzi”. Io dico che una come lei non esiste davvero, e infatti lei stessa, alle prese con una storia nuova, cambia. In ogni caso, i commenti di Domitialla (o dovrei dire Pierdomitilla) al testo del povero signor Antonino, che non è un esperto di marketing, ma solo un ex-guardiacaccia che ha una storia da raccontare, e che pensa sia adatta ai ragazzi (a tutti non solo ai ragazzi intesi come maschi)… sono i commenti che spesso mi sono sentito rivolgere dagli editori, ogni volta che una mia storia saltava un po’ sopra alle righe. Non è adatta, non va bene, queste cose non possono succedere nei romanzi per ragazzi, ci vuole il protagonista che abbia la stessa età del lettore, eccetera eccetera… i classici paletti che vengono fissati quando si vuole inventare le regole di un genere, oppure imitare a tavolino storie di successo, e che magari vengono naturalmente cambiati quando l’esempio di storie di successo cambia. Il signor Antonino conosce la vita di montagna e ne racconta una parte, che è naturalmente magica, perché non può essere diversamente. E Geltrude, la bibliotecaria è una persona che ha relazioni con altre persone, ovvero le mette in contatto perché “sente” che è una cosa da farsi. Senza guadagnarci niente. Che è un’altra cosa che non si fa più.

Il signor Antonino ha un unico sogno. Scrivere il romanzo perfetto per ragazzi. Il libro inizia con lui che legge ad alta voce l’inizio del suo lavoro. Che cosa rende, a tuo avviso, un romanzo perfetto per il giovane pubblico?

La storia e l’entusiasmo di chi la racconta. Ho notato ragazzi correre a leggere romanzi che non avrebbero mai letto solo perché li avevano sentiti raccontare a voce, o recitare. La storia viaggia sulle parole di chi la racconta. Per promuovere la lettura, senza fare titaniche commissioni di esperti in palazzi di cristallo, manderei lettori in giro nelle piazze dei paesi, a leggere romanzi ad alta voce.

E chi sono i lettori perfetti?

Quelli che alla fine di una storia te ne chiedono un’altra.

Il signor Antonino ha un unico sogno. Scrivere il romanzo perfetto per ragazzi. Il libro inizia con lui che legge ad alta voce l’inizio del suo lavoro. Che cosa rende, a tuo avviso, un romanzo perfetto per il giovane pubblico?

La storia e l’entusiasmo di chi la racconta. Ho notato ragazzi correre a leggere romanzi che non avrebbero mai letto solo perché li avevano sentiti raccontare a voce, o recitare. La storia viaggia sulle parole di chi la racconta. Per promuovere la lettura, senza fare titaniche commissioni di esperti in palazzi di cristallo, manderei lettori in giro nelle piazze dei paesi, a leggere romanzi ad alta voce.

Secondo te cosa cerca Domitilla nella lettura? E cosa cercano i tuoi affezionati lettori?

Domitilla nella lettura cerca una storia capace di portarla da qualche altra parte e farle vedere la realtà con occhi diversi. Per accettare che la storia possa essere quella del signor Antonino, che è, in partenza, completamente sbagliata e lontana dalle regole delle altre storie che lei è abituata a leggere, le servono alcuni capitoli e una certa fiducia nella propria curiosità. Ecco il punto: fiducia nella propria curiosità. Spesso i ragazzi sono spaventati dalla propria curiosità, vengono “tarpati” e bloccati da genitori sintetici molto apprensivi: non fare questo, non aprire quello, non toccare l’altro. Ho visto ragazzini andare nei boschi in gita con i guanti di lattice per non sporcarsi. Ecco, io dico: buttiamoli tutti nel fango e lasciamo che si divertano. Spero che i miei lettori trovino questo nelle mie storie: confusione, scoperta, curiosità, idee.

E’ stata una scelta meditata dedicarsi alla scrittura per ragazzi?

Sì. Ho un contratto per un romanzo per adulti che non sono riuscito ad onorare. Ci riuscirò, ma… no so per tornare a Borges, si scrive quello che si riesce a scrivere.

Nella tua storia di scrittore tutto come ebbe inizio?

Con un concorso vinto, il Battello a Vapore. E da allora, mi hanno chiesto storie. E le ho fornite.

Quotidianamente, per te, che cosa rappresenta e cosa è diventata la scrittura?

In questo preciso momento, un’ossessione, nel senso che sto seguendo tanti giovani scrittori e ne sto facendo un gruppo, di cui sono orgoglioso. Dico davvero. Ho trovato tante storie e tanti narratori, chi più bravo, chi meno, ma tutti “cresciuti” nelle storie e con la voglia di raccontarle.

