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Incontriamo Geronimo Giglio e La sorgente di luce

 In una placida cittadina di provincia, la battaglia tra le bande dei Draghi Rossi e delle Baccanti per la conquista del territorio di Boscospettro è ormai giunta alla resa finale. Dopo lo scontro, Ettore, Hady e Lara vengono scaraventati nell’Arnamour, un mondo popolato di creature bizzarre, dove la magia è racchiusa in boccette e barili. I tre faticano a orientarsi nella nuova realtà: il pacifico popolo di quelle terre è minacciato dai Mannani, i Gustamagia, una strana specie di esseri che ha il solo intento di consumare ogni scorta di magia presente, mettendo in pericolo la vita delle Elucidi, le governatrici dell’Arnamour che vigilano sulla sua ricchezza. Ognuno dei tre apprenderà la difficile arte dei poteri magici in una Gilda differente: Lara imparerà a dominare la magia che controlla le persone e a carpirne i segreti, Hady avrà il disperato compito di rimettere a nuovo una nave che ha l’aspetto di un relitto degli abissi, ed Ettore entrerà a far parte dell’élite dei guerrieri Vooan e imparerà a caro prezzo cosa significhi il valore in battaglia.

Ciao Geronimo, prima di tutto grazie per aver accettato il nostro invito.

Grazie a te per l’invito

Chi è Geronimo Giglio per quelli che ancora non ti conoscono?

C’è una prima volta per tutto, e questo è il primo romanzo che firmo con un nome che non sentivo più da tanto tempo: Geronimo. Sono figlio degli anni settanta e i miei genitori mi hanno regalato un nome importante, insieme ad altri quattro che non citerò. Ma, come tutti i bambini, certe cose le capisci solo quando diventi adulto, perché sentirsi appellare dagli altri, sempre e comunque, Toro Seduto o Augh, non ha reso la mia infanzia molto semplice. Da lì la decisione di abbreviarmelo all’anagrafe in un più greco, ma pur sempre strano, Gero. Geronimo Giglio è quindi ritornato per poter firmare un libro che mi sarebbe piaciuto leggere da ragazzo. Comunque mi è andata bene: se fossi nato femmina mi avrebbero chiamato Ciriquana.

I tutte le librerie è possibile leggere e acquistare il tuo magico romanzo:La sorgente di luce. Ti va di parlarcene?

C’era una volta… anzi, c’è un regno che non è poi così lontano. Si chiama Arnamour, ed è il mondo in cui io vorrei vivere. È un posto fantastico, dove puoi usare la magia e dove puoi trovare tante ragazze e ragazzi come te. A farcelo scoprire sono tre protagonisti, ognuno molto diverso dall’altro. Attraverso i loro occhi possiamo vedere ogni dettaglio di questo luogo. Sono loro a insegnarci cosa voglia dire essere un Vooan, chi siano realmente le Elucidi e, soprattutto, quanto sia importante la parola Nanaeel. Mentre scrivevo il romanzo mi sono dovuto fermare molte volte, perché più andavo avanti e più mi rendevo conto che il mondo che stavo descrivendo fosse più reale che mai, talmente reale da avere l’impulso di uscire e andarlo a cercare.

Da quali suggestioni, idee e ispirazione ha preso vita l’idea di raccontare su carta questa storia?

Sono cresciuto masticando letteratura fantasy e sognando di creare un giorno un mondo tutto mio. L’idea, come tutte le idee, nasce da uno scintillio inaspettato che mi ha colpito durante un bellissimo viaggio in Scozia. A Saint Andrews ho visitato una piccola biblioteca e ho visto su uno scaffale un libro sull’araldica. L’ho sfogliato e sono rimasto incantato. Mi avevano affascinato i simboli sugli scudi, le varie regole che li costituivano, i bellissimi disegni che li ornavano. Per tutto il resto del viaggio non ho fatto altro che pensare e ripensare a quel libro solo che, ovviamente, era un libro fuori commercio da molto tempo e quindi introvabile. Quando la vacanza era ormai agli sgoccioli mi sono detto che se non avessi tentato di recuperare quel libro la mia vita sarebbe stata molto diversa. Quindi, poco prima di prendere l’aereo, ho fatto dietro front con la macchina e ho attraversato tutta la Scozia per ritornare sui miei passi. Ma, arrivato alla biblioteca il libro non c’era più. Ho chiesto dappertutto ma nessuno ne sapeva niente. Fino a quando non ho incontrato un rosso massiccio e baffuto dipendente che, vedendomi disperato, ha cercato di aiutarmi. Non avendo più il libro mi ha lasciato con una promessa: avrebbe fatto di tutto per farmi avere quel libro. Un mese dopo, quando ormai mi ero dato per vinto, il libro mi arriva per posta ed è lì che il romanzo ha scritto la sua prima pagina. Come tutte le cose che nascono dai sogni ci vuole sempre una fata, anche se massiccia e baffuta, perché i desideri si possano esaudire.

I personaggi, invece, come nascono?

Se lo scrittore è la divinità del racconto, i personaggi sono i suoi messaggeri. Lara, Hady ed Ettore sono stati molto difficili da creare, perché dovevano raccontare vari aspetti della loro avventura. Però dovevano farlo con i propri occhi, con le loro emozioni e commettendo i propri errori. Quando racconti qualcosa usando diversi punti di vista il rischio di confondere il lettore è altissimo. Se in più descrivi un mondo che ancora nessuno ha mai visitato il rischio è ancora più grande. Ed è per questo che ognuno di loro ha una voce, un modo diverso di agire, un’identità  completamente differente dalle altre. Sì, lo ammetto: i tre mi hanno dato del bel filo da torcere, ma alla fine siamo diventati ottimi amici.

Parliamo per l’appunto di loro; Ettore, Hady e Lara. Quanto di te vive in loro? Quali sono le loro caratteristiche predominanti?

I tre ragazzi non potrebbero essere più diversi uno dall’altro. C’è Lara che parte con un fortissimo senso di inadeguatezza nei confronti del mondo, ma che alla fine scoprirà delle qualità in lei che neanche pensava di avere. Hady, il più pragmatico del trio e che vuole sempre vedere come funzionano realmente le cose, scopre cosa voglia dire lasciarsi andare e capire che non sempre è un bene avere il controllo su tutto. Ettore è quello che parte più avvantaggiato: forte, determinato e ambizioso. È però colui che ha da perdere più di tutti, perché lascia un mondo dove ha già raggiunto una notorietà e una posizione per un altro dove sarà costretto a ricominciare tutto da zero. E per uno come Ettore è molto dura da digerire.  

