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Da sette mesi la verità si nascondeva innocente nella pancia di Masuri. Mancava poco al parto. E quella nascita avrebbe scatenato la rabbia di Severius e il risentimento del villaggio beffato.
Durante quei mesi cercai di dire a mio padre come stavano le cose: il nipote che fremeva di conoscere in realtà era una femmina. Femmina, come mia moglie e come mia madre.
Ma quando mi facevo coraggio, cercando di trovare le parole giuste per spiegargli come stessero le cose in realtà, me ne pentivo quasi immediatamente. Vedevo chiaro nei suoi occhi il disprezzo per le donne. E mi rendevo conto che una semplice discussione tra noi due, non poteva cancellare i pregiudizi secolari di cui le donne erano oggetto. La nostra società è maschilista. E per quanto fin da piccolo, nell’avvicendarsi dei capi villaggio, avevo sentito decantare di uguaglianza, a Tabù Nari era solo un miraggio.
Il sesso femminile veniva relegato alla sottomissione e all’ubbidienza all’uomo. Una vita scandita soltanto da obblighi e proibizioni. Una sudditanza assoluta che avevo sempre trovato ingiusta. Forse per questo regalavo a mia madre ghirlande di bounganville con cui adornare il suo collo e non dimenticavo di portarle mazzolini di gelsomino, per farla sentire speciale, per farle dimenticare quell’odioso ruolo che il destino la chiamava ad assolvere.
Non ero più il bambino che si adeguava alle regole e taceva spaventato alla vista del bastone, ero cresciuto, oramai adulto e sposato, e tra poco anche padre, ma le discussioni con Severius non venivano a capo di niente e si traducevano in musi lunghi e intere giornate al laboratorio in un ostinato mutismo.
Decisi di non dirgli la verità.
Mia figlia Nhavita Pradesh nacque in America a Nova City, una cittadina nello stato di New York. Io e mia moglie fuggimmo per tempo da Tabù Nari. In realtà la nostra partenza, così pure il viaggio, lo programmammo in segreto e con largo anticipo fin nei minimi dettagli, e se andò in porto fu per merito di Steve Renèe.
L’uomo, felice di avere tra i suoi dipendenti un artigiano della mia maestria, tale era la considerazione che aveva di me, non appena lo contattai prese a cuore l’intera questione.
A New York, quale titolare di un mobilificio, Steve presentò domanda presso gli uffici competenti anticipando di propria tasca le spese, procurandomi il visto lavorativo senza il quale gli stranieri vengono rispediti indietro al proprio paese. Steve dichiarò inoltre che giunto in America sarei stato suo dipendente e si premurò di aprirmi un conto in banca, e persino di trovare una casa in affitto dove farmi alloggiare con Masuri.
Ai nostri occhi quell’uomo rappresentò l’ancora di salvezza per una vita migliore. Nei fatti scoprii più tardi che Steve Renèè era un uomo solo, un tipo pratico e generoso, ma completamente solo, con due figli maschi entrambi al college con cui non ardì mai d’instaurare un rapporto, essendo divorziato dacché i ragazzi erano molto piccoli. Spesso Steve eccedeva nell’alcol e in quei momenti si lasciava andare raccontandomi le sue avventure per il mondo, e confessandomi a fil di voce di essere un fallimento di padre.
Sorvolammo New York City prima di atterrare all’aeroporto. E fu quella la prima volta che vedemmo i grattacieli. Abituati alle capanne, alle baracche coi tetti in lamiera e di tanto, alla vista di casette in muratura, quei giganti dalle vetrate luccicanti ci lasciarono a bocca aperta. Masuri era entusiasta, pareva un uccellino pronto a spiccare il volo. Carezzandosi la pancia mi confidò che un giorno sperava di vivere lassù con la nostra bambina. Sul tetto di un grattacielo. E tanto in alto, tanto vicini al cielo da toccarlo con un dito, nessuno avrebbe distrutto i nostri sogni.
Sorrisi nel notare l’allegria dipinta sul suo volto di donna, rammentando invece l’espressione smarrita che aveva quando le rubai il primo bacio sotto la chioma del sandalo. Allora aveva diciassette anni, e dopo sei mesi divenne la mia sposa.
Adesso era una madre e moglie meravigliosa. Le promisi che se fosse pure sulle nuvole che voleva vivere gliela avrei portata, ma i nostri sogni stavano comunque diventando realtà.