Quando inizi a scrivere una nuova storia hai già in mente un pubblico di riferimento?

Ormai sì. Anche se preferirei risponderti di no, che scrivo e basta. Ormai conosco i ragazzi, e scrivo a loro.

Ritornando a LA BAMBINA CHE LEGGEVA I LIBRI. Da quali sogni, suggestioni, idee è nato questo romanzo?

Da un viaggio in Val D’Aosta e alcune lunghe chiacchierate con due amici: Alessandro Stanchi, che in Vallé conosce tutti ; e Christian Antonini (il signor Antonino) con il quale ho condiviso la storia di Bayard e che si è occupato con me della stesura del romanzo.

La bambina che leggeva i libri

 Chi ha letto il romanzo lo saprà benissimo. Ma rivolgo ugualmente la domanda all’autore. Chi è Bayard? Come ti sei avvicinato a questa figura mitologica?

E’ il simbolo del cavallo da guerra. Fedele, selvaggio, imponente e soprattutto capace di unire: bisogna essere in quattro, amici e fedeli l’un l’altro, per cavalcarlo.

 Cosa si trova in questo momento sulla tua scrivania?

Il saggio “Breve trattato sulla decrescita”, un pupazzetto tratto dai cartoni animati di Hero 108, un’agenda strapiena di appuntamenti, l’ultimo Wired, il dizionario dei luoghi immaginari di Gianni Guadalupi e la mia valigetta da viaggio. Pronto alla partenza!

Grazie per la gentile disponibilità.

Incontrando Giulio Leoni

Nella foschia dell’alba il Conte di Cagliostro approda a Venezia, la città in cui le maschere del Carnevale e la cipria dei consiglieri non bastano più a celare intrighi e tradimenti. E dalle calli più oscure alle umide stanze nobiliari si diffonde la fama di uno stravagante guaritore venuto dall’Est. È un mago? O attinge alla sapienza di civiltà sepolte nella sabbia del Sahara? Per Serafina, il Conte è solo un simpatico truffatore. Lei lo fiuta lontano un miglio, e non solo perché è orfana e Principessa dei ladri. Lui la sceglie come assistente e le insegna che la vita è illusione, burla, magia. Polverosa come le acque del Canal Grande e liquida come gli ori di San Marco. C’è anche chi è disposto a pagare il Conte in pietre preziose in cambio dell’eterna giovinezza. O a uccidere. Ma Serafina ha negli occhi le fiamme della sfida. E chissà se la sfida più grande è vivere per sempre o morire infinite volte…

Giulio Leoni per quelli che ancora non ti conoscono come ti potresti autopresentare?

Mah, essenzialmente io sono uno cui piace moltissimo sentirsi raccontare delle storie. In ogni forma, che siano romanzi, film, fumetti, un’opera lirica… E che occasionalmente ne racconta a sua volta. Cercando di trasmettere al lettore lo stesso piacere che ha provato lui immaginandole.

Prendendo in prestito una citazione famosa?

«Il futuro influenza il presente tanto quanto il passato.» Lo ha scritto Friedrich Nietzsche, che secondo il suo stile concentrava nell’aforisma un contenuto abbastanza complesso. A me piace interpretarlo così: esiste un destino delle cose e delle persone, e il futuro ci chiama verso di sé con la stessa forza con cui il passato ci plasma ineluttabilmente. In fondo, sempre per citare ancora il filosofo folle, non possiamo che diventare ciò che siamo.

Parliamo del tuo romanzo La Ladra di Cagliostro. La protagonista femminile si chiama Serafina. Personalmente mi è piaciuta moltissimo. Come è nato questo personaggio?

Come sempre, da un impasto di realtà e finzione. Forse saprai che prima di passare a un corso di Tecniche della scrittura creativa all’Università per moli anni ho insegnato nelle scuole superiori. E ricordo ancora un’alunna che mi copiava tutti i suoi compiti sotto il naso. Ma con una grazia, una leggerezza, direi addirittura un’incantata disinvoltura, che finivo sempre per perdonarla. In fondo era diventato un gioco, scoprire a quale nuova trovata sarebbe ricorsa la volta successiva. In realtà non ne avrebbe avuto alcun bisogno, era bravissima. Ma per lei era un modo di mettersi alla prova, e alla fine anche per me.

Serafina è nata anche da lei, gli scrittori come i fabbricanti di salumi non buttano via mai niente!