Durante la stesura di un romanzo che rapporto si instaura con i personaggi che si creano?

La sorgente di luce è un viaggio, una ricerca, una lotta e, infine, una scoperta. Un solo personaggio non mi avrebbe consentito di esplorare un mondo talmente vasto in così breve tempo. Ed è per questo che, quando l’avventura inizia, i tre ragazzi vengono separati. In loro coesistono parti della mia vita, ma anche delle persone che conosco o che mi piacerebbe conoscere. Lara, Hady ed Ettore sono quindi persone vere, persone che mi hanno costretto a modificare le mie intenzioni, perché si rifiutavano di avventurarsi su certe strade che avrei voluto far loro prendere. È una vera magia creare un personaggio che, con il passare delle pagine, ti stupisce arricchendo il tuo racconto con scelte che non avevi preventivato. Alla fine, anche se ti sono costati una gran fatica ti accorgi però che le scelte dei tuoi ragazzi erano quelle giuste e tu hai fatto bene a lasciargli le redini della fantasia.

Nel tuo libro si parla di magia e di un nuovo regno chiamato Armamour. Molti dei nostri amici lettori sono giovani aspiranti scrittori. Quali consigli ti senti di dare per riuscire a creare in modo convincenti un mondo totalmente nuovo?

Non è un caso che questo sia il mio primo romanzo fantasy, perché è un genere letterario difficilissimo da scrivere. Quando ti metti di fronte al foglio vuoto ti accorgi che le tue idee non sono poi così originali e che dai tempi di Esopo fino a oggi c’è stato tutto il tempo di inventare tutto e il contrario di tutto. Il mio consiglio è quello del tuffatore: non pensarci troppo, fallo e basta. Sbaglierai, dovrai ritornare sui tuoi passi ma alla fine, se quel mondo così fantastico è davvero lì, allora sarà lui che ti insegnerà la strada per visitarlo al meglio.  

La magia della scrittura quanto influenza la tua vita nel quotidiano?

Influenza eccome. La scrittura non è un lavoro, è uno status permanente, un’impellenza che ti costringe a essere sempre con le antenne dritte. Lo scrittore è una persona normale, solo che è più attento e ricettivo alla poesia che lo circonda. 

Gli scrittori quali magie riescono a compiere?

Teletrasporto, cura ed evocazione. Ma questo è il livello uno. Degli altri mi è proibito parlare: è un segreto della gilda.

Ti ricordi il tuo primo libro letto?

Certo: erano due volumi di Italo Calvino. Fiabe italiane. Li leggevo a mia nonna per farla addormentare.

Chi era Geronimo da adolescente?

Un rompiscatole. Uno con la testa sempre fra le nuvole. Uno che però ha avuto la fortuna di trovare un gruppo di amici che la pensasse come lui e che era ben felice di imbarcarsi in avventure che tutti i ragazzi dovrebbero fare. Mitico il periodo in cui andavamo alla ricerca di manufatti antichi (l’intento era trovare spade medioevali o al limite monete) con un metal detector comprato via posta e assemblato in casa. Non vi dico che cosa abbiamo trovato…

Ultima domanda. Che cosa hanno in più i ragazzi rispetto agli adulti?

La spontaneità e la sfrontatezza. Cose che, con il passare del tempo, si limano o si perdono a causa delle sovrastrutture che ci costruiamo addosso. Per questo i ragazzi sono più adatti alla magia e capaci di cambiare il mondo.

Grazie mille Geronimo.

Grazie a te e spero che i lettori si divertano almeno la metà di quello quanto mi sono divertito io a scrivere la sorgente di luce

Incontrando Maurizio Temporin…e Iris.Fiori di cenere.

Buon giorno gentile Maurizio.

Buon giorno. Anche se piove.

Siamo davvero lieti di poterti ospitare nel nostro spazio.

Arredato bene, complimenti. Cos’è, Ikea?

No…no…tutta opera di artigiani italiani.

Presentiamoci ai nostri amici lettori; chi è Maurizio Temporin?

Intanto, non sono io. Cioè, ci sono io e poi c’è Maurizio Temporin, quell’altro, quello che parla facendo bolle di colore, che dice di viaggiare su una sciarpa nello spazio e che gioca a biliardo coi pianeti. Di lui so che è un esploratore, un ottico, uno scinziato, uno scrittore, un’artista, un pazzo. Inciampa nel mondo e si fa inseguire dai sogni. Ha un passato misterioso e un futuro incerto. Lo avvolge il fumo e lo muove la sua ombra. Poi ci sono io, che qualcosa con lui condivido, ma sono più umano e meno interessante.

Ho appena finito di leggere il tuo ultimo romanzo IRIS Fiori di cenere e sono davvero molte le domande che vorrei farti.

Prima di tutto da quali idee e suggestioni ha preso vita questo romanzo?

Le idee sono nate in modo sparpagliato e confusionario, un po’ come normalmente fanno i pensieri. Credo addirittura che risalgano a parecchi anni fa, ma solo recentemente ho capito qual’era il modo migliore (forse) per intrecciarle. Thara per esempio era una ragazza che conoscevo davvero e il suo personaggio è legato a fatti che mi hanno coinvolto in prima persona. Il mondo di cenere invece è qualcosa di profondo e oscuro che credo esista davvero, nell’animo di tutti. E’ un luogo in cui le cose e le persone, per quanto spacciate, continuano ad esitere. E’ un luogo per ricordi non ricordati. L’ispirazione? Il posacenere sulla mia scrivania. I mozziconi, a volte, sembrano palazzi.

Quanta ricerca è stata necessaria per rendere credibile il potere attribuito agli Iris? O è stata la fantasia a galoppare sulle pagine bianche?

Non attribuisco agli iris poteri particolari, è piuttosto Thara che ne sfrutta le proprietà. Comunque credo che l’iris sia un fiore misterioso per davvero, una calamita naturale che non attira solo le api ma anche fenomeni “limite”. Ad esempio, forse è una casualità, forse no, ma è stata la Giunti a voler compare la saga. La giunti è la casa editrice storica di Firenze e il simbolo di Firenze è proprio un Iris. Un iris viola.

E poi, andando a vedere nella mitologia, l’araldo di Era, appunto Iris – Iride, viaggiava fra il mondo degli uomini e quello degli Dei. Un fiore, un’occhio, e un’arcobaleno. La ricerca se mai, la lascio ai lettori, è più divertente.

