IMPRONTE DI PARADISO di Giulia Acquistapace. Primo Livello – Corso Adulti

CAPITOLO X

Quella notte Melissano sognò di uscire la domenica a pesca e poi di mettersi a tavola, mangiando pesce fresco. Si svegliò la mattina leggero. Si rase e andò sollevato al lavoro. Incontrò Anna davanti al commissariato: entrarono insieme e di misero alla scrivania. “Facciamo il punto della situazione. Frontini aspettava la Barbieri per dopocena. Voleva proporle qualcosa per l’incontro del giorno dopo…”
“O più probabilmente impedirle di venire. Il lassativo. Mi sono convinta fosse per lei”, disse Anna.
“Giusto. Ma qualcosa guasta i suoi progetti. De Bellis va da lui, si scaldano e litigano. De Bellis lo insulta e gli sputa in faccia. Poi, a suo dire, se ne va. Sono circa le venti e quindici. La morte è collocata fra le venti e trenta e le ventuno. Alle ventuno e trenta circa passa la Barbieri che, ignara, chiama senza ricevere risposta e se ne va a casa. Manca il passaggio centrale, che, probabilmente, è quello risolutivo.”
“Abbiamo interrogato tutti. Tutti, tranne questi fantomatici speleologi.”
“Già. Non ci risolveranno il problema, ma qualcosa mi dice che ci aiuteranno. Andiamo!”
Melissano e De Rosa si alzarono e salirono in macchina, lasciando Renzi a custodire il dottore.
In mezz’ora raggiunsero Santa Cesarea e, su indicazioni, raggiunsero la sede degli speleologi: una villetta ad ingresso autonomo a poca distanza da Porto Miggiano. Suonarono, ma non c’era ancora nessuno. Si fermarono all’ingresso quando un’automobile accostò e scesero due uomini: uno più anziano e uno più giovane. Si presentarono come Mario Aspiràno, speleologo anziano e responsabile della spedizione, e Paolo Nava, suo apprendista. Fecero accomodare i due poliziotti all’interno. Melissano chiarì la situazione agli scienziati e chiese loro informazioni.
Cominciò Aspiràno: “Avevamo rinvenuto quest’ultima grotta qualche mese fa, ma la comunicazione ufficiale alle autorità avvenne solo un paio di settimane or sono. Era un grotta unica: oltre alla sorgente solfurea profonda e alla particolare composizione salina delle pareti, ritrovammo un vastissimo lago sotterraneo d’acqua dolce incontaminato. Sulle profondità rinvenimmo una spugna rarissima ed antichissima insieme ad altre popolazioni risalenti al paleozoico. Sul soffitto della parte più interna della grotta ritrovammo moltissimi pipistrelli, tanto che per concludere l’esplorazione fummo costretti a camminare sullo spesso strato dei loro escrementi che avevano dato vita ad un secondo pavimento. E’ stata la dottoressa Zinnerman ad occuparsene, grazie anche alla sua esperienza in immersioni. Era molto impaurita dal fatto che qualcuno volesse deturparla, tanto che scrisse all’ente di protezione grotte perché ponessero il veto sul suo utilizzo. Di questi tempi gli stabilimenti termali sarebbero pronti ad uccidere per un tesoro come quello.”
E Aspiràno non poteva sapere quanto con quell’affermazione avesse colto nel segno!
“E’ stata proprio Natali, la dottoressa Zinnerman appunto, a darle il nome: Grotta Paradiso.”
“Va bene, grazie. Oggi verrà la dottoressa?”, fece Melissano. “Certo, dovrebbe essere qui a momenti.”
I poliziotti si ritirarono un poco in attesa di Natali. Anna era al settimo cielo: “E’ stata lei! E’ stata lei a parlarne a Frontini. Erano amanti! Ricordi la foto? Lui deve averla usata per avere informazioni.”
“Sì, sì, Anna. Stai calma.”
“Di sicuro ne avevano parlato ben prima di due settimane fa, come avrebbe potuto se no l’amministratore avere il tempo di elaborare la strategia? E il preventivo, poi!”
“Esatto. E poi c’è l’impronta.” Il commissario ricordò gli stivali di Natali in giorno prima.
“Chi altro avrebbe potuto avere feci di pipistrello sotto lo stivale?” Proprio in quel momento il cellulare di Melissano squillò.
“Pronto. Dottore? Sono Ulisse.”
Il commissario ricordò il robusto infermiere del 118. “Ulisse! Mi dica. Sono Melissano.”
“Ho sentito la dottoressa Malabarba e mi ha detto di parlarne con lei. La mattina che sono arrivato ho visto una ragazza sulla trentina con degli stivali da esplorazione che si aggirava intorno alla piscina, ma quando siete arrivati voi è scomparsa…”
Era l’ennesima conferma di quello che già pensavano.
“Grazie, Ulisse. Ci è stato prezioso.”
Intanto Anna gli stava tirando la camicia. Aspiranò nella stanza accanto stava dicendo qualcosa: “Natali, ciao! Ci sono dei poliziotti di là che ti cercano. Vogliono sapere della Grotta Paradiso…”
Melissano riattaccò velocemente e attraversò la stanza preceduto dalla collega. Non appena Natali li vide, capì. Tentò di fuggire, ma si era chiusa il cancello della villa alle spalle e i pesanti stivali che aveva ai piedi non le permisero di scavalcare abbastanza in fretta. Anna aveva già fatto un balzo in avanti e l’aveva afferrata per il polso, dove vide dei lividi freschi, verosimilmente riferibili ad una colluttazione.
“Natali Zinnerman, è indagata per l’omicidio di Aldo Frontini. Ci segua.” Natali guardò il commissario negli occhi.
“Oronzo!”
“Natali. Prego, venga con noi.” La speleologa abbassò lo sguardo e, arresa, si lasciò condurre verso la volante.