E il Conte?

Nel ritrarre Cagliostro questa volta mi sono preso qualche libertà rispetto alla realtà storica. I giovani lettori mi perdoneranno! L’ho fatto un po’ più bello di quanto non fosse in realtà, e tutto sommato meno sinistro.

Per strutturarne la trama da quali suggestioni e idee ti sei fatto guidare? Forse dalla tua passione per l’Illusionismo?

Moltissimo. Nel romanzo sono presenti diverse variazioni su alcune grandi illusioni del passato. Il tema naturalmente si prestava, ma a parte l’occasione esiste uno stretto rapporto tra ogni storia “gialla” e un gioco di prestigio. In entrambe le cose non sono mai quello che sembrano, e quello che appare è sempre “impossibile” . Addirittura molti stilemi classici del romanzo giallo o d’avventura non sono altro che grandi illusioni: il delitto nella stanza chiusa, l’evasione impossibile, l’assassino invisibile tra decine di testimoni ecc.

Qualche altra considerazione la trovi sul blog http://giulioleoni.blogspot.com

Scrivere libri, raccontare storie, è un atto di magia?

Assolutamente, il narratore è la figura che più si avvicina a quella tradizionale dello sciamano. Non perché disponga di poteri speciali, ma perché assolve per la sua tribù una funzione molto simile: dilatare la percezione della realtà, tirandoci dentro fatti e personaggi che non appartengono al mondo dell’esperienza quotidiana. Usando la propria immaginazione invece di erbe, funghi o cantilene, ma il risultato alla fine è lo stesso.

Quali differenze hai riscontrato nella stesura di LA LADRA DI CAGLIOSTRO rispetto agli altri tuoi romanzi?

In fondo poche. Quando ho cominciato a scrivere per ragazzi (la “Ladra” è la terza) ho sempre cercato di immaginare storie articolate e ricche di fatti, colpi si scena e anche, perché no, momenti di riflessione, non diversamente dalle storie per adulti. L’unica differenza è una maggiore attenzione al linguaggio, cercando di mantenerlo relativamente semplice e lineare in modo da non rendere troppo faticosa la lettura. Con i lettori adulti mi lascio un po’ andare alle complicazioni, anche perché confido che gli amanti di gialli storici condividano con me il gusto per un linguaggio non necessariamente quotidiano e “moderno”.

Nel quotidiano che rapporto mantieni con la scrittura e con il potere dell’immaginazione?

Come dicevo, sono sempre a caccia di storie. E come tutti quelli così sono abbastanza credulone, pronto a entusiasmarmi anche per le cose più strane, purché appunto colpiscano la mia immaginazione: credo ai dischi volanti, alla sopravvivenza dei dinosauri in qualche isola remota, ai misteriosi regni sotterranei, a Hitler che è stato clonato e vende auto usate nell’Alabama, insomma a un bel po’ di roba. Però tienitelo per te, non vorrei che questo pregiudicasse la mia carriera accademica!

Cosa hai letto prima e durante la scrittura di LA LADRA DI CAGLIOSTRO?

Ti confesso che io più che un lettore sono un grande ri-lettore. Nel senso che mi affeziono alle cose, e spesso finisco per tornare su quello che mi ha già affascinato. Se un film mi piace sono capace di rivederlo dieci volte di seguito, e così con i libri. In quei giorni, se non ricordo male, oltre a rileggermi per necessità alcuni documenti su Cagliostro, ero immerso nella lettura di un’opera poco conosciuta di Verne, La sfinge dei ghiacci. Era da tanto che mi ripromettevo di farlo, per la curiosità di come lo scrittore aveva ripreso il personaggio e la situazione del Gordon Pym di Poe.

Come lo immagini il futuro dei Libri nel lontano futuro?

Non troppo allegro. I nuovi media stanno radicalmente trasformando il nostro modo di rappresentare la realtà, e il libro corre forti rischi di scivolare in una posizione molto marginale nel processo di comunicazione. Il libro si affida a una struttura sequenziale di segni, il film, il videogioco, una pagina web sono tendenzialmente iconici e complanari. La differenza, oltre al resto, sta soprattutto nei tempi del processo. La velocità è sempre stata nella storia un fattore vincente: la stampa a caratteri mobili si è affermata non perché i suoi prodotti fossero migliori del manoscritto, erano soltanto più veloci.