E a niente e nessuno avrei permesso di distruggerli.
Masuri e Nhavita erano donne, non schiave né serve prive di diritti come ritenevano a Tabù Nari, come pensava mio padre, ed erano in America per acquistare la loro dignità. Per vivere una vera vita.
Per essere libere.
Libere di scegliere, di decidere, di vivere.
Libere da strascichi infondati di principi e consuetudini del passato.
Tabù Nari era dunque acqua passata, con le sue regole aspre, e l’autorità dispotica di Severius. E nessuno seppe della nostra partenza né tantomeno della nostra destinazione.
A volte mi domandavo cosa avesse pensato mio padre la mattina della fuga. Come l’aveva presa, se mai si era reso conto del distacco con cui mi trattava, senza mostrarmi un briciolo di amore, senza averlo mai mostrato alla mia cara Bontasa. Eppure era mio padre, e in fondo sapevo che il suo atteggiamento non era dettato dalla cattiveria. Imitava semplicemente i gesti sbagliati di suo padre, e suo padre di suo nonno e in quanto uomo quello degli altri uomini. Generazioni di convinzioni errate tramutate in gesti e idee. Del resto, almeno questo pensiero faceva sì che nonostante lo detestassi, una parte del mio cuore continuava a volergli bene.
C’erano delle volte invece, in cui mi sentivo un vigliacco. Prima gli avevo mentito, e poi ero fuggito. Avrei dovuto scontrarmi con lui perlomeno quando, con un tono che non ammetteva repliche, mi aveva spedito in ospedale con mia moglie.
Punto sul vivo, il dolore silenzioso che avevo patito per la morte di Bontasa, avrebbe finalmente trovato sfogo. Cambiando forse un sistema a cui non volevo più sottostare. Ma non lo feci. Forse papà si sarebbe fatto da parte, senza intromissioni nella mia vita e in quella di Masuri. Ma ne dubito considerato quanto è cocciuto.
Se avessi dato l’esempio a Tabù Nari, col tempo chi lo sa se la mentalità maschilista del villaggio avrebbe cominciato a vacillare?
Ma una femmina, come l’avrebbe accolta mio padre? L’avrei potuta trovare morta nella culla povera piccina, soffocata da qualche chicco di riso caduto casualmente nella sua gola. E Masuri, come accadde a mia madre, additata dal villaggio e da mio padre, per una poco di buono, solo perché portava in grembo una bambina. E trattata senza rispetto, costretta a sfamarsi delle briciole rimaste sul tavolo o addirittura allontanata dalla sua famiglia; e cosa ancora più terrificante, chiunque nel villaggio sarebbe stato in diritto di sfigurarle il viso con l’acido solforico e nessuno, nemmeno la legge, quella dei giudici e dei tribunali, avrebbe mosso un dito per lei.
Colpevole di procreare femmine.
No, questo non lo volevo, per questo mentii a Severius, per dare alle mie donne la gioia che meritavano.
I primi tre anni a Nova City furono splendidi.
Il sorriso di mia moglie e di mia figlia mi rendeva l’uomo più felice sulla faccia della terra, e l’entusiasmo mi sprizzava fuori da ogni poro.
Soltanto ora conoscevo la serenità di avere una famiglia.
Abitavamo in un appartamento al pianterreno di un edificio di cinque piani. Molto illuminato da due ampie finestre che davano sul cortile interno. Era un ambiente piuttosto piccolo, con un’unica stanza che fungeva da camera da letto e da cucina. Un ripiano cottura era addossato a un muro accanto a quattro sedie e un tavolo, al centro steso sul pavimento un materasso e c’era perfino un divano rattoppato su cui erano adagiati dei cuscini imbottiti di piume.
In fondo, nascosto da una porticina a soffietto sbucava un pertugio in muratura dotato di gabinetto e doccia.
Era molto meglio della capanna in cui ero nato. Anche Masuri era contenta della sistemazione che Steve ci aveva trovato: umile e ospitale come eravamo noi.
La casa era in una zona periferica ma non isolata. Numerosi i negozi di alimenti disseminati sotto i portici degli edifici circostanti, e a pochi isolati si svolgeva pure un mercato rionale dove vendevano qualsiasi cosa. Masuri ci comprava a buon prezzo, mercanteggiando frutta e verdura, stoffe e indumenti. Al villaggio non le era permesso di uscire da sola né tantomeno spendere denaro in piena autonomia.