Cosa possiamo dire su Thara , per quelli che ancora non hanno letto il romanzo?

Thara credo che sia proprio paragonabile a un fiore. Può essere battuta dai venti più forti, ma per quanto il suo aspetto sia delicato, è in grado di resistere pressochè a tutto. Insomma, si piega ma non si spezza. Non vorrebbe saper viaggiare fra i mondi, non vorrebbe soffrire di narcolessia, desidera solo un po’ di normalità, ma non potrà scappare e sarà costratta a prendere in mano la situazione quando la sua vita e quelle delle persone a lei care verranno messe in pericolo.

Che rapporto hai instaurato con i tuoi personaggi durante e dopo la stesura del testo?

Un rapporto costante ma distaccato. Ormai ho disturbi della personalità da diversi anni. Quando creo un personaggio infatti faccio più o meno il lavoro che fa un attore. Mi chiudo nel mio studio e comincio a parlare, a muovermi, come farebbe il personaggio. I miei amici sono abituati e a volte mi danno una mano. A volte si creano anche personaggi pericolosi, da cui è bene stare alla larga. Ludkar ad esempio. E questo lo dico perché alla fine creare un personaggio vuol dire solo togliere da te quello che non vuoi. Il processo è un po simile a quello che Michelangelo affermava sulla scultura, la statua è già dentro al marmo, devi solo togliere quello che c’è in eccesso.

Se dico Fuoco cosa ti viene in mente, cosa puoi aggiungere?

Cammina con me

Se dico Amicizia?

Ce l’ho.

Se dico Amore?

Ce l’ho.

Se dico Nocturno diabolico?

Mi mancava ma poi l’ho scambiato con una figurina di Materazzi senza tatuaggi.

Non so se ci hai guadagnato dallo scambio.

IRIS fiori di cenere è il primo di una trilogia. Hai già in mente cosa accadrà nei prossimi due volumi, con tanto di finale, o lascerai che siano i personaggi a guidarti nelle loro avventure?

Non ho ancora finito gli altri due libri, ma la storia la conoscevo dall’inizio. E’ stato proprio per questo che ho deciso di dividerla in tre volumi. Ho fatto un grande lavoro di struttura prima di cominciare anche solo a buttare giu la prima riga. Nella mia vecchia casa avevo usato un’intera parete per disegnare gli schemi di tutte le azioni della saga, come una grande lavagna. Poi ho cambiato casa e adesso quegli appunti misteriosi sono imprigionati sotto a due strati di vernice.

Circola una succulente notizia. E’ vero che parallelamente al romanzo ci sarà un manga?

Sì, lo stanno realizzando Ana Carlota Pacunayen e Chiara Bracale, due autrici davvero notevoli. Non sono ancora state prese decisioni editoriali, ma il lavoro è a buon punto. Ogni tanto daremo qualche anticipazione nella rete, qualche immagine per tenere viva la curiosità. Se devo dirla tutta, anche io sono semozionato quando vedo la storia di iris trasformarsi sulle tavole.

Cosa rappresenta per te la fantasia e la scrittura?

La fantasia e l’immaginazione non sono la stessa cosa e io credo di conoscere meglio la seconda. Deriva da immagine: vedere la realtà delle cose. E io la rielaboro, per vederla meglio. La scrittura invece credo cha sia una forma concreta che si può dare alla propria anima. Sono convinto, infatti, che la scrittura, l’arte, in generale, sia solo un mezzo (un fine lo è collateralmente) per riuscire a fare l’unica cosa che nella vita conta: conoscere altre persone affini con cui condividere la propria esistenza e cercare di capirsi a vicenda. Evitando di prendere quello che sto per dire come un delirio di onnipotenza, scrivere credo che dia delle qualità sovrannaturali. Cioè ti permette di essere in più posti contemporaneamente, di incontrare attraverso la carta stampata molte più persone di quanto il tempo e le occasioni di una vita possano permettere. Questo è quello che penso. Dall’esperienza che ho avuto precedentemente con “Il tango delle cattedrali” ho incontrato alcune persone meravigliose, con cui sono diventato molto amico e che non avrei mai sfiorato altrimenti. Susanna Scavone, ad esempio, l’ho conosciuta così e mi ha aiutato in modo sostanziale per scrivere “Fiori di cenere”. Chissà in futuro, cosa riserveranno i labirinti d’inchiostro.

La magia di raccontare storie come può essere spiegata?

La nostre vite sono storie. Alla fine gli esserei umani sanno fare solo quello. Esistono solo storie, tutto il resto serve alla trama.

Grazie mille Maurizio. Complimenti ancora per Iris, immagino che non ci svelerai nulla su Nat o Ludkar…neppure una piccola indiscrezione?

Posso farlo, Iris non è certo un caso diplomatico internazionale, ma è un peccato perché volevo usare le ultime righe per dire cosa è successo a Ustica. E’ vero che gli spoiler sono sempre un po’ pericolosi, ma è anche divertente lanciare qualche sasso nello stagno per vedere come si allargano i cerchi. Ti dirò che nel secondo episodio entreranno in scena altri due personaggi che ribalteranno tutta la situazione, personaggi che già nel primo libro sono apparsi nell’ombra. In realtà all’interno di Fiori di cenere, ci sono molti indizi sul futuro della trama che ho nascosto per il gusto dei lettori. Persino la copertina racchiude un enigma. Per quanto riguarda Thara e Nate, ci proveranno in ogni modo ad avere una relazione normale, ma saranno loro stesi ad essere il problema. Credo che una buona storia d’amore debba essere portata all’estremo, proprio come accade nella vita, per dimostrare che se davvero i sentimenti sono così forti, possono resistere al peggio. Quanti mezzi amori abbiamo vissuto e abbiamo visto vivere proprio perché questo non c’è mai stato.

Maurizio Temporin Sito.

Incontrando il giovane autore Gianmarco Parodi

Gianmarco Parodi, giovane emergente nel panorama fantasy Italiano. Debutta con il romanzo Tria-ora edito da Demian Edizioni.

Ti va di aggiungere qualcosa di non ufficiale per presentarti ai nostri amici lettori?

Certo! Ciao intanto a te Carlotta e a tutti gli amici di questo splendido spazio. Grazie per l’occasione di poter parlare con voi!

Tria-Ora da quali suggestioni, idee, incontri, prende vita.