Nel futuro più o meno prossimo prevedo per il libro e il lettore tradizionali un destino simile a quello della musica: esisteranno sempre lettori, ma come oggi esistono suonatori di violino. In altri termini la lettura lineare cesserà progressivamente di essere un’attitudine di massa e diverrà un’attività sempre più specialistica. Sarà interessante vedere come tutto questo influenzerà la narrativa di genere: esisteranno ancora romanzi gialli, di fantascienza, dell’orrore? Oppure questo tipo di immaginario passerà integralmente alla fiction?

E nel tuo di futuro cosa sta “bollendo in pentola”?

A breve uscirà una storia di ambientazione contemporanea, “La sequenza mirabile.” Ispirata però a una figura enigmatica del primo 900, realmente esistita. Una bizzarra figura di matematico dilettante che formulò una teoria dai risvolti straordinari e inquietanti. Come ti dicevo a proposito della Ladra, in ogni personaggio c’è sempre qualcosa dell’esperienza reale dello scrittore. Stavolta il tasso di realtà sarà molto più forte… ma lasciami il piacere della sorpresa!

Grazie Giulio.

Incontrando Vanna De Angelis

Vanna De Angelis prima di cominciare ci tenevo a ringraziarla per essere nostra ospite. Proprio ora che sto preparando l’intervista ho il suo ultimo romanzo, gelosamente, accanto a me: La bambina del bosco degli elfi edito Piemme.

Una storia davvero emozionante, ricca di colpi di scena, di personaggi indimenticabili pur privi di nome, ricca di magia, di dolore, di crescita e ricerca.

Le va di raccontarci come e quando ha preso vita questa storia?Quando è sorta la consapevolezza di volerla raccontare con carta e inchiostro?

Le cose sono andate così. Da quando ho iniziato a scrivere, non mi è mai venuto in mente di scrivere una autobiografia e mai quindi di scrivere in prima persona. Ho iniziato subito con un romanzo storico e sono andata avanti così, tra romanzi storici, saggi storici e di nuovo romanzi storici o i miei tre fantasy per ragazzi. Arrivata alle soglie del mio diciannovesimo libro, il mio editore mi propone di scrivere una storia sui tempi attuali. Ci penso su e infine gli propongo la storia di un uomo di grande successo che va del tutto a picco…mi sembrava molto attuale, oggi tutti hanno paura di finire sul lastrico. E all’editore preciso che conosco molto bene questa vicenda perché questa è la storia di mio padre. Pensavo di scrivere la storia in terza persona, come i romanzi precedenti, come si dice: di fare il narratore esterno. L’editore mi propone invece di scriverla in prima persona come vista da me bambina. Beh, ci ho impiegato un po’ a accettare questa prospettiva. Ho dovuto lavorarci molto per pormi nel distacco di chi osserva… scrivere in prima persona? Non facile. Quanto a metterci il cuore questo non era un problema, in tutti i miei romanzi ho messo il cuore, se no come fa poi uno a leggerli se tu non ci sei dentro? Poco per volta è nato il romanzo, la bambina che vede la vicenda di quest’uomo terribile e straordinario mi ha, per così dire, travolta… ed è nata, come mi dicono tutti, una storia indimenticabile. Il mio diciannovesimo romanzo appunto.

Nel romanzo si percepisce il potere dell’immaginazione e dell’incanto, quanto queste sfumature vivono nel suo sguardo rivolto sul quotidiano?

Immaginazione e incanto. Se non mi accompagnassero ogni giorno mi sentirei con le spalle al muro. Con questo, che reputo un dono eccezionale, mi muovo nella ma quotidianità sfuggendo al grigiore dell’abitudine, al grigiore del tutto scontato, della noia se si ritengono le cose della giornata sempre uguali… eccetera. Non c’è come guardarsi intorno con curiosità, attenzione – aggiungiamo anche un po’ di sano humor – per vivere ogni giornata come una giornata assolutamente speciale. Un’avventura. Inoltre, come fare a fare il mio lavoro, e non parlo solo della scrittura, se non avessi ricevuto in regalo il dono dell’immaginazione e dell’incanto?

Come scrittrice lei è assolutamente versatile; in grado di spaziare, con eccellenza, dai romanzi e saggi storici alla narrativa fantasy, ma nella sua scrittura qual è il filo che accumuna tutto?

Il filo che accomuna ogni vicenda è il tema della diversità. È questo che mi interessa, questo che seguo. In ogni mia opera narro le vicende di un “diverso”, di qualcuno che lotta, patisce, infila errori e eroismi nel vivere un se stesso diverso dagli altri, un se stesso del tutto particolare e in contrasto con il contesto. Così i personaggi dei primi romanzi, ma anche le amazzoni, poi le donne accusate di stregoneria, e il medico che finisce per fare il gladiatore nell’epoca romana, e i protagonisti dei miei fantasy, fino a mio padre appunto, che in tempi che avevano un certa connotazione è andato proprio controcorrente… lui e i personaggi che lo circondano, un destino drammatico e con un gran colpo di scena finale.