La mattina prendevo la metropolitana, un mezzo velocissimo di cui non sapevo neppure l’esistenza, e raggiungevo il mobilificio, situato nei sobborghi della grande mela. Ma non dimenticavo di portarmi dietro il cofanetto degli arnesi da falegname per quanto fosse il simbolo tangibile della mia appartenenza ai Pradesh. In fondo, quel mestiere insegnatomi a suon di bastonate si era rivelato l’occasione per conoscere Steve Renèe, e iniziare carico di speranze tutto d’accapo.
Qui in America Nhavita poteva decidere della sua vita: studiare se lo voleva, sposare chi preferiva, e partorire figli, maschi o femmine che importanza aveva.
La vita ci stava regalando un’opportunità, e credetemi, avrei fatto qualsiasi cosa per regalare una vita migliore alla mia famiglia, e soprattutto per evitargli la sofferenza a cui era destinata se fossimo rimasti a Tabù Nari.
Questo racconto è fantastico ! Ha la capacità di catapultarti nella storia narrata !
Grazie Francesca, sono contenta di sapere che il mio racconto ti sia piaciuto.
Grazie Marco per aver letto il mio racconto! Contenta che ti sia piaciuto.
Bellissimo racconto.Faccio i miei complimenti all’autrice perchè ricco di significato…
Semplicemente …Brava!…Hai toccato un argomento molto forte… e con molta delicatezza riesci a trascinare il lettore…nel racconto_metafora di riflessione…dove l’amore prevale su tutto! Solo chi scrive con il cuore…riesce ad arrivare al cuore di chi legge…trasmettendo emozioni!…Complimenti!
Carissima Tiziana, anche tu sei arrivata al mio cuore con le tue affermazioni. Credere nell’amore anche quando il mondo sembra avercela con noi, anche quando la cattiveria si abbatte come un’onda sulle nostre vite, spazzandole e trascinandole alla deriva. E’ difficile crederci, ma è l’amore il vero e unico sentimento che potrebbe cambiare le cose. Almeno questo è quello che amo pensare. Un bacio e grazie.
Una storia bellissima, che mi ha davvero colpito e commosso. Ha toccato le corde della mia sensibilità e mi ha fatto riflettere. Scritta benissimo, anche. Complimenti!
Carissima Alessandra, sono onorata dei tuoi complimenti, anche perché provengono da una donna che ama scrivere e leggere come me. Questa storia nasce dal periodo di crisi che tutta l’Italia sta attraversando. All’inizio desideravo semplicemente far notare come da un momento all’altro chiunque può perdere tutto: famiglia, amore e persino casa. Quindi a finire in mezzo alla strada, proprio come i “barboni” che certa gente disprezza, ci vuole poco purtroppo. Poi ho inserito degli argomenti che mi stavano a cuore e il mix ha dato vita a ” La capanna sul grattacielo”, un grido di speranza al cambiamento. Un grazie particolare, merita Moony Witcher, che io definisco la mia mamma-maestra, il suo corso ti aiuta a scavare nei meandri più nascosti di te stessa, ti da modo di riflettere e credimi, mi ha dato siringate di fiducia. Ne avevo bisogno. Nel titolo trovi sia la capanna che il grattacielo. La capanna rappresenta la vera casa, i legami affettivi, ma anche le tradizioni, siano esse positive e negative. Il grattacielo è il cambiamento, la libertà, ma anche la modernità, con il suo carico positivo e negativo. La capanna sul grattacielo vuole essere un compromesso, l’invito a non accettare le cose solo perché si è sempre fatto così. A confutare le tradizioni. Grazie ancora Alessandra del tempo che mi hai dedicato.
Un racconto molto bello,una storia intensa che ti avvicina,sin dalle prime righe,a culture molto lontane dalla nostra,ma per certi aspetti fatte della stessa pasta,quando specchi di sentimenti umani,validi universalmente.Paure,risentimenti,spirito di rivalsa,speranza,accettazione incondizionata,amore,amicizia ecc,ecc, sono espressi dall’autrice in maniera formidabile,dal cuore alla penna!Complimenti e al prossimo racconto.
