*15*
Il giorno seguente, vestito di tutto punto mi recai al collegio Saint Paul. Johnny mi procurò un abito distinto, giacca e cravatta con gilet doppio petto. Lo prese in prestito a un cliente abituale della lavanderia. Un uomo d’affari che amava ricevere al proprio domicilio la biancheria pulita, cosicché non c’era il pericolo che venisse a ritirare l’abito preso in prestito. Johnny mi rese irriconoscibile, visto che al collegio conoscevano il mio aspetto. Non portavo più i capelli alle spalle, li avevo corti e impomatati all’indietro con la brillantina. Fu il mio amico a insistere perché la mettessi, facendomi inforcare pure degli occhiali scuri. Speravo soltanto che il color ruggine della mia pelle non mi tradisse, rivelando la mia identità.
Giunsi al collegio Saint Paul nell’ora delle visite, coincideva con l’ora del tè. Un capannello di volontari trascinava dei sacchi voluminosi fino al cortile. Anch’io mi misi all’opera, ne presi uno e lo sollevai fingendomi membro dell’associazione umanitaria. Frugai nel sacco e distribuii, imitando gli altri, piccoli gnomi, folletti e streghe ai bambini, che si erano coperti il viso con maschere di zucca.
Era Halloween. La festa più amata a Nova City. Me n’ero completamente dimenticato. Tuttavia mi resi conto di quanto questa svista poteva essermi utile; in quel trambusto avevo maggiori possibilità di parlare a quattrocchi con Nhavita sgattaiolando fuori da quell’orribile posto insieme a lei. Sarei stato cauto, evitando di destare sospetti e far saltare la mia copertura. E tutto sarebbe filato liscio.
La cercai ansioso sotto la lenti scure ma il mio cuore cominciò a temere il peggio. Sebbene i bambini erano tutti fuori nel viale privato, di mia figlia non c’era neanche l’ombra. L’avevano trasferita? Affidata alle cure di una famiglia? E se qualcuno le aveva fatto del male? Stropicciai le palpebre mentre quei pensieri mi rimbombavano tutti insieme in testa. Provai a non far trapelare le mie emozioni all’esterno, ciò malgrado il mio sorriso svanì.
In compenso, si allargò da un orecchio all’altro quello dei bambini che ricevettero i regali. Per un istante tornai indietro nel tempo, quando con una cesta colma di piccoli animaletti in legno, li costruivo apposta, visitavo con Bontasa le case più povere del villaggio ed ebbri di gioia li donavamo a quei fanciulli sfortunati che non possedevano niente.
Seguitai nella ricerca di Nhavita, indirizzando il passo pesante verso i gazebo allestiti in fondo al viale. Nell’atrio coperto antistante l’edificio di mezzo, la cui porta d’ingresso era aperta al pubblico, avevano disposto in fila dei banchetti per il rinfresco, su tovaglie colorate d’arancio per l’occasione.
Era quella la zona di maggiore calca, dove peraltro molti volti mi apparivano familiari. Ciò comportava una maggiore prudenza da parte mia, se mi avessero cacciato dall’America chissà cosa ne sarebbe stato di Nhavita.
D’un tratto sussultai, il respiro s’arrestò, e il mio cuore smise di pompare sangue al cervello.
Le assistenti sociali!
Ce le avevo di fronte. Spedite procedevano nella mia direzione bisbigliando tra loro. I piedi mi s’incollarono al suolo, all’orizzonte non si profilava nulla di buono. Di scappare, con tutta quella gente attorno, nemmeno a parlarne.
Ero in trappola, perduto. Gli ufficiali dell’immigrazione sarebbero giunti in un microsecondo dopo la segnalazione delle arpie. Sempre se, qualche scagnozzo di Kolpir nei paraggi non mi avesse braccato prima, rispedendomi lui stesso da quel padre infame.
Il fatto che portassi gli occhiali, camuffato da uomo d’affari, non bastava a rassicurarmi e quando fui lì lì per scontrarmi con le due donne occhialute, un brivido freddo mi trafisse da parte a parte come una spada affilata.
Le assistenti sociali mi passarono di fianco, sfiorandomi nei camici svolazzanti, si limitarono ad annuire accennandomi appena un saluto di cortesia.