Cosa rappresenta, per l’appunto, la scrittura per lei?

E’ l’isola del tesoro, dove il tesoro non sono ovviamente i soldi ma ben altro! La scrittura è un isola ricca di avventure, di emozioni, di pensieri e riflessioni, di domande, tante domande che sono molto più importanti delle risposte… rispondere è facile, il difficile è domandare e domandarsi, secondo me. È un’isola dove certe volte è difficile approdare, e quando ci arrivi nelle tua solitudine felice, entri in un mondo di eccezionale intensità.

E come scrittrice come si definisce?

Più che scrittrice mi definisco una accurata e tenace narratrice. C’è differenza. Secondo me gli scrittori sono Saul Bellow, Kipling, Tolstoi, Flaubert… insomma, una cosa è essere scrittori e rendere quello che si scrive denso di luce, una cosa è essere narratori e raccontare. Certe volte un narratore riesce a essere anche scrittore… penso che mi si accaduto con il mio ultimo romanzo, questo della bambina del bosco degli elfi. Lì dico cose che vanno oltre il narrare.

Se per un giorno potesse vivere una magia; avere la possibilità di diventare il personaggio di un libro e vivere la sua di avventura. Un libro scritto da qualcuno che non sia lei. Su quale personaggio ricadrebbe la sua scelta? E perché?

Sono incerta tra Alice (quella del paese delle meraviglie) o un personaggio maschile, uno diquegli eroi che combattono per un ideale di giustizia, che combattono per la libertà degli altri e propria, da Leonida in poi, insomma. Ce ne sono molti. Alice per passare di stupore in stupore nelle meraviglie dell’immaginazione. L’altro personaggio per vivere da un’avventura all’altra sostenuta da un robusto ideale. O anche essere un esploratore. Oppure Ulisse, perchè no?

Il Bosco degli elfi. Come potremmo spiegare questo luogo magico e reale ai nostri lettori?

È il luogo della fantasia e dell’immaginazione, è la porta per sfuggire alla banalità e allo sterile conformismo, è il luogo in cui attingere energie e coraggio necessari per lottare contro la banalità e il conformismo.

Emma, uan dei personaggi del del romanzo, insegna molto all’attento lettore, cosa ha lasciato nella mente e nel cuore della sua “creatrice”?

L’indimenticabile Emma di cui racconto è l’insegnante di pianoforte che non è creato io come autrice ma che fa parte della realtà della mia adolescenza. È una figura che al cuore e alla mente regala calore di affetto e di vicinanza, di passione per la musica e quindi per la vita, e poi coraggio e capacità di reggere i colpi dell’avversa fortuna, come si dice.

House of books è molto curioso. Possiamo chiederle se al momento sta lavorando al prossimo libro?

Sì, eccome! Come si fa a vivere senza scrivere? Si tratta di un romanzo ancora una volta di tempi contemporanei, molto coinvolgente e molto appassionante. Un romanzo sempre sulla diversità e su un tema scottante, molto dolore e molta avventura e molta vita. È una storia vera.

La bambina del bosco degli elfi di Vanna De Angelis

TRAMA, LA BAMBINA DEL BOSCO DEGLI ELFI.

La grande villa immersa nel parco smisurato. Il giardiniere sadico. I domestici spia. Le governanti che cercano di infilarsi nel letto del padrone di casa. Una madre di incredibile bellezza e freddezza. Un nonno in sedia a rotelle nella sua casa-castello traboccante di preziose porcellane. Una nonna salutista che tuffa i nipoti nei torrenti ghiacciati. Il coccodrillo che vive sotto il letto. Il fantasma – ma chi sarà mai veramente? – che abita in soffitta. Un muro invalicabile che divide il mondo degli adulti da quello dei bambini.

Gli occhi di una bambina ricostruiscono la vicenda della rovinosa caduta di una famiglia alto borghese, che racchiude – senza mai mescolarle – origini ebree e cristiane, tedesche, russe e italiane.