Grazie per il commento cara Denise. Mi fa un immenso piacere che i sentimenti espressi nel racconto ti siano arrivati così pienamente e abbiano toccato il tuo cuore. Io ce l’ho messa tutta. L’aborto selettivo è un argomento purtroppo, che sta prendendo sempre più piede. Quando finirà questa violenza verso le donne? Quando vivremo con amore? Il mio è solo un grido di speranza. A presto Denise, mille grazie.
Una delle cose più belle di questo racconto, è che dopo solo poche righe ho dimenticato di stare leggendo una storia scritta da qualcuno. Mi sono ritrovato immerso nella vita di Rob, il protagonista di Una capanna sul grattacielo, e ho vissuto con lui le sue esperienze e sentito sulla mia pelle le sue emozioni. I miei migliori complimenti a Sonia.
Daniele, averti suscitato simili emozioni mi riempie il cuore di felicità. Ho vissuto diversi mesi con Rob, le sue angoscie erano le mie. E come lui, avevo paura di non rivedere mai più Nhavita. Come vivere un’intera esistenza senza la propria figlia? In effetti Rob non è mai stato un personaggio per me. E adesso, grazie a te Daniele e agli altri lettori, so di averlo reso reale. Mille grazie.
Una produzione di ottimo livello, che testimonia una ricerca attenta dei costumi di una civiltà diversa, utilizzati poi con naturalezza. Un soggetto attuale, trattato con sensibilità femminile nella tessitura e nel dénouement, che dà all’intera narrazione quasi il carattere di una fiaba. Complimenti, amica mia carissima!
Mia cara Raffaella, intanto volevo ringraziarti di aver dato la precedenza alla lettura de “La capanna sul grattacielo” rispetto ai tantissimi impegni di cui giornalmente ti occupi. Noi ci conosciamo da quattro anni, accomunate prima dalla passione per la danza, poi dall’amore per gli animali. Negli ultimi due anni ci siamo ritrovate con un altro punto in comune, l’essere vegetariane, e adesso anche i libri… Sei una donna buona e gentile. Semplicemente grazie. Meraviglioso il tuo commento, spero di meritarlo col tempo. Sonia.
è un racconto improntato su di una storia vera, con radici tradizioni di un umile villaggio, ancora radicato in certe credenze antiche che si tramandano tra padre e figlio. La scrittura è fluida, solida, reale, dà forti immagini e si carica di colori attorno ai quali ruota un piccolo villaggio, con una comunità radicalmente riversata in una vita quotidiana sempre la stessa che non accenna a cambiare man mano che gli anni vanno avanti. Affascina il lettore la visione di certi passaggi familiari, come la maternità di un figlio, ma in questo caso è in arrivo una figlia, e non porta nessuna prosperità in una credenza popolare umile dove i maschi sono ancora visti, fin dalla nascita,prosperità e benessere. Bene, io credo che questo racconto, che ho appena cominciato a leggere, sia destinato ad avere un ottimo successo, ne ha i requisiti. In bocca al lupo, giovane scrittrice. La tua scrittura mi ha incollata al tuo tracconto con notrevole interesse, vorrò leggerlo tutto, x poterne ancora parlare bene. Anna Scarpetta
Anna Scarpetta aspetto con ansia la tua lettura completa del racconto, anche se hai già dipinto un ritratto chiaro e professionale di quella che è la storia di cui narra il racconto. Desideravo sollevare il tanto discusso problema dell’aborto selettivo a scapito delle “femmine”, attraverso però il punto di vista di un uomo. Il protagonista cercherà di dare alla figlia e alla moglie, le sue due donne, un dono prezioso. Forse il più prezioso a cui un essere umano ambisce. La libertà. In tutti i suoi aspetti. Buona lettura Anna, aspetto notizie.
P.S. Grazie per il tempo che mi stai dedicando.