Ricambiai, chinando il capo. Poi feci un lungo sospiro. Scampato pericolo!
Ma se pochi attimi prima mi era parso di morire, all’improvviso il mio cuore ticchettò al massimo della potenza.
Come un fiore in mezzo a una foresta di alberi apparve la testolina di Nhavita. Non credevo ai miei occhi. Oh quanto mi costò resistere all’istinto di correrle incontro e baciarla. Era bellissima. Mi pareva cresciuta. Anche lei portava sul viso una mascherina, ma quegli occhi, li avrei riconosciuti ovunque.
Erano identici a quelli di Masuri. Si lisciava una ciocca di capelli, le fuoriusciva dal cappello a punta che le infagottava la testa. Emozionato, le andai vicino. Restò ferma sul posto vagando con lo sguardo. Come se stesse aspettando.
Il brusio era assordante. Volontari, genitori affidatari, parenti dei ragazzi e dipendenti del Saint Paule sembravano turbe di formiche raccolte in massa attorno ad uno zuccherino. Potevo approfittarne, anche se con estrema attenzione.
Nhavita non mi aveva ancora visto. E sebbene non desideravo altro che la sua vocina mi chiamasse papà, sperai non lo facesse in quel momento.
Avanzai ancora di un altro passo, e quando le fui ad un palmo misi giù gli occhiali. Nhavita squadrò la mia figura dal basso e lentamente sollevò il mento posando i suoi occhi dentro i miei.
Trattenni le lacrime. Le labbra di Nhavita si schiusero in un largo sorriso e contemporaneamente i suoi occhi s’illuminarono.
Protese in avanti le sue mani. Verso di me. Quanto mi era mancata! La mia bambina! Mi piegai per abbracciarla, sperando di non cedere all’emozione svelando coi miei gesti quali sentimenti scuotevano il mio corpo.
Le sorrisi, e allargai le braccia.
Un incubo.
Il sogno svanì d’impatto.
Il direttore le prese la mano e gliela strinse distratto. La tirò via procedendo verso il buffet. Mia figlia si fece trascinare in silenzio, mordendo le labbra. Con la testa protesa all’indietro a cercarmi, e gli occhi lucidi pronti a scoppiare in un pianto.
Non disse una parola. Non mi chiamò papà. Ma abbassò lo sguardo fissando le sue scarpe. Mi parve rassegnata, come convinta che la mia fugace apparizione fosse frutto di un sogno ad occhi aperti.
Morii di dolore. Tanto vicino e immensamente lontano.
Una campanella diede fine alla festicciola. E Nhavita sparì nel nugolo di bambini che di corsa attraversò il cortile fino all’atrio del collegio, scortati da suore e assistenti sociali in camice azzurro.
Affranto, mi accinsi all’uscita riunendomi al gruppo di volontari con cui ero entrato, in modo da non destare sospetti.
Nella strada del ritorno più d’una volta ebbi l’impressione che qualcuno mi pedinasse. Camminai in fretta e a tratti corsi.
Mi voltai indietro, inquieto.
Era solo impressione. Non c’era nessuno oltre le mie spalle.
Attraversai le strade, presi la metropolitana nei caldi sotterranei e tornai al Gustave Eiffel Building ripromettendomi di tornare da Nhavita all’arrivo dei documenti.
La sera calò e al turno di Johnny mancavano ancora un paio d’ore. Decisi di tenermi lontano da Jeremy e recarmi al Green Park nel frattempo per riposare su una panchina e riflettere sugli eventi appena accorsi.
L’indomani avrei preso servizio presso il ristorante di Bujarde, ma la mia bambina era ancora in quell’inferno.
Un gruppo di quattro, forse cinque teppisti mi accerchiò. Non mi ero sbagliato allora. Mi seguivano da quando ero uscito dal collegio.
Se la ridevano e presero a spingermi. Mi afferrarono per i capelli e mi tempestarono di pugni. Sentii un dolore alla nuca, uno di loro aveva un sasso appuntito e con foga mi colpiva a morte. Volevano uccidermi. Ringraziai il cielo che Nhavita non fosse con me in quel momento. Non lo avrei sopportato.