Su tutto, su tutti, l’enorme, ingombrante figura del padre. Uomo di smisurata cultura e dalla smisurata biblioteca. Uomo d’affari. Dirigente del CLN, la sua firma su storici documenti della resa nazista. Le sue fiabe. Le sue collere. Le sue amanti nessuna amata, a parte Gersemy, dalla parrucca di fili d’argento. La sua abilità di pianista. La sua predilezione per il primogenito che lo disprezza segretamente per averlo sorpreso mentre calava le mutande alla cuoca. Un figlio illegittimo che si sarebbe trasformato in statua d’angelo. I suoi deliqui. Le sue sbronze. Napoleone, suo dio e suo demone. Il suo coraggio.

La vendita di un prezioso pianoforte a coda dà il via alla discesa verso quello che ogni volta sarà ridefinito «il nero abisso».

Incontrando Mark Menozzi e il Re nero.

È nato nel 1974 in un piccolo paese tra Piemonte e Liguria, dove fa l’idraulico, tenendo nascosto il suo incredibile talento di narratore di storie. Ogni venerdì sera, da diciassette anni, un gruppo di amici si riunisce a casa sua, attratto dai suoi racconti, dagli intrecci e dalle epopee che immancabilmente scaturiscono dalla sua fantasia. È il creatore di Valdar, il continente in cui si svolge questo suo romanzo d’esordio, così come il gioco di ruolo che da esso ha tratto origine.Un mondo che, probabilmente, conosce più del mondo reale.

Mark Menozzi per quelli che ancora non ti conoscono come ti auto-presenti?

Mi presento come una persona normalissima, che lavora come tanti. Sono idraulico, e mi sono avvicinato alla scrittura con un certo “timore reverenziale”. Amo leggere molto, e il mio genere preferito è ovviamente il fantasy. Per il resto sono una persona semplice, e sinceramente anche piuttosto pigra.

E prendendo in prestito una citazione famosa?

Non può piovere per sempre.

Da poco è uscito in tutte le librerie per la casa editrice Fazi il tuo primo romanzo: THE KING. IL RE NERO. Inoltre i diritti del romanzo sono stati venduti in Germaia e Turchia, e opzionati in Spagna. Numerose le richieste per farne un gioco di ruolo internazionale.

Domanda a bruciapelo e forse un pò ovvia: come ti senti?

La verità? Sono un po’ frastornato, ma veramente felicissimo. Sarò banale, ma non mi aspettavo di poter scrivere un libro, e se ci sono riuscito devo ringraziare molte persone, ma più di ogni altro Pierdomenico Baccalario. Senza di lui non mi sarei mai imbarcato in questa impresa, e soprattutto avrei fallito.

Valdar, un mondo antico e popolato da popoli diversi. Come hai costruito questo mondo? Da quali desideri e suggestioni?

Da sempre sono un amante di mitologia e leggende antiche, e mio desiderio era costruire un qualcosa di unico e nuovo. Quando lessi il “Silmarillion” di Tolkien mi resi conto che era possibile creare un mondo nuovo, con miti, storie ed eroi frutto della mia fantasia. Fu così che iniziai a sviluppare Valdar, che poi ha continuato a progredire nel corso degli anni grazie al Gioco di Ruolo, mia grandissima passione.

In conclusione del romanzo ho trovato, e lo troveranno tutti i tuoi lettori, un glossario di Valdar. Quanto tempo hai impiegato per delineare ogni particolare?

Valdar è stato sviluppato nel corso di quasi venti anni. Tutto ciò che si vede nel Glossario fa parte di questo lungo lavoro.

Ti va di presentarci Manatasi?

Manatasi è un ragazzo che ha un grande Destino. Lui lo sente dentro di se, e per questo decide di partire per scoprire il Mondo, Valdar. E’ un principe, e un giorno erediterà il ruolo di Re della sua Tribù, ma questo non può bastare per Manatasi. Lui deve compiere grandi imprese, perché è nato per quello. In un certo senso lui è quello che ognuno di noi vorrebbe essere, perché non si ferma a quello che la vita dona, ma cerca di arrivare oltre.

Quali fra i personaggi che incalzano nella lettura, mai banali e descritti in maniera formidabile, ti sei maggiormente affezionato durante la stesura del romanzo. Escluso il protagonista. E perchè?

Maugis è il mio preferito. Lui è un Eroe, con la “e” maiuscola, simbolo e baluardo di valori come onore, amicizia, coraggio e fede, cose in cui io credo moltissimo.

Jagred e Sirasa sono poi due personaggi che mi divertivo molto a scrivere.

Che cosa rappresenta per te l’immaginazione?

L’immaginazione e ciò che da vita veramente ad una persona.

Come hai scoperto il potere magico della scrittura?