Tria Ora è un romanzo nato dal caso di una giornata d’inverno. Quelle che ti costringono in casa a guardare fuori pensando all’estate e la noia ti porta magari a scrivere, magari ad ascoltare musica o guardare un film. Il primo caso per me è stato il vincente. Ho unito per gioco l’atmosfera che derivava da quella giornata con la bellezza e l’amore viscerale che ho da sempre per un luogo che è magico di per sè. Il paese di Triora. Borgo medioevale poggiato a 800 metri d’altezza su due valli nell’entroterra di Imperia, vicino a dove vivo, e famoso per un grande processo d’inquisizione (probabilmente il primo d’europa) avvenuto alla fine del ’500.

C’è un momento particolare in cui hai deciso che questa storia doveva prendere forma su carta e inchiostro?

Intendi il momento che ho deciso di scriverla o di pubblicarla? Nel primo caso, ho deciso che non doveva morire solo per il fatto che non sono più riuscito a smettere di voler sapere come finiva. Non mi è mai capitato scrivendo, davvero. Così è stato necessario ultimarne la stesura (all’inizio un po’ deluso, ma poi ho perfezionato qualcosina e direi che mi è piaciuto) ovviamente non è un best seller!

Nel secondo caso, ho deciso di pubblicarlo quando ho visto questa storia in mano ad amici veri che l’hanno apprezzata, anche essendo critici. Così ho detto non è giusto tenerla qui occultata per nulla. Ho preso coraggio e ho cominciato l’ardua ricerca…

Fortunamente per tutti i lettori, e ti auguriamo che siano tantissimi, il romanzo ha trovato Editore. Ci racconteresti il tuo percorso editoriale?

Sono partito non precludendomi nessuna strada ma senza avere aspettative enormi. Bisogna sognare nelle giusta misura. Quindi ho cominciato a spedire alle case editrici più grandi, collezionando silenzi e NO secchi. poi sono sceso alle medie, con le loro proposte a pagamento alle quali NON E’ GIUSTO accettare, per nessuna ragione. Infine ho esplorato ilmondo della piccola editoria trovando l’attuale editore che senza contributo ha deciso di pubblicarmi. E’ un bel rapporto amichevole e collaborativo, ma purtroppo con i limiti della piccola casa editrice, dove l’autore deve rimboccarsi le maniche!!

Cosa provi ad avere fra le mani il tuo primo romanzo e immaginarlo fra le mani dei lettori?

Ho espresso un pensiero qualche giorno prima dell’uscita ufficiale in libreria. Quando ho tenuto in mano la mia prima copia. Quel messaggio l’ho condiviso con l’intero gruppo facebook e gli amici, ed era questo: “Ho in mano la prima copia del mio libro, è una sensazione strana. Sento che non è più la mia storia, quella che fino a poco tempo fa tenevo in un plico sulla scrivania. Ora è un’altra storia. Ora è fuggita, ora non appartiene più a me…ma a tutti quanti voi. E questo mi rende orgoglioso e felice. Fa buon viaggio…”

Parliamo della trama di Tria-Ora, chi sono i personaggi, cosa si troverrano ad affrontare e vivere?

I protagonisti sono due. Sono ragazzi un po’ strani, fuori dai soliti schemi, amanti del mistero e della voglia di avventura. Facilmente additabili dai pregiudizi altrui. Uno un po’ più trascinatore e l’altro più introverso. Uniti da un’amicizia fortissima, ed è questo che mi piace.

Il più eccentrico è convinto che sotto il paese di Triora (cosa probabilmente supposta o pazzamente immaginata) ci sia una rete di cunicoli che univa, al tempo d’inquisizione o ancor prima, le fortezze con altri luoghi più o meno di culto. Questa è l’idea iniziale che li spinge in un triste sabato sera fino ale nebbie del paesino di montagna…alla ricerca di un qualcosa che probabilmente era solo nelle loro menti fervide di immaginazione… ma poi…

Come definiresti, tu stesso, Tria-ora?

Tria Ora è un viaggio. Un viaggio in un mondo sotterraneo, con i suoi esiti e con tutte le sue complicazioni, esoteriche o meno. Se lo penso in modo simbolico penso che Tria Ora sia un inconsapevole viaggio dentro me stesso, le mie oscurità, i miei mostri, le mie entità in lotta tra il bene e il male. Me ne sono accorto quando l’ho riletto la prima volta, appena finito. E’ intriso di simbologie che sono riuscito a percepire dopo, e non scritte volontariamente. Questa discesa in un mondo sotterraneo credo sia la metafora, almeno perlando per me, di un’introspezione profonda. E talvolta molto pericolosa…

Concludiamo facendo i complimenti a questo promettente autore.

Incontrando Giulia Blasi

Irene vive per leggere e sogna di leggere per vivere, Mira si sente una rockstar con e senza chitarra al collo e Davide è la stella della squadretta di calcio locale, ma trascorre i giorni nell’attesa di un provino da professionista. Vivono a Vallefiora, un borgo contadino ristrutturato da un pugno di intrepidi ecologisti, “il paradiso terrestre, o giù di lì”, dove in realtà c’è poco altro da fare se non inventarsi le giornate fra un centro ricreativo, un garage attrezzato a sala prove e la corriera che ogni giorno li porta a scuola. Ogni cosa per loro è routine, dagli orari ai divertimenti alle norme che regolano i rapporti sociali fra il gruppo dei calciatori, quello degli studenti delle superiori e i ragazzi delle medie. Finché un evento in apparenza insignificante mischia le carte, incrociando le vite di Irene, Mira, Davide e i loro amici, mentre la scuola finisce e l’estate è alle porte. Tutto comincia a cambiare, costringendo i tre ragazzi a rimettere in discussione idee, prospettive, aspirazioni e desideri

Giulia Blasi nata a Pordenone ma vive e lavora a Roma. Scrittrice…cosa possiamo aggiungere di te per farti conoscere meglio ai nostri lettori?

Qualunque cosa io dica potrà essere usata contro di me. Lasciamola così, via. Non c’è bisogno di dire troppo dell’autore perché uno si goda un libro (o lo scagli dall’altra parte della stanza, io su quello sono d’accordo con Dorothy Parker).

In tutte le librerie è possibile trovare, sfogliare, leggere “Il mondo prima che arrivassi tu” (mondadori).Ti va di parlarci di questo tuo nuovo romanzo?