Ciao Sonia,il tuo racconto mi è piaciuto moltissimo e leggerlo è stato emozionante.E’ intriso di amore.Bella la narrazione del rapporto del protagonista con la madre perchè è da quel periodo che scaturiscono in lui l’amore e il rispetto per le donne. Mi è piaciuto molto il tuo stile,con poche parole sei riuscita a dare un profilo chiaro ai tuoi personaggi.Complimenti e spero di leggere presto un altro dei tuoi racconti
Cara Lucia56 dici bene riguardo al rapporto di Rob e sua madre. Lui la adora e soffre maledettamente quando Severius la maltratta. Per lei Rob piange e il suo pianto di uomo, la tenerezza e il rispetto che prova per le donne, rappresenta in qualche modo per la madre la sua rivalsa a quella società. La speranza di un cambiamento. Infinitamente grazie Lucia56.
ciao sonia quello ke pensavo quando ho letto le prime pagine lo confermo a fine racconto, davvero emozionante e commovente! mi è piaciuto molto e lo consiglierei agli amici. davvero brava mi sembrava di essere li e vivere le sensazioni del protagonista! non sono un’esperta, ma amo la buona lettura e i racconti ke ti rendono protagonista, ke sanno emozionare come il tuo!complimenti e auguri x il futuro!di sicuro mi avrai tra i tuoi lettori! un bacio!
Cara Maria, ti ringrazio di cuore. Le tue parole fanno emozionare me. Sono felicissima di averti tra i miei lettori e di averti fatto vivere questa storia da protagonista. Ti abbraccio e… al prossimo racconto!!
Scrivi molto bene e riesci a trasmettere efficacemente le immagini. Il racconto è sicuramente emozionante e drammaticamente vero. Mi ha colpito il tuo stile, fatto di brevi periodi… scrivi sempre così oppure è stata una scelta legata al particolare racconto?
Caro Roberto, intanto ti ringrazio di aver letto il racconto. So che scrivi libri e il tuo parere è per me motivo di gioia. Non ho ancora un mio stile, sto imparando e prendendo coscienza di me e delle mie potenzialità. Questo grazie al corso di Moony Witcher che mi sta permettendo di crescere e di lasciarmi andare al mio mondo interno. Le frasi brevi sono comunque legate al racconto, sono state una scelta piuttosto spontanea. Sai quello che mi ha più colpito è una frase che mi hai detto su FB: sei entrato nella storia non da spettatore ma da protagonista. Non sai quanto ci speravo. Roberto grazie di avermi dedicato del tempo, la tua opinione è per me preziosissima. Un grande abbraccio anche se non ci conosciamo.
Un racconto ben articolato e sapientemente costruito, ricco di colpi di scena e tenero nel suo insieme. Fervido esperimento narrativo di coscienze ricollegate, personaggi accuratamente dosati e situazioni ben calibrate. Bellissimo il finale con la riunione della famiglia e il colpo di scena di Mauri ancora in vita. Uno di quegli atti narrativi che divengono da idea forma narrativa e da forma narrativa letteratura; un immenso augurio all’autrice e ancora complimenti!
Cordialmente
Gianni
Grazie di cuore Gianni. Le tue spiegazioni tecniche mi lusingano. Ho ancora tantissimo da imparare e c’è la sto mettendo tutta. Ma la mia priorità maggiore è quella di trasmettere i sentimenti che pervadono il mio cuore attraverso i miei personaggi. Farli diventare vivi e farli vivere di vita propria. Accetto con immenso piacere i tuoi auguri e spero vorrai in futuro leggere qualcos’altro di mio. Mille, mille grazie.
Sa come emozionare Sonia…questa tua “creatura” è degna di un’attenta riflessione. Mi sono soffermata su questa frase”Contrariato, mio padre lo chiamava spreco di tempo e denaro. Io ripensandoci, lo chiamo amore.”L’amore ha tanti misteri ed è come un gioiello prezioso formato da mille pietre brillanti la cui lucentezza si mescola e si amalgama…Per amore l’essere umano attiva una grande quantità di energia, combatte, si sottopone a prove, corre dei rischi, supera le difficoltà più terribili, smuove le montagne, attraversa gli oceani e cambia le regole del gioco!”È Maschio o femmina? “E’ semplicemente “VITA”..da scoprire,da sperare,da amare!!! Complimenti all’autrice…l’inchiostro di cui si è servita profuma ancora di “cuore”!!!
Carissima Giada è meravigliosa la tua descrizione dell’amore. Mi ci ritrovo in pieno. Speravo di avere tra i lettori del mio racconto persone dolci e sensibili come te. Credo nell’amore, nella sua forza e in ciò che può scaturire da esso. Grazie Giada.
Questo racconto mi ha entusiasmato veramente tanto…..complimenti all’autrice !!!!!!!
Patrizia sono felice di aver toccato il tuo cuore ed essere riuscita a trasmettere dei sentimenti veri. Grazie per averlo letto.
