Incontrando Giulio Leoni

Nella foschia dell’alba il Conte di Cagliostro approda a Venezia, la città in cui le maschere del Carnevale e la cipria dei consiglieri non bastano più a celare intrighi e tradimenti. E dalle calli più oscure alle umide stanze nobiliari si diffonde la fama di uno stravagante guaritore venuto dall’Est. È un mago? O attinge alla sapienza di civiltà sepolte nella sabbia del Sahara? Per Serafina, il Conte è solo un simpatico truffatore. Lei lo fiuta lontano un miglio, e non solo perché è orfana e Principessa dei ladri. Lui la sceglie come assistente e le insegna che la vita è illusione, burla, magia. Polverosa come le acque del Canal Grande e liquida come gli ori di San Marco. C’è anche chi è disposto a pagare il Conte in pietre preziose in cambio dell’eterna giovinezza. O a uccidere. Ma Serafina ha negli occhi le fiamme della sfida. E chissà se la sfida più grande è vivere per sempre o morire infinite volte…

Giulio Leoni per quelli che ancora non ti conoscono come ti potresti autopresentare?

Mah, essenzialmente io sono uno cui piace moltissimo sentirsi raccontare delle storie. In ogni forma, che siano romanzi, film, fumetti, un’opera lirica… E che occasionalmente ne racconta a sua volta. Cercando di trasmettere al lettore lo stesso piacere che ha provato lui immaginandole.

Prendendo in prestito una citazione famosa?

«Il futuro influenza il presente tanto quanto il passato.» Lo ha scritto Friedrich Nietzsche, che secondo il suo stile concentrava nell’aforisma un contenuto abbastanza complesso. A me piace interpretarlo così: esiste un destino delle cose e delle persone, e il futuro ci chiama verso di sé con la stessa forza con cui il passato ci plasma ineluttabilmente. In fondo, sempre per citare ancora il filosofo folle, non possiamo che diventare ciò che siamo.

Parliamo del tuo romanzo La Ladra di Cagliostro. La protagonista femminile si chiama Serafina. Personalmente mi è piaciuta moltissimo. Come è nato questo personaggio?

Come sempre, da un impasto di realtà e finzione. Forse saprai che prima di passare a un corso di Tecniche della scrittura creativa all’Università per moli anni ho insegnato nelle scuole superiori. E ricordo ancora un’alunna che mi copiava tutti i suoi compiti sotto il naso. Ma con una grazia, una leggerezza, direi addirittura un’incantata disinvoltura, che finivo sempre per perdonarla. In fondo era diventato un gioco, scoprire a quale nuova trovata sarebbe ricorsa la volta successiva. In realtà non ne avrebbe avuto alcun bisogno, era bravissima. Ma per lei era un modo di mettersi alla prova, e alla fine anche per me.

Serafina è nata anche da lei, gli scrittori come i fabbricanti di salumi non buttano via mai niente!

E il Conte?

Nel ritrarre Cagliostro questa volta mi sono preso qualche libertà rispetto alla realtà storica. I giovani lettori mi perdoneranno! L’ho fatto un po’ più bello di quanto non fosse in realtà, e tutto sommato meno sinistro.

Per strutturarne la trama da quali suggestioni e idee ti sei fatto guidare? Forse dalla tua passione per l’Illusionismo?

Moltissimo. Nel romanzo sono presenti diverse variazioni su alcune grandi illusioni del passato. Il tema naturalmente si prestava, ma a parte l’occasione esiste uno stretto rapporto tra ogni storia “gialla” e un gioco di prestigio. In entrambe le cose non sono mai quello che sembrano, e quello che appare è sempre “impossibile” . Addirittura molti stilemi classici del romanzo giallo o d’avventura non sono altro che grandi illusioni: il delitto nella stanza chiusa, l’evasione impossibile, l’assassino invisibile tra decine di testimoni ecc.

Qualche altra considerazione la trovi sul blog http://giulioleoni.blogspot.com

Scrivere libri, raccontare storie, è un atto di magia?