Questa volta è più difficile delle altre volte, perché è un romanzo, e i romanzi a raccontarli perdono un po’ del loro sapore. È una storia di crescita, il racconto del momento inevitabile in quasi tutte le vite in cui l’equilibrio dei rapporti si spezza e si diventa adulti, guadagnandosi una fetta di indipendenza dai genitori e anche, a volte, dagli amici.

Leggendo il tuo blog ho trovato una notizia curiosa, faccio copia e incolla…

“…Non scrivevo un romanzo intero dal 2001. Non che non ci abbia provato, capiamoci: dal 2001 in qua ne avrò iniziati almeno quattro, forse sei, tutti rigorosamente abortiti, alcuni anche a svariate decine di pagine dall’inizio…Questo qui l’ho scritto in tre mesi, neanche il tempo di prendere fiato e pensarci. In realtà era lì da un paio d’anni, in attesa…”

Questa storia che ha riposato a lungo dentro di te, come è nata? Da quali idee, suggestioni, ricordi, incontri?

Ero sul tapis roulant, sudata come un camallo, e ascoltavo Save a Prayer dei Duran Duran. Non so da dove – forse dal delirio agonistico – è scaturita l’immagine di due ragazzini che si parlavano fra i mulini a vento. Il mio metodo, in questi casi, è lasciare che l’idea scorra via: se torna, era buona (o comunque mi tocca scriverla per liberarmene), se sparisce vuol dire che non mi apparteneva. E invece niente, questi erano sempre lì, giorno dopo giorno e chilometro dopo chilometro. Probabilmente i Duran Duran hanno influito, essendo la musica della mia adolescenza.

I personaggi sono vivi, mentre leggi il romanzo sembra di vederli, scorgerli e persino conoscerli. Su questo punto ti faccio due domande, la prima è come crei i tuoi personaggi, e la seconda che rapporti instauri con loro?

Non sono diversa dagli altri scrittori, nel senso che per me come per molti altri la scrittura è una forma di psicosi, in cui i personaggi diventano per te persone vere, le puoi annusare, toccare, le conosci perfettamente, hanno un volto, una voce, una forma di presenza fisica che percepisci solo tu. Anche ad anni di distanza sai che cosa fanno e dove vivono, e raramente li perdi di vista.

Irene e Davide sono i primi nati, ho solo dovuto cercare per loro dei nomi che fossero adatti, e credo che questi siano perfetti. Mira invece è nata dal suo nome, al contrario, come anche Pier (che però è nato dal suo soprannome). Poi li ho lasciati andare, il resto l’hanno fatto loro quasi spontaneamente.

Giulia adolescente ; cosa sognava, come trascorreva le sue giornate, cosa amava?

Giulia adolescente ha avuto un’adolescenza notevolmente brutta, solitaria e senza amici. Però vivevo in un paese piccolo che rispondeva a norme sociali molto stringenti, esattamente come Vallefiora.

Di Vallefiora cosa possiamo accennare?

Che è un microcosmo, e come tutti i microcosmi ha le sue regole. La regola fondante di Vallefiora è “Non inquinare”, e da questo scaturiscono parecchi snodi della trama.

Parliamo di Scrittura. Quando e come hai inziato a scrivere?

Se contiamo gli esperimenti giovanili, avevo circa quattordici anni. La prima volta che ho provato a pubblicare qualcosa avevo ventinove anni, e ci sono riuscita subito. Anche perché ho scelto un editore piccolo che ci ha creduto, e un direttore editoriale, Valerio Fiandra, che tuttora ci crede anche se non abbiamo più fatto niente insieme. Quando entro in crisi e mi blocco, spesso faccio ricorso a lui, che ha un rapporto con la narrativa viscerale quanto me.

Negli anni , che rapporto hai instaurato, nel quotidiano con la scrittura?

Scrivo tutti i giorni, principalmente perché di scrittura vivo ma anche perché è il mio mezzo espressivo preferenziale. Scrivere obbliga a organizzare i pensieri, il che è un esercizio utile.

A conclusione del romanzo si trova una Playlist. Ascolti musica mentre scrivi?

Sempre. Ho un mix di canzoni che uso a ripetizione, tirando scemo il mio fidanzato, che vive con me e ogni tanto mi infila delle canzoni nuove nella playlist.

Come vivi e gestisci il rapporto con i lettori. E con le critiche?

Sono due cose diverse. Quando metti fuori un libro sei molto vulnerabile, specialmente con i romanzi, che volenti o nolenti rappresentano una parte intima di te che scegli di raccontare, anche quando non parlano direttamente di cose tue. Io non faccio autobiografia, per cui a finire sulla pubblica piazza è la mia immaginazione, che volendo è ancora più intima della vita vera. L’immaginazione non ha altri testimoni che l’immaginante, e finché rimane tale è protetta e segreta. Quando scegli di farne storia, lì ti esponi moltissimo.

Con i lettori ho un rapporto direttissimo, nel senso che capita che le persone che leggono le mie cose (come del resto capita a tutti) mi dicano che si sono affezionate a un personaggio o l’altro, o che siano state commosse, toccate o irritate da qualcosa che ho scritto. Rispondo sempre a tutti. Sono convinta che sia importante lasciar andare un libro, dopo la pubblicazione: quando esce, non ti appartiene più, è di chi lo legge.

Con le critiche ho un rapporto spero equilibrato: quando sono motivate le accolgo volentieri, sono un mezzo di crescita. Quando non sono motivate magari mi feriscono perché sono sensibile, ma non ne tengo conto. In ogni caso, non rispondo mai in pubblico.

Se dico , citando il titolo di uno dei capitoli; sei un’assassina, e io complice della tua follia.

Mi tocca risponderti che bisogna arrivarci. Comunque è un verso dei Carpacho!, per l’interpretazione letterale bisogna chiedere a loro. A me serviva per raccontare un momento preciso della trama che non posso riportare qui.

Concludiamo con tre domande “leggere”:

Cosa mangerai sta sera per cena? Quale libro prossimamente hai intenzione di leggere? Credi nell’oroscopo…

Non lo so, spero qualcosa di buono visto che sono fuori casa per la BlogFest di Riva del Garda; “Devozione” di Antonella Lattanzi (consigliatissimo); no, ma mi fa molto ridere leggerlo, e ancora più ridere la gente che ci crede. Mi pregio di essere esente da scaramanzia, e infatti sono fortunatissima.

Grazie Giulia. Buona fortuna.

Incontrando Marta Dionisio nello specchio di Beatrice.