*

Il sole morente aveva concluso da pochi istanti l’ennesimo ciclo quotidiano tuffandosi nel mare sul versante della Grecia e le prime luci artificiali cominciavano a punteggiare la costa fino a Santa Maria di Leuca, disegnando una calda linea che delimitava ad occhio nudo nella notte il confine fra terra e mare.
Aldo Frontini, accovacciato, dava gli ultimi ritocchi ai preparativi per la serata: due bicchieri, una bottiglia di champagne in fresca, due sedie a sdraio e tutto lo splendore della piscina solfurea di Santa Cesarea Terme erano un ottimo presupposto per il buon esito dei propri intenti. La Tramontana aveva spazzato per tutta la giornata il mare e il cielo, allontanando le nubi scure e la cappa d’afa che da giorni gravavano il respiro e facevano appiccicare addosso gli abiti leggeri di un fine Settembre che ancora sapeva d’estate. Il cellulare dell’uomo squillò: dall’ingresso qualcuno annunciava visite. L’uomo non attese, riattaccò la conversazione e riprese la posizione eretta. “Grazie al cielo”, pensò fra sé mentre si allontanava per ricevere l’ospite. Fece a due a due i gradini che lo riportavano a livello della strada e sfoderò prima dell’ultimo balzo il miglior sorriso, che andò tuttavia a spegnersi non appena scorse di spalle il venuto: il dottor De Bellis.
“Ci mancava solo questa. Devo liberarmene al più presto o andrà tutto a monte prima ancora di cominciare, maledizione!”. Intanto il nuovo venuto si voltò senza entusiasmo al gesto del bagnino che indicava l’arrivo di Frontini.
“Buonasera, dottore.”
“Buonasera a lei, De Bellis. A cosa devo il piacere della visita?”, mentre i tratti del volto tradivano il fastidio e l’impazienza.
“Ma prego, accomodatevi.” Il visitatore guardò dal sotto in su l’uomo che era venuto a cercare: “Spero di non aver interrotto nulla.”
“Non si preoccupi, mi preparavo alla mia consueta nuotata. A causa di impegni per oggi è stata posticipata e non saranno certo altri cinque minuti di attesa a rovinarla”, disse, sottolineando quei cinque minuti come a voler indicare il tempo massimo concesso per qualsiasi rimostranza (e ne era certo: se lo sgradito ospite si era preso al briga di venir fin lì, si sarebbe trattato sicuramente di una questione spinosa). Fece quindi strada facendo un cenno di congedo al bagnino Vito che, sollevato, tirò giù con uno strattone la saracinesca del suo baracchino e si diresse con passo svelto verso casa. Intanto i due si soffermarono alla balconata: “Frontini, sei un figlio di puttana”, De Bellis non attese un attimo per sputargli in faccia tutto l’astio che provava. Fra pochi giorni Nina ed io ce ne andiamo. Ma quello che penso te l’ho voluto dire in faccia.”
La questione era spinosa, non c’era dubbio, ma c’era poco tempo. “Dottore, fammi il piacere. Mi si è infilata nel letto. Ecco tutto. Comunque mi sono stancato. Se ora fa la mogliettina plagiata, peggio per lei. Viterbo: bel posto, eh! Là sì che la potrai consolare. Ed ora vattene.”
Il medico allungo le mani. C’aveva riflettuto a lungo nelle notti insonni prima di chiedere il trasferimento: l’avrebbe volentieri ammazzato. Gli avrebbe afferrato quel lurido collo e l’avrebbe stretto fino a ridurlo al niente. Ma desistette. Lasciò cadere le braccia di nuovo lungo i fianchi. Una nuova vita lo attendeva, li attendeva. Nina e lui.
“Mi fai schifo – e gli sputò in faccia. Addio.”
E, lasciato il Frontini di stucco, se ne andò. Molto meno di cinque minuti dopo il suo arrivo. L’amministratore si pulì, scocciato ma anche sollevato di essere brillantemente uscito da una situazione potenzialmente infernale. Ex amante e marito cornuto a centinaia di chilometri di distanza e una fortuna in attesa dietro l’angolo: niente male. Non fece in tempo a voltarsi per tornare giù in attesa di Jenny Barbieri, l’ospite d’onore della serata, che una nuova voce lo chiamò alle spalle: Natali Zinnerman.