Come ho detto devo tutto a Pierdomenico. E’ lui che mi ha convinto a scrivere, perché conosceva Valdar e ci credeva. Inizialmente scrivere mi sembrava quasi irreale, ma poi ho scoperto che è la cosa più bella che ci sia.

Quali progetti stanno prendendo spazio nel prossimo futuro? Ti incontremo in giro per l’Italia per qualche presentazione?

A breve dovrei iniziare a girare per qualche presentazione, ma ad oggi non so ancora nulla di preciso.

Riguardo ai progetti futuri posso dire che sto lavorando ad un nuovo romanzo su Valdar, che proseguirà alcune cose lasciate aperte nel “Re Nero”.

Incontrando Elena P.Melodia

Elena P.Melodia è un’ autrice a cui siamo molto affezionati. Siamo lieti di averla con noi  in occasione dell’uscita del seguito di Buio, Ombra, edito Fazi.

Quante cose sono cambiate in un anno Elena? Notizia che rimbalza da un blog all’altro è che la saga di My Land verrà tramutata in un film. Ti va di parlarci di questo meraviglioso progetto?

In un anno sono cambiate moltissime cose sia a livello personale che lavorativo. Tra le numerose cose positive, ne è capitata una molto dolorosa: uno dei miei due cani, Muttley, se n’è andato, a soli tre anni. Gli rivolgo un pensiero, perché era un cane eccezionale.

Tornando invece a My Land, il progetto di un film in effetti c’è. Ma è ancora a una fase embrionale. I diritti della saga sono stati opzionati da Brando De Sica, con cui fin da subito abbiamo stabilito uno splendido rapporto di collaborazione. Insieme lavoriamo molto bene e speriamo che questo aiuti per la realizzazione del film che, come si sa, dipende da molte variabili. Ovviamente, vedere la mia storia raccontata per immagini, i miei personaggi, Alma, Morgan con un volto umano, sarebbe la realizzazione di un sogno.

Ho letto il romanzo in tre giorni. Scrittura incalzante, trama da pugno nello stomaco. Quanto tempo  hai impiegato per la stesura del secondo volume?

Per la scrittura vera e propria ho impiegato alcuni mesi. Ma quello che conta soprattutto è la preparazione alla scrittura, che mi richiede sempre un po’ di tempo. Leggo molto prima di iniziare un romanzo, mi documento. Credo che sia molto importante per creare, anche mentalmente, l’atmosfera giusta.

Alma è cambiata moltissimo, così come la sua vita. Senza rivelare oltre come possiamo spiegare questa sua mutazione?

Alma fa un percorso, come facciamo tutti noi nella vita reale, al di fuori di un romanzo. Spesso sono le situazioni difficili che ci mettono a confronto con coi stessi e ci fanno maturare. Anche per Alma è lo stesso. E di fronte alle avversità sono due le possibilità: crollare o andare avanti. Alma va avanti.

Ti va di fare una specie di gioco riferito a Ombra? Se dico Acqua cosa possiamo aggiungere?

Ciò da cui veniamo. Ciò di cui siamo fatti.

Se dico Agata?

A volte le apparenze ingannano.

Se dico Adam?

L’amore ha mille volti, ma un solo cuore.

Un aspetto molto suggestivo è quello fra anima e corpo, vita prima della vita. Come hai sviluppato questo aspetto?

L’anima è l’energia vitale che anima il corpo che la ospita. Ma solo dalla naturale armonia tra anima e corpo può nascere l’essere umano come noi lo intendiamo. Le altre sono creazione del Male, del Leviatano, pertanto fallaci, perché nulla e nessuno può eguagliare la perfezione della natura.

Il finale mi ha letteralmente spiazzato. Immagino che non potrai rivelare nulla su quello che accadrà nel terzo volume purtroppo. Per tanto ti chiediamo se hai già iniziato a scriverlo?

Non ho ancora iniziato a scriverlo, ma ho già steso la struttura, che è la parte fondamentale.

La trama e il finale erano già stati stabiliti fin dall’inizio o sono in continua evoluzione?

Io amo pensare le storie con un inizio e una fine. Poi, certo, mentre le scrivo tutto può accedere…

Grazie mille Elena.

Intervista con Alessandro Sponzilli. Il signore del sole nascente.

Alessandro Sponzilli per quelli che ancora non ti conoscono come ti autopresenti?