Un viaggio nel tempo. Due ragazze che si scambiano i ruoli, imprigionate l’una nel corpo dell’altra, in mondi ed epoche diverse: il nostro presente, e un passato prossimo che sembra però lontano anni luce. Non si tratta dei soliti anni Cinquanta, supersfruttati dai tempi di Pleasantville o Ritorno al futuro, né il Medioevo “saccheggiato” fin dai tempi di Uno yankee alla corte di Re Artù di Mark Twain. Piuttosto, i primi anni Quaranta, in vista dell’epilogo del fascismo e della guerra con i loro tragici, tutt’altro che fiabeschi colpi di coda.

Jessica: sedici anni, jeans a vita bassa, irrequieta, disordinata, cellulare dipendente. Una teenager come tante.Beatrice: coetanea di Jessica, studiosa e assennata, ligia ai regolamenti di casa; guai a presentarsi in ritardo a cena, guai a saltare una lezione a scuola. Anche lei, in fondo, una teenager come tante.

Impossibile? Tutt’altro, se si considera che Jessica vive nel 2010, mentre Beatrice è un’adolescente nell’Italia fascista degli anni Quaranta.

Due destini paralleli che s’incrociano un magico giorno d’inizio estate quando, di fronte a uno specchio, i volti di Jessica e Beatrice si scrutano increduli, terrorizzati, un attimo prima che le due ragazzine si ritrovino proiettate l’una nel corpo dell’altra.

Marta Dionisio per quelli che ancora non ti conoscono cosa possiamo dire di te?

Che sono una ragazza normalissima, frequento il liceo, mi piace uscire con gli amici, ora che è estate sto sempre al mare o in piscina. Amo viaggiare, spero un giorno di poter girare il mondo, magari lavorando per la rubrica di un giornale. Ballo la salsa, mi piace leggere i classici della letteratura e visitare i musei, soprattutto di arte antica e rinascimentale. Sono fissata con lo smalto per le unghie, ho paura dei cani e ho una collezione di calamite sul frigorifero.

Prendendo in prestito una citazione famosa?

“L’amore non si manifesta con il desiderio di fare l’amore ma con il desiderio di dormire insieme”

Non è molto famosa, però mi piace tantissimo (da “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, Kundera).

Da qualche mese è uscito nelle librerie il tuo primo romanzo “LO SPECCHIO DI BEATRICE” per la casa editrice Fazi. Prima di tutto complimenti. Ti va di raccontarci come e quando questo romanzo ha preso forma; da quali suggestioni, idee, esperienze?

Ho iniziato a scrivere qualche anno fa, la prima stesura è durata tre-quattro mesi. Per questo libro devo molto a mia nonna, che fin da quando ero piccola mi raccontava aneddoti sul periodo della guerra, quando aveva la mia età. Le sue storie mi hanno sempre affascinata, perché la vita di allora era totalmente diversa da oggi (mi divertiva soprattutto il fatto che due ragazzi non potessero uscire insieme senza un parente che li seguisse). Così ho deciso di prendere appunti e segnarmi le varie vicende e situazioni, e ho iniziato a lavorarci su. Per quanto riguarda la vita di Jessica nel 2010, mi sono ispirata alle vicende quotidiane della Roma di oggi.

Jessica e Beatrice come le descriveresti?

Jessica è una “figa”. E’ spigliata, spensierata, piena di vita, sempre pronta a divertirsi, con la borsa all’ultima moda, non vede l’ora di conoscere nuove persone e di uscire con i ragazzi. E’ però un personaggio dinamico, e nel corso della storia si dimostra altruista nei confronti delle persone a cui tiene. Beatrice è totalmente l’opposto: seria, studiosa, niente trucco né scollature, sempre obbediente ai regolamenti imposti dalla famiglia. Questo finchè, nel 2010, non impara a divertirsi anche lei, fino a diventare più frivola e sgallettata della Jessica delle prime pagine.

Paragonandole a te quanto di loro ti assomiglia?

Diciamo che c’è qualcosa di me in entrambe. Da una parte, come Beatrice, sono molto studiosa, vado bene a scuola, ho sempre rispettato la mia famiglia e aiutato in casa. Il mio lato-Jessica invece ama divertirsi, uscire con gli amici, andare al cinema, ballare, fare shopping e seguire la moda.

La scrittura cosa rappresenta per te?

Per me scrivere è un momento magico in cui entro in un mondo che appartiene solo a me e che funziona come voglio io. Scrivere questo romanzo è stata una bellissima avventura, in cui ho vissuto in prima persona le vicende dei personaggi.

Quando hai iniziato a scrivere e come sei arrivata alla pubblicazione con una così importante casa editrice?

Fin da piccola ho sempre scritto storie, racconti, diari di viaggio. Questo libro, come ho detto, è nato due anni fa, mentre seguivo un corso di scrittura creativa con Cinzia Tani. Quando le ho fatto leggere il manoscritto mi ha consigliato di mandarlo alla Fazi, e poi non lo so…non mi aspettavo che venisse pubblicato!

Mi sono piaciute moltissime le ambientazioni nell’Italia fascista degli anni Quaranta. In che modo ti sei documentata per renderle così reali?

Devo tutto ai miei nonni e ai loro racconti sulla guerra. Loro sono di Civitavecchia, che è stata bombardata nel ’43. Perciò, anche se la città in cui vive Beatrice non viene mai nominata, è come se avessi parlato di un fatto storico vero e proprio, che i miei nonni ricordano benissimo. Anche i costumi, le usanze e i vestiti vengono dal mio blocchetto di appunti presi durante i racconti dei miei nonni.

Il rapporto con lo specchio; che unisce le diverse dimensioni, che confonde, sostituisce…come ti è venuto in mente?Mi ricorda un pò il viaggio di Alice attraverso lo specchio, ma in una dimensione reale del nostro mondo.

Molti mi chiedono se abbia preso spunto da Alice, ma non ci ho minimamente pensato. Mi serviva un escamotage per collegare le due storie, per mettere a diretto confronto le protagoniste. Lo specchio permette a Jessica e Beatrice di guardare la propria vita dall’esterno: attraverso lo specchio magico del bagno non si riflettono più, ma imparano a riflettere su se stesse e sul loro modo di vivere.

Posso immaginarlo, ma te lo chiedo lo stesso, come ti senti ad aver realizzato il tuo sogno?