Assolutamente, il narratore è la figura che più si avvicina a quella tradizionale dello sciamano. Non perché disponga di poteri speciali, ma perché assolve per la sua tribù una funzione molto simile: dilatare la percezione della realtà, tirandoci dentro fatti e personaggi che non appartengono al mondo dell’esperienza quotidiana. Usando la propria immaginazione invece di erbe, funghi o cantilene, ma il risultato alla fine è lo stesso.

Quali differenze hai riscontrato nella stesura di LA LADRA DI CAGLIOSTRO rispetto agli altri tuoi romanzi?

In fondo poche. Quando ho cominciato a scrivere per ragazzi (la “Ladra” è la terza) ho sempre cercato di immaginare storie articolate e ricche di fatti, colpi si scena e anche, perché no, momenti di riflessione, non diversamente dalle storie per adulti. L’unica differenza è una maggiore attenzione al linguaggio, cercando di mantenerlo relativamente semplice e lineare in modo da non rendere troppo faticosa la lettura. Con i lettori adulti mi lascio un po’ andare alle complicazioni, anche perché confido che gli amanti di gialli storici condividano con me il gusto per un linguaggio non necessariamente quotidiano e “moderno”.

Nel quotidiano che rapporto mantieni con la scrittura e con il potere dell’immaginazione?

Come dicevo, sono sempre a caccia di storie. E come tutti quelli così sono abbastanza credulone, pronto a entusiasmarmi anche per le cose più strane, purché appunto colpiscano la mia immaginazione: credo ai dischi volanti, alla sopravvivenza dei dinosauri in qualche isola remota, ai misteriosi regni sotterranei, a Hitler che è stato clonato e vende auto usate nell’Alabama, insomma a un bel po’ di roba. Però tienitelo per te, non vorrei che questo pregiudicasse la mia carriera accademica!

Cosa hai letto prima e durante la scrittura di LA LADRA DI CAGLIOSTRO?

Ti confesso che io più che un lettore sono un grande ri-lettore. Nel senso che mi affeziono alle cose, e spesso finisco per tornare su quello che mi ha già affascinato. Se un film mi piace sono capace di rivederlo dieci volte di seguito, e così con i libri. In quei giorni, se non ricordo male, oltre a rileggermi per necessità alcuni documenti su Cagliostro, ero immerso nella lettura di un’opera poco conosciuta di Verne, La sfinge dei ghiacci. Era da tanto che mi ripromettevo di farlo, per la curiosità di come lo scrittore aveva ripreso il personaggio e la situazione del Gordon Pym di Poe.

Come lo immagini il futuro dei Libri nel lontano futuro?

Non troppo allegro. I nuovi media stanno radicalmente trasformando il nostro modo di rappresentare la realtà, e il libro corre forti rischi di scivolare in una posizione molto marginale nel processo di comunicazione. Il libro si affida a una struttura sequenziale di segni, il film, il videogioco, una pagina web sono tendenzialmente iconici e complanari. La differenza, oltre al resto, sta soprattutto nei tempi del processo. La velocità è sempre stata nella storia un fattore vincente: la stampa a caratteri mobili si è affermata non perché i suoi prodotti fossero migliori del manoscritto, erano soltanto più veloci.

Nel futuro più o meno prossimo prevedo per il libro e il lettore tradizionali un destino simile a quello della musica: esisteranno sempre lettori, ma come oggi esistono suonatori di violino. In altri termini la lettura lineare cesserà progressivamente di essere un’attitudine di massa e diverrà un’attività sempre più specialistica. Sarà interessante vedere come tutto questo influenzerà la narrativa di genere: esisteranno ancora romanzi gialli, di fantascienza, dell’orrore? Oppure questo tipo di immaginario passerà integralmente alla fiction?

E nel tuo di futuro cosa sta “bollendo in pentola”?

A breve uscirà una storia di ambientazione contemporanea, “La sequenza mirabile.” Ispirata però a una figura enigmatica del primo 900, realmente esistita. Una bizzarra figura di matematico dilettante che formulò una teoria dai risvolti straordinari e inquietanti. Come ti dicevo a proposito della Ladra, in ogni personaggio c’è sempre qualcosa dell’esperienza reale dello scrittore. Stavolta il tasso di realtà sarà molto più forte… ma lasciami il piacere della sorpresa!

Grazie Giulio.

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