Crollai in terra e continuarono a pestarmi. A sferrarmi calci e insultarmi. Puzzavano d’alcol e continuavano a ridere incitandosi a vicenda.
Calci ai fianchi. Non respiravo. Non smettevano. Sputai sangue e vomitai. Più strillavo più s’accanivano sul mio corpo.
Smisi di contorcermi.
Persi conoscenza o ero nelle braccia della morte?
Questo racconto è fantastico ! Ha la capacità di catapultarti nella storia narrata !
Grazie Francesca, sono contenta di sapere che il mio racconto ti sia piaciuto.
Grazie Marco per aver letto il mio racconto! Contenta che ti sia piaciuto.
Bellissimo racconto.Faccio i miei complimenti all’autrice perchè ricco di significato…
Semplicemente …Brava!…Hai toccato un argomento molto forte… e con molta delicatezza riesci a trascinare il lettore…nel racconto_metafora di riflessione…dove l’amore prevale su tutto! Solo chi scrive con il cuore…riesce ad arrivare al cuore di chi legge…trasmettendo emozioni!…Complimenti!
Carissima Tiziana, anche tu sei arrivata al mio cuore con le tue affermazioni. Credere nell’amore anche quando il mondo sembra avercela con noi, anche quando la cattiveria si abbatte come un’onda sulle nostre vite, spazzandole e trascinandole alla deriva. E’ difficile crederci, ma è l’amore il vero e unico sentimento che potrebbe cambiare le cose. Almeno questo è quello che amo pensare. Un bacio e grazie.
Una storia bellissima, che mi ha davvero colpito e commosso. Ha toccato le corde della mia sensibilità e mi ha fatto riflettere. Scritta benissimo, anche. Complimenti!
Carissima Alessandra, sono onorata dei tuoi complimenti, anche perché provengono da una donna che ama scrivere e leggere come me. Questa storia nasce dal periodo di crisi che tutta l’Italia sta attraversando. All’inizio desideravo semplicemente far notare come da un momento all’altro chiunque può perdere tutto: famiglia, amore e persino casa. Quindi a finire in mezzo alla strada, proprio come i “barboni” che certa gente disprezza, ci vuole poco purtroppo. Poi ho inserito degli argomenti che mi stavano a cuore e il mix ha dato vita a ” La capanna sul grattacielo”, un grido di speranza al cambiamento. Un grazie particolare, merita Moony Witcher, che io definisco la mia mamma-maestra, il suo corso ti aiuta a scavare nei meandri più nascosti di te stessa, ti da modo di riflettere e credimi, mi ha dato siringate di fiducia. Ne avevo bisogno. Nel titolo trovi sia la capanna che il grattacielo. La capanna rappresenta la vera casa, i legami affettivi, ma anche le tradizioni, siano esse positive e negative. Il grattacielo è il cambiamento, la libertà, ma anche la modernità, con il suo carico positivo e negativo. La capanna sul grattacielo vuole essere un compromesso, l’invito a non accettare le cose solo perché si è sempre fatto così. A confutare le tradizioni. Grazie ancora Alessandra del tempo che mi hai dedicato.
Un racconto molto bello,una storia intensa che ti avvicina,sin dalle prime righe,a culture molto lontane dalla nostra,ma per certi aspetti fatte della stessa pasta,quando specchi di sentimenti umani,validi universalmente.Paure,risentimenti,spirito di rivalsa,speranza,accettazione incondizionata,amore,amicizia ecc,ecc, sono espressi dall’autrice in maniera formidabile,dal cuore alla penna!Complimenti e al prossimo racconto.
Grazie per il commento cara Denise. Mi fa un immenso piacere che i sentimenti espressi nel racconto ti siano arrivati così pienamente e abbiano toccato il tuo cuore. Io ce l’ho messa tutta. L’aborto selettivo è un argomento purtroppo, che sta prendendo sempre più piede. Quando finirà questa violenza verso le donne? Quando vivremo con amore? Il mio è solo un grido di speranza. A presto Denise, mille grazie.