Provo mille sensazioni diverse, sono contenta, emozionatissima, ogni volta che vedo il mio romanzo in libreria mi metterei a saltare e a dire a tutti che sono io l’autrice. Però forse non ho ancora realizzato fino in fondo: mi capita di svegliarmi la mattina e chiedermi se è tutto vero, perché è successo tutto così velocemente ed è una cosa bellissima.

Stai già scrivendo qualcosa di nuovo?

No ma mi piacerebbe. Ormai mi sono affezionata alla mia Jessica, magari può fare qualche altro viaggio nel tempo…

Sarebbe ottima come idea.

Incontrando le Yavanna da Xfactor a teatro.

Prima di tutto ringraziamo le Yavanna per essere qui con noi. E’ un grande piacere oltre che un onore.

Molti di voi le hanno conosciute tramite il programma televisivo X Factor, e chissà, magari le ha pure votate al televoto come ho fatto io. Per chi invece non le conosce le presento come grandi artiste, con un cuore colmo di suoni e magia, nonché tre sorelle. Anita. Virginia. Letizia.

Ciao Ragazze,voi cosa aggiungete a riguardo, di non ufficiale, per farvi conoscere ai nostri giovani amici?

Innanzi tutto un grande ciao e un grazie della bella presentazione, siamo lusingate! Davvero non ci sentiamo di dover aggiungere nient’altro.

Partiamo dall’inizio. Quando e come avete scoperto la passione per la musica e come l’avete coltivata negli anni?

La musica è entrata in noi grazie ai genitori e alle loro famiglie, poiché non esistevano feste senza canti e balli. Con naturalezza abbiamo iniziato a giocare con la musica e di conseguenza siamo state iscritte a corsi di musica e danza.

Quali sono state le difficoltà maggiori ma anche le soddisfazioni più importanti?

Innanzi tutto l’impegno di dover abbinare ai normali studi scolastici quelli musicali nell’età adolescenziale è stato alquanto faticoso, soprattutto per la sensazione di essere “diverse” e quindi un po’ emarginate, al tempo stesso però sono stati proprio quegli anni a darci la possibilità oggi, di raccogliere dei frutti, fosse anche solo la possibilità di vivere facendo ciò che ci appassiona.

La scelta del nome Yavanna da dove deriva?

Yavanna è un personaggio tratto da “il Silmarillion” di Tolkien, libro che ci ha appassionate e ispirate. Il significato del suo nome è “dispensatrice di frutti” , I suoi frutti erano tutto ciò che è Natura ,mentre nel nostro caso sono emozioni che speriamo arrivino alla gente tramite la nostra musica

Sul vostro sito parlate anche di Fealin, vi va di spiegare di cosa si tratta?

Il concetto di Fealin è una nostra invenzione, in elfico significa “spirito della musica incarnato”, ma non lo troverete nei vocabolari perché è una parola composta da noi.

Noi ci siamo immaginate che alcuni spiriti erranti nell’universo dopo essersi riempiti della musica si siano poi incarnati desiderosi di creare la propria. Questo è quello per cui ogni giorno noi lavoriamo.

Come vi siete avvicinate al mondo del fantastico, sia nell’aspetto, che nella melodia di alcuni vostri testi?

E’ avvenuto tutto in maniera naturale poiché quando abbiamo cominciato a cantare insieme le nostre canzoni scritte da Anita, ci siamo accorte che ci catapultavano in un mondo parallelo fatto d’immagini e storie.

Che cosa rappresenta per voi la magia e la fantasia nella vita quotidiana?

Noi pensiamo che ciò che comunemente viene definito miracolo o magia non sia nient’ altro che una reale possibilità, purtroppo latente, di ogni essere umano.

La fantasia è un mezzo che possiamo utilizzare per raggiungere e così risvegliare la nostra vera essenza.

E nella musica?

Fantasia o meglio creatività sono ingredienti indispensabili per la realizzazione di qualunque forma d’arte.

Scrivete voi i testi delle vostri canzoni?

Si , Anita scrive testi e melodie.

Se si quali consigli vi sentite di dare ai nostri giovani lettori, molti di loro sognano di diventare scrittori e chissà, forse musicisti. Voi siete un ottimo modello di riferimento.

Non ascoltate chi vi dice che non avete possibilità ma siate tenaci nel cercare maestri che vi ascoltino sinceramente e che vi aiutino a brillare.

Quali progetti per il prossimo futuro? A cosa state lavorando attualmente?

Siamo impegnatissime nella realizzazione della nostra prima tournèe teatrale che ci vedrà sostenere la campagna che Legambiente sta portando avanti contro l’utilizzo dei sacchetti di plastica. Siamo molto emozionate per tutto questo perché oltre ad avere la possibilità di condividere valori per noi importanti quali la salvaguardia dell’ambiente, ci troviamo ad esibirci in teatro, nostro primo amore, e non solo… presenteremo per la prima volta alcuni nostri brani inediti.

Ultima domanda; vi va di consigliare un libro e una canzone che vi hanno colpito particolarmente?

Parlare di un solo libro o una canzone sarebbe riduttivo, quello che in generale ci sentiamo di consigliare è di leggere ed ascoltare con animo curioso e aperto.

Un applauso virtuale e fragoroso, nonché un forte abbraccio alle Yavanna.

Sito internet delle Yavanna.

Foto di Francesco Esposito.

Incontrando Loredana Frescura

Benvenuta. E’ un piacere averla qui con noi.Loredana Frescura per quelli che ancora non la conoscono cosa possiamo dire di lei?

Sono una persona che ha prima riconosciuto e poi inseguito una passione con determinazione, molto sacrificio e lavoro e che vive con semplicità con i suoi figli, un cane goloso (che riesce a fare gli occhi dolci a chiunque gli prometta cibo) e tiene la porta della sua casa ben aperta per gli amici, grande ricchezza di ogni vita.

Prendendo in prestito una citazione famosa?

“Vorrei che tutti leggessero, non per diventare letterati o poeti , ma perché nessuno sia più schiavo” Gianni Rodari

Parliamo del suo ultimo romanzo “Scrivimi solo parole d’amore”, un romanzo davvero emozionante, romantico e reale. Da quali suggestioni, idee, esperienze ha preso vita?

Ho pensato e sperimentato tante volte quanto sia facile avere paura delle diversità e quanto poco ci riconosciamo diversi noi rispetto ad altri. Se ci pensiamo un attimo non possiamo non sorridere di questo. Ognuno di noi è portatore di diversità e quindi sono contraria alle etichette…i diversamente abili…non capisco cosa significhi. Io sono diversamente abile in moltissime cose, ognuno di noi lo è. Ho cercato di raccontare attraverso Bianca e Vincenzo sia la storia di un popolo , i rom, sia la storia di due ragazzi che, giudicati “ diversi”, affrontano con dignità e forza , le difficoltà legate naturalmente alla crescita e quelle dovute al confronto con un mondo che spesso ha paura di mettersi in discussione.