Mi chiamo Alessandro Sponzilli, sono un appassionato di Storia e di Filosofia Orientale. Vivo a Torino con una moglie e quattro figli, ( due gemelli) scrivo per passione da molto tempo. Tendenzialmente scrivo ciò che mi farebbe piacere leggere. Amo i classici dell’avventura da Salgari a Dumas, autori con cui sono cresciuto, ma non disdegno i più moderni da Cornwell( Bernard ovviamente) a Manfredi. Generalmente non leggo gialli o polizieschi, eccezion fatta per il grande Dean Koontz. I polizieschi me li guardo al cinema e in tv. Nel mio futuro vedo tanti da romanzi da scrivere e tante storie da raccontare.

Prendendo in prestito una citazione famosa?

“Ho il culto delle gioie semplici. Esse sono l’ultimo rifugio di uno spirito complesso” Oscar Wilde

E’ uscito per la Piemme il tuo nuovo romanzo IL SIGNORE DEL SOLE NASCENTE .

Da quali suggestioni, idee, influenze ha preso forma questo romanzo?

Il signore del Sole Nascente è nato in realtà ben tredici anni fa. Mia moglie stava avendo una gravidanza difficile dei nostri Lorenzo e Carlotta ed era ricoverata in ospedale per iperemesi. Solo in casa, dopo aver finito un romanzo medievale, lessi per caso una leggenda mesopotamica che raccontava di un certo Sargon divenuto re con le proprie forze, trovato da infante che galleggiava in un cesto di vimini sull’Eufrate e mi dissi…perché no? Sono sempre alla ricerca di storie mai raccontate e questa era una di quelle. Testimoniai la difficile situazione di mia moglie Serenella trasportando la sua sofferenza in una donna del mio libro, così esorcizzai il momentaccio e tutto andò per il meglio.

La trama è molto intringante e particolare. Qual è stato il momento preciso in cui ti sei detto ” questa storia devo assolutamente scriverla”?

Il momento in cui ho deciso di scrivere la trama del libro è quando ho capito che nessuno prima si era interessato o perlomeno aveva sentito l’impulso di scrivere un romanzo sui sumeri. Una civiltà così antica e misteriosa e comunque assai attuale. Ho scoperto, studiando, che i sumeri usavano un tipo di economia molto simile alla nostra e che la loro visone della vita era molto legata alla natura con cui avevano un rapporto straordinario. Se in altre civiltà antiche si denotava un certo disprezzo per la vita vegetale e animale, considerata un diritto divino, i sumeri invece si distinguevano amandola visceralmente.

Di Akki, il protagonista, cosa possiamo dire?

Akki è semplicemente fantastico. Una sera stavo pensando a quale carattere avrebbe dovuto avere e non mi riusciva di disegnarlo come avrei voluto veramente, quando mio figlio Alex, il maggiore che allora aveva dieci anni, venne da me con un fumetto Disney e mi disse. “ Ho appena finito il mio primo fumetto. Lo sai quale personaggio mi è piaciuto di più?”” Io risposi: “Paperino”, ovviamente. E allora capii che Akki doveva essere un Paperino scaraventato nel passato. Un po’ egoista, un po’ meschino, molto codardo ma in fondo buono e anche un eroe.

Precedentemente a questo romanzo hai pubblicato tre romanzi storici per la casa editrice Ananke. Che rapporto hai con il passato storico?

La Storia è un pretesto per scrivere romanzi d’avventura. Nella mia famiglia sono stato il primo a leggere così tanto, credo di averlo preso da mia nonna materna. Aveva la terza elementare ma leggeva i libri di Liala alla luce di una candela sotto i bombardamenti. Io sono cresciuto con I tre Moschettieri e il Conte di Montecristo. Che altro avrei potuto scrivere?

Hai riscontrato delle differenze o delle difficoltà nella stesura di questo romanzo rispetto agli altri?

Come ho detto Il Signore del Sole Nascente è nato molti anni fa e nel frattempo ho pubblicato altri romanzi. Sono tutti molto diversi fra loro per collocazione temporale ma simili in quanto generalmente i miei eroi sono molto uguali a noi , fragili e deboli anche se combattenti.

Che cosa rappresenta per te la scrittura?

La scrittura è un distanziamento dalla realtà in termini positivi, non una fuga dai problemi ma una gita fuori porta. Scrivere e creare storie è come avere la macchina sempre carica e pronta per fare un viaggio fuori città.

E la Fantasia?

La fantasia? Una trance medianica in cui materializziamo una visione immaginaria. E da qui si evince che, in fondo, ho sempre creduto che a me come scrittore manchi un venerdì

Grazie mille per la gentile disponibilità.