“Dottoressa! – ormai arreso. A cosa devo il piacere…?”
“Aldo, – la donna era visibilmente agitata. Mi devi ascoltare. Sono cambiate le condizioni. Non puoi più accedere alla grotta.” Frontini si sentì come colpito da un pugno alla stomaco: “Cos’è questa storia?”
“C’è un paradiso là sotto. Abbiamo scoperto un passaggio d’acqua sotterraneo. Ci sono delle spugne antichissime. Dobbiamo ancora esplorare. C’è una delle popolazioni di pipistrelli più grande del mondo probabilmente. Non potete sfruttarla. L’ingresso era sede di culto e nelle profondità si racchiudono fondali inimmaginabili. Voi non potete…”
Frontini fu preso da una risata isterica ed euforica al tempo stesso. “Natali, stai scherzando vero? Cosa vuoi che me ne freghi di due spugne? Anzi, sai cosa le dico? Ne offriremo una in omaggio ai primi dieci visitatori delle terme appena ci saremo aggiudicati l’utilizzo della fonte solfurea sotterranea che racchiude e non appena avremo aperto la più grande grotta del sale mai esistita in Italia.”
“Voi non potete: mi sono già rivolta al centro speleologico nazionale. Voi non potete…”
“Sta zitta! Taci!” Frontini era su di lei, cercava di afferrarla tappandole la bocca con una mano, per sempre. Lottarono senza che nessuno li vedesse, complice il buio e la stagione ormai agli sgoccioli. Giunsero alla balaustra che dava sulla piscina, il Frontini la spinse e Natali sentì il freddo del marmo sulla schiena: sentiva che stava per cedere. Con un ultimo sforzo si voltò di scatto, riuscendo a liberarsi e spingendo l’amministratore contro la balaustra. Frontini tornò all’attaccò, ma stavolta Natali era pronta: lo respinse con forza per darsi alla fuga. L’uomo preso alla sprovvista barcollò, urtò contro la balaustra e dopo qualche attimo la forza di gravità vinse contro di lui: cadde all’indietro volando per gli 8 metri che lo separavano dalla piscina, l’acqua bassa non attutì il colpo e il fondale colpì con forza la testa dell’uomo che svenne, annegando. Natali vide la scena, sconvolta. Impaurita per l’accaduto corse giù per le scale e in ginocchio col cuore in gola tirò il cadavere sul bordo della piscina con il rampino lì vicino per la pulizia della vasca. Comprese subito la gravità della situazione, si rialzò rapida e corse via. Il contatto del cadavere con l’acqua aveva sollevato degli schizzi d’acqua, formando diverse pozzanghere: Natali ne attraversò una rendendo nuovamente fluida la composta di feci di pipistrello che aveva sotto lo scarpone. Se ne accorse e tolse le calzature, ma, cieca per il buio, un impronta rimase. Ripercorse scalza le scale e corse via.
Mezz’ora più tardi Jenny giunse per l’appuntamento. Chiamò l’uomo nel buio, ansiosa ed eccitata per l’appuntamento, ma nessuno rispose. Lo chiamò al cellulare: nulla. Ormai certa che si fosse trattato di uno scherzo, se ne andò indispettita. La mattina Vito, tornando al lavoro presto, vide la scena. In preda al panico sollevò il datore di lavoro, lo strattonò fino alla sdraio, calciando e rovesciando senza ritegno tutto ciò che era nella sua traiettoria, ma nulla accadde. Così fece i gradini due a due esattamente come Frontini la sera prima con ben altre idee per la testa e corse a chiamare Riboni, che a sua volta chiamò la Polizia. Tacque con tutti dello spostamento del cadavere, nel timore che il commissario avrebbe dubitato di lui come nei film polizieschi che tanto amava e che, anche solo il parlarne, si sa, l’avrebbe ricoperto di jella.

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