Una delle cose più belle di questo racconto, è che dopo solo poche righe ho dimenticato di stare leggendo una storia scritta da qualcuno. Mi sono ritrovato immerso nella vita di Rob, il protagonista di Una capanna sul grattacielo, e ho vissuto con lui le sue esperienze e sentito sulla mia pelle le sue emozioni. I miei migliori complimenti a Sonia.
Daniele, averti suscitato simili emozioni mi riempie il cuore di felicità. Ho vissuto diversi mesi con Rob, le sue angoscie erano le mie. E come lui, avevo paura di non rivedere mai più Nhavita. Come vivere un’intera esistenza senza la propria figlia? In effetti Rob non è mai stato un personaggio per me. E adesso, grazie a te Daniele e agli altri lettori, so di averlo reso reale. Mille grazie.
Una produzione di ottimo livello, che testimonia una ricerca attenta dei costumi di una civiltà diversa, utilizzati poi con naturalezza. Un soggetto attuale, trattato con sensibilità femminile nella tessitura e nel dénouement, che dà all’intera narrazione quasi il carattere di una fiaba. Complimenti, amica mia carissima!
Mia cara Raffaella, intanto volevo ringraziarti di aver dato la precedenza alla lettura de “La capanna sul grattacielo” rispetto ai tantissimi impegni di cui giornalmente ti occupi. Noi ci conosciamo da quattro anni, accomunate prima dalla passione per la danza, poi dall’amore per gli animali. Negli ultimi due anni ci siamo ritrovate con un altro punto in comune, l’essere vegetariane, e adesso anche i libri… Sei una donna buona e gentile. Semplicemente grazie. Meraviglioso il tuo commento, spero di meritarlo col tempo. Sonia.
è un racconto improntato su di una storia vera, con radici tradizioni di un umile villaggio, ancora radicato in certe credenze antiche che si tramandano tra padre e figlio. La scrittura è fluida, solida, reale, dà forti immagini e si carica di colori attorno ai quali ruota un piccolo villaggio, con una comunità radicalmente riversata in una vita quotidiana sempre la stessa che non accenna a cambiare man mano che gli anni vanno avanti. Affascina il lettore la visione di certi passaggi familiari, come la maternità di un figlio, ma in questo caso è in arrivo una figlia, e non porta nessuna prosperità in una credenza popolare umile dove i maschi sono ancora visti, fin dalla nascita,prosperità e benessere. Bene, io credo che questo racconto, che ho appena cominciato a leggere, sia destinato ad avere un ottimo successo, ne ha i requisiti. In bocca al lupo, giovane scrittrice. La tua scrittura mi ha incollata al tuo tracconto con notrevole interesse, vorrò leggerlo tutto, x poterne ancora parlare bene. Anna Scarpetta
Anna Scarpetta aspetto con ansia la tua lettura completa del racconto, anche se hai già dipinto un ritratto chiaro e professionale di quella che è la storia di cui narra il racconto. Desideravo sollevare il tanto discusso problema dell’aborto selettivo a scapito delle “femmine”, attraverso però il punto di vista di un uomo. Il protagonista cercherà di dare alla figlia e alla moglie, le sue due donne, un dono prezioso. Forse il più prezioso a cui un essere umano ambisce. La libertà. In tutti i suoi aspetti. Buona lettura Anna, aspetto notizie.
P.S. Grazie per il tempo che mi stai dedicando.
Ciao Sonia,il tuo racconto mi è piaciuto moltissimo e leggerlo è stato emozionante.E’ intriso di amore.Bella la narrazione del rapporto del protagonista con la madre perchè è da quel periodo che scaturiscono in lui l’amore e il rispetto per le donne. Mi è piaciuto molto il tuo stile,con poche parole sei riuscita a dare un profilo chiaro ai tuoi personaggi.Complimenti e spero di leggere presto un altro dei tuoi racconti
Cara Lucia56 dici bene riguardo al rapporto di Rob e sua madre. Lui la adora e soffre maledettamente quando Severius la maltratta. Per lei Rob piange e il suo pianto di uomo, la tenerezza e il rispetto che prova per le donne, rappresenta in qualche modo per la madre la sua rivalsa a quella società. La speranza di un cambiamento. Infinitamente grazie Lucia56.
ciao sonia quello ke pensavo quando ho letto le prime pagine lo confermo a fine racconto, davvero emozionante e commovente! mi è piaciuto molto e lo consiglierei agli amici. davvero brava mi sembrava di essere li e vivere le sensazioni del protagonista! non sono un’esperta, ma amo la buona lettura e i racconti ke ti rendono protagonista, ke sanno emozionare come il tuo!complimenti e auguri x il futuro!di sicuro mi avrai tra i tuoi lettori! un bacio!