I personaggi. E’ molto facile identificarsi con Bianca, con il suo desiderio talvolta di normalità , di vivere nell’amore e nella semplicità. Cosa ci può rivelare su di lei…qualche segreto?

Bianca è una creatura che ritengo meravigliosa, che è capace di prendersi cura degli altri, affamata d’affetto e d’amore; conosce il dolore dell’abbandono e dopo aver costruito barriere intorno a sé per non soffrire, è capace di smantellarle quando prende coscienza della propria identità di persona.

Ah sì…sa cucinare un’ottima ciambella alla vaniglia.

Su suo padre?

Romolo-attento. Bianca lo chiama così. Romolo è colui che per amore ha cambiato la sua vita. Il cambiamento può avvenire dentro e fuori di noi. Ci si può modificare, si può migliorare, si può dare alla propria vita nuovo impulso e nuova energia; si può capire quanto poco valga il denaro, il successo, se non guardiamo alla terra, al cielo, agli alberi. Il nostro essere migliore spesso è imprigionato in schemi che sono stati costruiti e che ci soffocano. Spesso la libertà consiste nel non possedere.

Romolo-attento, come me, è affascinato dai treni.

Secondo lei i ragazzi più giovani in che misura lottano per unificarsi alla massa e perchè? Cosa le consiglia?

I nostri giovani, i “miei” giovani, cioè i ragazzi che incontro, che mi leggono e quelli che ascoltano, hanno bisogno tutti di sentirsi parte di qualcosa per avere sicurezza e stabilità. Sta a noi adulti proporre un “ qualcosa” di positivo e di flessibile nel quale gli spazi siano sì definiti, ma non diventino prigioni. Invito i giovani a riflettere, a prendere l’abitudine al confronto, a guardare al di là dei messaggi che circondano la nostra vita, li invito a cercare di capire chi sono e seguire il filo della propria identità. Essere felici non è impossibile.

L’amore. Con quale parole è possibile raccontarlo ai più giovani?

L’amore. Un sapore che rende squisito un cibo. Un colore che rende unico un pezzo di cielo. Una nota che non può essere tolta in uno spartito. Una dolce malinconia che rende più bello pensare al domani. L’amore è progetto. E’ l’antitesi della solitudine e della morte. Ci fa riconoscere in qualcun altro più belli, più forti, più sicuri. L’amore mette al riparo dalla negatività. E’ ovvio che anch’esso ha numerose sfaccettature , ma in generale, amare rende capaci di cura verso noi stessi e gli altri. Amare e sentirsi amati costituisce il miglior motore, ecologico all’ennesima potenza, di ogni vita.

L’amore di Bianca e Vincenzo è una strada verso la maturità e verso la ricerca di stessi. Cosa ricorda della sua adolscenza. Alcuni suoi ricordi vivono nelle pagine dei suo romanzi?

La mia adolescenza…contraddizioni, paure, senso di inadeguatezza, amici, risate, pomeriggi e sere a parlare di tutto…la mia adolescenza come tante, con gli stessi ingredienti di quella dei giovani di oggi, contesti diversi è vero, ma stesse paure e stessi desideri. Per questo i ricordi che metto nelle pagine dei miei libri, sono riconoscibili anche dai ragazzi del 2010. Bianca e Vincenzo vivono un amore “diverso”, un amore che li porta a definirsi “ fratelli molto di più”. La ricerca di chi siamo diventa sempre essenziale per cercare di essere felici.

Quando ha scoperto il ruolo e la magia della scrittura?

Ho capito che scrivere poteva diventare un impegno costante perché passione da condividere, relativamente molto tardi, rispetto a molti che pubblicano libri da giovanissimi…quindici anni fa risultai finalista di un importante premio letterario; poi ci furono anni di “ silenzio” nei quali ho lavorato tantissimo e ho buttato il mio lavoro perché stavo cercando davvero chi ero e cosa potevo dare e ho imparato l’umiltà della scrittura. Scrivere e pubblicare è anche atto di coraggio e di responsabilità, per cui bisogna avere l’umiltà di accettare critiche e di rivedere il proprio lavoro. Mi ritengo molto attenta nella scrittura, anche se libera, proprio perché i miei libri sono letti da giovani in formazione. Coniugare libertà e responsabilità, non è facile, ma si può.

Che cosa rappresenta, nel quotidiano, la scrittura?

Quando sono impegnata nella stesura di un romanzo, scrivo quasi ogni giorno…quotidiano appuntamento con la storia di persone ( poi vengono definiti personaggi, ma per me sono persone) che agiscono, pensano, sognano, si ammalano, soffrono, gioiscono. La scrittura rappresenta per me uno spazio e un tempo con molte dimensioni. Einstein insegna. E mi definisco scrittrice da poco: un mese fa una studentessa della facoltà di Scienze delle Educazioni dell’Università di Firenze, si è laureata con una tesi dal titolo : “Loredana Frescura : un’autrice innovativa nel panorama della letteratura giovanile di oggi” . Lo avevo promesso ai miei amici, io che mi sono sempre definita autrice da quel giorno mi fregio dell’apposizione di scrittrice. Ho assistito alla discussione della tesi, che mi è stata anche regalata, e in una specie di stato di sogno, ho ascoltato parlare di me, della mia infanzia e formazione, del mio stile, dei miei libri. E’ stata un’esperienza unica per la carica emotiva e insieme a due mie amiche che mi accompagnavano, ci siamo ritrovate a piangere di meraviglia. Avrei voluto che mio padre avesse avuto ancora tempo in questo mondo, per vedere ed ascoltare quello che dicevano di me e magari sorridere con me.

Oltre ai suoi, quali libri si sente di consigliari ai nostri giovani amici  lettori?

Ci sono libri senza tempo e senza spazio…per me sono stati amici e confidenti e mi hanno fatto sognare e pensare e diventare la persona che sono.. Penso al Piccolo Principe, a Siddharta, a Se questo è un uomo, a Pinocchio, a Viaggio al centro della terra, a I dolori del giovane Holden , a Candide, a Cyrano…potrei continuare l’elenco per altre cento pagine…

Grazie mille Loredana.

a presto.