Mi è piaciuto molto : bello ed emozionante !
Un racconto a lieto fine con la speranza di un futuro migliore. …ma che ci ricorda una tragica regola che negli ultimi anni (con l’aborto selettivo ) ha eliminato dieci milioni di bambine e altre semplicemente sono “scomparse” soppresse o vendute.
Alcuni passi molto significativi di questo racconto :
Fino a quando potei ricevere le carezze di mia madre, mantenni il cuore leggero e gli occhi sognanti di un bambino. Le sue attenzioni furono la mia gioia.
Per me le donne sono la ricchezza di una casa, la parte bella di una giornata. Un bene per l’intera comunità, non un male di cui disfarsi come pensa mio padre e gli altri uomini del villaggio. Senza le donne come possiamo costruire una famiglia? Ci infondono il coraggio per affrontare i problemi e ci spingono a credere nei sogni.
«Farai grandi cose, figlio mio» mi ripeteva difatti mia madre mentre distribuivamo insieme i piccoli animali in legno che intagliavo per i bambini più poveri. Lei amava quei sorrisi ingenui, e io amavo la luce brillante dei suoi occhi. Contrariato, mio padre lo chiamava spreco di tempo e denaro. Io ripensandoci, lo chiamo amore.
Si piegò e da terra prese un uccello di carta rosso: il nostro aquilone. Lo porse a Nhavita sorridendole. Sollevò il viso e mi lanciò un’occhiata di tenerezza, non gliel’avevo mai vista un’espressione del genere, li vidi rincorrersi sotto lo sguardo del villaggio.
Vidi il futuro.
È Maschio o femmina? Sorrido.
Chi lo sa e cosa importa.
Un’altra vita. Da amare.
Cara Maria, il tuo commento mi ha molto emozionata. Si vede che sei sensibile all’argomento proprio come me. Il fatto di citare alcune frasi del racconto che ti hanno colpito mi ha fatto sorridere, grazie mille. Tengo molto a questa storia e per rispondere anche a Sebastiano85, penso che un singolo uomo può cambiare le cose e essere la molla d’esempio anche per gli altri.
Bellissimo…mi ha emozionato tantissimo…l’amore il vero amore ci fa andare avanti nonostante tutto…:) complimenti all’autrice…
Grazie Alessandra per i complimenti, felice di averti emozionato con la mia storia. L’amore è la forza che può superare qualsiasi barriera…
Di solito non leggo questo genere di racconti ma stavolta non mi è dispiaciuto. Mi ha trascinato l’amore del padre per la figlia al punto da sacrificare la sua vita e il voler cambiare le cose, provare a cambiare delle regole antiche.
Questo racconto mi è piaciuto tantissimo.E’ molto significativo. Una creatura che nasce è una gioia immensa e non conta se sia di sesso maschile o femminile. E’ un bellissimo racconto che mi ha colpito tantissimo. Mi è sembrato di vivere ogni momento della vita del protagonista principale, insieme alle sue emozioni, gioie, dolori, speranze e attimi di sconforto. Fa riflettere molto perchè ancora oggi in alcune parti del mondo le donne non vengono trattate bene e continuano a subire maltrattamenti quotidiani da parte dell’uomo. Stupendo il finale perchè la famiglia si riunisce felicemente e sorprende il colpo di scena di Masuri che è ancora in vita. Severius donando l’aquilone alla nipotina fa comprendere che nella vita dev’essere sempre accesa la fiamma della speranza per un futuro migliore…Complimenti all’autrice. Il racconto che ho letto mi ha emozionato tantissimo.
Mi fa piacere che il racconto ti sia piaciuto. Io l’ho scritto col cuore. Grazie Stellina83, troppo gentile.
MI HAI COMMOSSA DOLCE SONYA WUAOWWW CI SONO DEI PASSAGGI TOCCANTI E MOLTO SIGNIFICATIVI SEI STATA MOLTO BRAVA SONO FIERA DI AVERE UN AMICA COME TE BRAVISSIMAAAAAAAAAAAAAAA
Cara Krizia, che bello!! Alla fine il racconto lo hai letto pure tu!! Anche se non ci conosciamo di persona, anch’io sono contenta della tua amicizia facebookiana. Grazie per i complimenti. Sei una donna speciale!