Cara Maria, ti ringrazio di cuore. Le tue parole fanno emozionare me. Sono felicissima di averti tra i miei lettori e di averti fatto vivere questa storia da protagonista. Ti abbraccio e… al prossimo racconto!!
Scrivi molto bene e riesci a trasmettere efficacemente le immagini. Il racconto è sicuramente emozionante e drammaticamente vero. Mi ha colpito il tuo stile, fatto di brevi periodi… scrivi sempre così oppure è stata una scelta legata al particolare racconto?
Caro Roberto, intanto ti ringrazio di aver letto il racconto. So che scrivi libri e il tuo parere è per me motivo di gioia. Non ho ancora un mio stile, sto imparando e prendendo coscienza di me e delle mie potenzialità. Questo grazie al corso di Moony Witcher che mi sta permettendo di crescere e di lasciarmi andare al mio mondo interno. Le frasi brevi sono comunque legate al racconto, sono state una scelta piuttosto spontanea. Sai quello che mi ha più colpito è una frase che mi hai detto su FB: sei entrato nella storia non da spettatore ma da protagonista. Non sai quanto ci speravo. Roberto grazie di avermi dedicato del tempo, la tua opinione è per me preziosissima. Un grande abbraccio anche se non ci conosciamo.
Un racconto ben articolato e sapientemente costruito, ricco di colpi di scena e tenero nel suo insieme. Fervido esperimento narrativo di coscienze ricollegate, personaggi accuratamente dosati e situazioni ben calibrate. Bellissimo il finale con la riunione della famiglia e il colpo di scena di Mauri ancora in vita. Uno di quegli atti narrativi che divengono da idea forma narrativa e da forma narrativa letteratura; un immenso augurio all’autrice e ancora complimenti!
Cordialmente
Gianni
Grazie di cuore Gianni. Le tue spiegazioni tecniche mi lusingano. Ho ancora tantissimo da imparare e c’è la sto mettendo tutta. Ma la mia priorità maggiore è quella di trasmettere i sentimenti che pervadono il mio cuore attraverso i miei personaggi. Farli diventare vivi e farli vivere di vita propria. Accetto con immenso piacere i tuoi auguri e spero vorrai in futuro leggere qualcos’altro di mio. Mille, mille grazie.
Sa come emozionare Sonia…questa tua “creatura” è degna di un’attenta riflessione. Mi sono soffermata su questa frase”Contrariato, mio padre lo chiamava spreco di tempo e denaro. Io ripensandoci, lo chiamo amore.”L’amore ha tanti misteri ed è come un gioiello prezioso formato da mille pietre brillanti la cui lucentezza si mescola e si amalgama…Per amore l’essere umano attiva una grande quantità di energia, combatte, si sottopone a prove, corre dei rischi, supera le difficoltà più terribili, smuove le montagne, attraversa gli oceani e cambia le regole del gioco!”È Maschio o femmina? “E’ semplicemente “VITA”..da scoprire,da sperare,da amare!!! Complimenti all’autrice…l’inchiostro di cui si è servita profuma ancora di “cuore”!!!
Carissima Giada è meravigliosa la tua descrizione dell’amore. Mi ci ritrovo in pieno. Speravo di avere tra i lettori del mio racconto persone dolci e sensibili come te. Credo nell’amore, nella sua forza e in ciò che può scaturire da esso. Grazie Giada.
Questo racconto mi ha entusiasmato veramente tanto…..complimenti all’autrice !!!!!!!
Patrizia sono felice di aver toccato il tuo cuore ed essere riuscita a trasmettere dei sentimenti veri. Grazie per averlo letto.
Mi è piaciuto molto : bello ed emozionante !
