CAPITOLO IX
Fu proprio mentre svoltava la curva della baia di Ciolo che notò, affacciata verso il mare, una figura conosciuta.
“De Rosa! Che ci fai da queste parti?!” L’ispettore si voltò, imbronciata come un bambino che fosse stato colto con le mani nella marmellata, ma non mollò.
“E lei commissario?” Melissano spense la vespa. Era sempre sul chi va là quella benedetta ragazza!
“Un giro a casa. Sono nato a Leuca. Avevo voglia di tornare.”, ammise candido.
“Mmm” fu tutto ciò che ottenne in risposta.
“Senti, io non ho mangiato.”
C’era un bar lì a due passi che dava sullo spaccato di roccia, l’Incanto.
“Posso invitarla, ispettore?” Anna rimase visibilmente colpita. “Sì… sì, direi di sì.” Anche il commissario ora stupito da se stesso. Cosa l’aveva spinto ad invitare a pranzo quella ragazzina scorbutica proprio non lo sapeva. Si accomodarono e, contro, ogni aspettativa, cominciarono a chiacchierare. Prima del lavoro, naturalmente: riparlarono del caso. Anna confessò che aveva percorso un tratto di costa per vedere le grotte, cercare di comprenderle. Melissano condivise con lei quanto aveva appresa in mattinata. Anna aggiunse qualcosa alla sua scoperta.
“Natali? Che strano. E’ lo stesso nome che c’era dietro la foto fra le riviste di Frontini. Non dev’essere comune, qui.”
“Già. Ha detto che lavora nel gruppo di speleologi. Mi pare che abbiano sede a Santa Cesarea, sbaglio?”
“No, a quanto diceva il Sindaco è così.”
“Bene, magari domani andremo a controllare.”
Parlarono anche di sé, del loro passato. Scoprirono una simpatia reciproca, entro un ora cominciarono a darsi del tu. Il commissario raccontò ad Anna del fratello Alessandro, che aveva fatto la professione che la madre sognava per lui, il primogenito.
“E perché non l’hai fatto?”
“C’ho provato per un paio d’anni, ma poi scoprii che non era il mio mestiere. Il genere umano non mi piace in fondo, anzi, mi insospettisce!” risero entrambi di gusto. Anna raccontò del padre, del trasferimento da Milano e degli anni dell’università. Tralasciò i motivi che la spinsero ad entrare in Polizia, ma si capiva che era stata una scelta importante e Melissano non chiese altro. Erano ormai le diciotto quando si alzarono da tavola e si avviarono verso lo scooter di Melissano.
“Anna, mi ha fatto piacere… beh, sì, sono stato bene oggi.”
“Anche io…Oronzo.” Anna sorrise. “Ti chiami come mio nonno!”
Eccola lì, ora sì che la riconosceva! Il tramonto sul mare aveva il suo fascino. Dal vicino chiosco venivano le note della canzone Piero e Cinzia di Venditti. Oronzo si voltò verso Anna che già lo stava guardando. Forse fu lì che Anna decise di prendere l’iniziativa. O forse non decise affatto. Accadde e basta. Si baciarono. Fu un bacio breve, a fior di labbra, dato da due che avevano delle storie alle spalle e che non volevano scoprirsi, ma che in fondo provavano qualcosa, o avevano iniziato a provarlo, che volevano ringraziarsi reciprocamente per aver interrotto quella quotidianità di solitudine e delusioni. Il commissario la prese per le spalle, indeciso fra l’attirarla a sé e l’allontanarla. Fu allora che diede voce al suo dubbio.
“Potrei essere tuo padre.”
“Mio nonno, come ti dicevo. Oronzo.” Scoppiarono a ridere, insieme.
“Bene, Anna. Direi che è ora di tornare.” Il sole si era ormai tuffato nel mare.
“Come sei venuta?”
“In autostop.”
“In autostop?”
Anna lo guardò di traverso.
“Ok, ok.” Sorrise. Era sempre la solita De Rosa. “Posso darti un passaggio?”
Anna annuì. Salì dietro di lui ed partirono insieme nella brezza della sera.