Un racconto a lieto fine con la speranza di un futuro migliore. …ma che ci ricorda una tragica regola che negli ultimi anni (con l’aborto selettivo ) ha eliminato dieci milioni di bambine e altre semplicemente sono “scomparse” soppresse o vendute.
Alcuni passi molto significativi di questo racconto :
Fino a quando potei ricevere le carezze di mia madre, mantenni il cuore leggero e gli occhi sognanti di un bambino. Le sue attenzioni furono la mia gioia.
Per me le donne sono la ricchezza di una casa, la parte bella di una giornata. Un bene per l’intera comunità, non un male di cui disfarsi come pensa mio padre e gli altri uomini del villaggio. Senza le donne come possiamo costruire una famiglia? Ci infondono il coraggio per affrontare i problemi e ci spingono a credere nei sogni.
«Farai grandi cose, figlio mio» mi ripeteva difatti mia madre mentre distribuivamo insieme i piccoli animali in legno che intagliavo per i bambini più poveri. Lei amava quei sorrisi ingenui, e io amavo la luce brillante dei suoi occhi. Contrariato, mio padre lo chiamava spreco di tempo e denaro. Io ripensandoci, lo chiamo amore.
Si piegò e da terra prese un uccello di carta rosso: il nostro aquilone. Lo porse a Nhavita sorridendole. Sollevò il viso e mi lanciò un’occhiata di tenerezza, non gliel’avevo mai vista un’espressione del genere, li vidi rincorrersi sotto lo sguardo del villaggio.
Vidi il futuro.
È Maschio o femmina? Sorrido.
Chi lo sa e cosa importa.
Un’altra vita. Da amare.
Cara Maria, il tuo commento mi ha molto emozionata. Si vede che sei sensibile all’argomento proprio come me. Il fatto di citare alcune frasi del racconto che ti hanno colpito mi ha fatto sorridere, grazie mille. Tengo molto a questa storia e per rispondere anche a Sebastiano85, penso che un singolo uomo può cambiare le cose e essere la molla d’esempio anche per gli altri.
Bellissimo…mi ha emozionato tantissimo…l’amore il vero amore ci fa andare avanti nonostante tutto…:) complimenti all’autrice…
Grazie Alessandra per i complimenti, felice di averti emozionato con la mia storia. L’amore è la forza che può superare qualsiasi barriera…
Di solito non leggo questo genere di racconti ma stavolta non mi è dispiaciuto. Mi ha trascinato l’amore del padre per la figlia al punto da sacrificare la sua vita e il voler cambiare le cose, provare a cambiare delle regole antiche.
Questo racconto mi è piaciuto tantissimo.E’ molto significativo. Una creatura che nasce è una gioia immensa e non conta se sia di sesso maschile o femminile. E’ un bellissimo racconto che mi ha colpito tantissimo. Mi è sembrato di vivere ogni momento della vita del protagonista principale, insieme alle sue emozioni, gioie, dolori, speranze e attimi di sconforto. Fa riflettere molto perchè ancora oggi in alcune parti del mondo le donne non vengono trattate bene e continuano a subire maltrattamenti quotidiani da parte dell’uomo. Stupendo il finale perchè la famiglia si riunisce felicemente e sorprende il colpo di scena di Masuri che è ancora in vita. Severius donando l’aquilone alla nipotina fa comprendere che nella vita dev’essere sempre accesa la fiamma della speranza per un futuro migliore…Complimenti all’autrice. Il racconto che ho letto mi ha emozionato tantissimo.
Mi fa piacere che il racconto ti sia piaciuto. Io l’ho scritto col cuore. Grazie Stellina83, troppo gentile.
MI HAI COMMOSSA DOLCE SONYA WUAOWWW CI SONO DEI PASSAGGI TOCCANTI E MOLTO SIGNIFICATIVI SEI STATA MOLTO BRAVA SONO FIERA DI AVERE UN AMICA COME TE BRAVISSIMAAAAAAAAAAAAAAA
Cara Krizia, che bello!! Alla fine il racconto lo hai letto pure tu!! Anche se non ci conosciamo di persona, anch’io sono contenta della tua amicizia facebookiana. Grazie per i complimenti. Sei una donna speciale!