LA CASA DEI MISTERI di Gaia Bigoni. Primo livello Bambini. Corso di scrittura on line

La Casa dei Misteri di Gaia Bigoni

– Corso bambini – Primo Livello

 

E’ il 20 gennaio e nevica fitto fitto. Sono in casa, da sola, e osservo dalla finestra i fiocchi che scendono lentamente. Vivo su una collina, proprio accanto al suo esatto centro. Ed è dalla mia cameretta che riesco a scorgerlo, insieme a quella nebbia che non lo abbandona mai. Chissà perché, non mi sono mai avvicinata a quel castello spettrale. Mi fa venire la pelle d’oca solo pensare a quella cancellata che lo circonda, nero come le piume del corvo e con degli spuntoni come punte delle lance preistoriche.

 <Chissà se ciò che mi ha raccontato Erica è la verità..> dico tra me e me, seguendo con lo sguardo un fiocco di neve che, trasportato da un soffio di vento, va a posarsi dentro al grande giardino del castello abbandonato.

 Erica è la mia migliore amica, andiamo a scuola insieme.

 Io mi chiamo Noemi e ho dodici anni.

 <Noemi, lo sai che cosa mi ha raccontato mia nonna? Hai presente quel vecchio castello, vicino a casa tua? Mi ha detto che, centinaia di anni fa, ci vivevano due strani signori. Avevano all’incirca l’età dei nostri genitori, sui 38. Beh, loro avevano l’abitudine di uscire alle 6:00 del mattino e di ritornare sempre alle 12:00 in punto. Non sgarravano mai di un minuto, sembravano dei robot programmati per fare sempre gli stessi gesti, gli stessi movimenti. Un giorno, però, sbagliarono. Era il 20 di gennaio, e nevicava tantissimo, un po’ come oggi, dunque. La signora indossava un gilet di lana molto pesante e spesso che, al ritorno, si è impigliato nell’albero di fianco al castello. Il marito ha cercato di aiutarla, ma più tiravano più la lana si intersecava con la neve e i ramoscelli. Sembrerebbe che, alle 12:01, i due siano spariti, nel nulla, senza più lasciare loro notizie. Strano, vero?>.

Ecco, adesso sapete ciò che mi ha spiegato la mia amica. Già, proprio strano. Chissà, magari è una semplice leggenda. Ma io sono sempre stata curiosa e adesso mi sono intestardita: voglio assolutamente andare a fondo di questa faccenda!

Mi alzo e mi infilo in fretta un maglione rosso porpora. Mi metto un paio di anfibi che arrivano poco sotto al ginocchio, un cappotto e prendo la borsa con dentro le chiavi di casa, dei fazzolettini e un piccolo blocco con una penna. Ho intenzione di interrogare qualche passante, in modo di scoprire qualche informazione in più. Appena apro la porta per uscire, sento la pelle del viso gelarsi. Fa davvero un gran freddo, sembra quasi di essere al polo nord! Cammino lentamente e mi apposto vicino alla fontana, ormai ghiacciata completamente, aspettando pazientemente che qualcuno passi. La prima che vedo è una vecchia signora che vive di fronte a me e, data l’età, penso che potrebbe essere un buon soggetto per iniziare. Mi avvicino e la saluto. La vecchietta, sempre sorridente, contraccambia il “buonasera” e fa per continuare la passeggiata, ma io sono più veloce e le chiedo: <Mi scusi, lei sa qualcosa su quel vecchio castello? Sa… devo.. Fare una piccola ricerca per la scuola e mi sembrava un buon soggetto!> mi invento, sperando che la signora non abbia niente di urgente da fare. Per la prima volta, da quando l’ho conosciuta, ho visto il suo viso oscurarsi. <Mi dispiace, ma temo che dovrai cambiare argomento. Quello non è proprio il castello più adatto sul quale svolgere una ricerca, te lo assicuro. Perché non provi con qualcosa di più classico, che so.. La torre di Pisa?> propone la vecchietta, riprendendo lentamente a sorridere. <Ehm.. Perché no?! Grazie mille, mi è stata di grande aiuto..> farfuglio, fingendomi di buon umore. Dentro di me, però, i punti interrogativi si fanno più grandi. “Perché mai non ha voluto parlarmi di quel castello? Cosa ci sarà di tanto orribile?” penso, guardando la signora allontanarsi a grandi passi, facendosi strada tra i grandi cumuli di neve ammucchiati. “Ok, io non mi arrendo! Proverò con un altro passante!” decido, facendo il grave errore di sedermi sulla fontana ghiacciata. Mi rialzo in piedi come se ci fossero stati mille chiodi appuntiti e torno alla posizione iniziale: in piedi, con le mani (ormai quasi ghiacciate anche quelle..) nelle morbide e calde tasche del cappotto. Aspetto per almeno dieci minuti e non passa anima viva. Decido di appostarmi un po’ più a destra, dove passa un po’ più gente, ma quasi non faccio in tempo a pensarlo che vedo un signore in lontananza camminare nella mia direzione. “Fantastico, quello è lo spazzino Jim! E’ simpaticissimo e sicuramente saprà qualcosa su quel castello, lavora qui da molto tempo..” penso, tornando sorridente. <Buonasera, Jim! Come stai?> gli chiedo, agitando la mano. Per me è come uno zio, spesso viene addirittura in casa ad aiutarmi a fare i compiti quando mamma e papà sono troppo impegnati col lavoro, oppure quando ero più piccola mi leggeva le favole.. Insomma, ho tanti bei ricordi legati a lui! <Oh, ciao piccola! Cosa ci fai qui fuori, nevica fortissimo! Dovresti essere a casa a sorseggiare una buona cioccolata calda!> mi dice lui, facendomi l’occhiolino per sottolineare le ultime parole. <Si, adesso rientro.. È solo che mi servirebbe il tuo aiuto!> tento, sperando che non rimanga sul vago anche lui. Appena Jim annuisce, chiedo immediatamente di spiegarmi qualche cosa sul castello, senza aggiungere la bugia del compito: con lui posso essere sincera. <Veramente.. Preferirei non parlare di quel castello, non è il posto per voi ragazzi! Piuttosto.. Perché non vai davvero a berti quella cioccolata calda, su!> mi incita, indicando casa mia. “Non è possibile!” penso, sgranando gli occhi. <Ma.. Perché non me ne volete parlare? Che cos’ha di tanto brutto quel castello?> insisto, sperando che ceda. Ma Jim è irremovibile e non mi resta che tornare a casa, sotto il suo occhio vigile che controlla ogni mio movimento. “Altro buco nell’acqua..” penso, sconcertata. Mi sforzo di mettere insieme i pochi tasselli che ho a disposizione, ma mi rendo immediatamente conto che sono troppo pochi. “Aspetta! Se andassi lì, magari ci capirei qualcosa.. Certo! Mancano esattamente due ore prima che i miei tornino dal lavoro.. Uhm.. Forse è meglio rimandare il tutto a domani, così informo anche Erica e qualche altro compagno, se volessero venire con me sarebbe più divertente e.. mi sentirei più sicura!” sono euforica per questa bella idea, ma qualcosa ancora frena il mio entusiasmo. “Però.. Quel castello fa una gran paura.. Non so se avrò il coraggio di entrarci!”. Cerco di non pensarci, per ora e mi concentro singolarmente sui compiti che ho davanti. “ODIO LE FRAZIONI!” penso, dopo essermi soffermata per più minuti su un’operazione complicatissima. La serata vola in fretta ed è già ora di andare a dormire. Mi giro e rigiro nel letto fino a mezzanotte, poi, finalmente, mi addormento e lascio per un po’ il mondo reale.

DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN!!

<Oh, No.. È già mattina?> sussurro, aprendo prima un occhio e poi, molto più lentamente l’altro. Spengo quel frastuono e scendo a fatica dal letto. Poi mi scuoto, ricordandomi che è il “grande giorno”, quello della spedizione! Faccio velocemente colazione e mi lavo i denti in fretta, in modo da avere il tempo di scrivere cinque bigliettini: “NON ANDARE SUBITO A CASA, DOPO LA SCUOLA! ASPETTA SOTTO CASA MIA! DEVO DIRTI UNA COSA IMPORTANTE! BY NOEMI.” Ho deciso che li avrei attaccati a un libro di Erica, Samantha, Elisa, Roberto e Kevin, i compagni di classe più simpatici. Corro a scuola nonostante manchino ancora venti minuti e trovo, come previsto, Samantha e Elisa che arrivano sempre molto presto. <Ciao, ragazze! Tenete questi!> dico immediatamente, allungando loro due dei biglietti. Li leggono attentamente e annuiscono. <Vi spiego oggi pomeriggio!> continuo, correndo via, perché ho visto arrivare Kevin e Roberto. L’ultima è Erica che arriva dieci minuti dopo. Sono tutti e cinque molto curiosi, ma non rivelo niente per non dare nell’occhio: ormai ci sono almeno una cinquantina di alunni nel piazzale e discorsi su castelli avvolti dalla nebbia non passerebbero certo per normali chiacchiere sportive!

Così mimo “dopo!” con le mani e, in quel preciso istante suona la campanella.

<Ragazzi, aprite il libro a pagine 50..> borbotta la scorbutica insegnante di matematica. “Uffa.. Speriamo che la mattinata passi velocemente, adesso non sto più nella pelle!” penso, osservando un’espressione con almeno cento numeri. Per fortuna il mio “desiderio” si avvera e le ore trascorrono piuttosto velocemente, grazie al fatto che la professoressa è chiamata ben tre volte in un’altra classe per chissà quale strano motivo. <FINALMENTE!> esulto, appena metto piede fuori dalla scuola. Approfittando del fatto che gli altri cinque sono, casualmente, vicini tra di loro, li trascino verso casa mia e spiego loro il piano. Rimangono tutti allibiti, soprattutto Erica, che mi conosce meglio degli altri e sa perfettamente che quel castello mi ha sempre dato i brividi. <Sei.. sicura?> mi chiede, infatti. <Certo! Sarà una bella avventura, non trovate? E poi se è disabitato non può sgridarci nessuno, no?> commento, anche se un briciolo di tensione è sempre presente e non sembra avere intenzione di lasciarmi. <Io ci sto!> risponde Kevin. Anche gli altri, dopo qualche secondo di esitazione, accettano. <Bene! Ho qui, dentro allo zaino, il pranzo al sacco per tutti. In più sei torce, una fune (non si sa mai..) e sei walkie talkie.> annuncio, tirando fuori l’attrezzatura e porgendo i panini al prosciutto, formaggio o salame. <Sei proprio attrezzata!> commenta Elisa, strizzandomi l’occhio e divorando il suo panino. Dopo il pranzo, durato non più di un quarto d’ora, osserviamo l’albero della “leggenda” che mi ha raccontato Erica a pochi metri di distanza. Mi faccio coraggio e mi avvicino. “Hey!” penso, notando un pezzo di lana infilato in un rametto. “Che sia.. Quella della signora? Ma no, non può essere..sarà una semplice coincidenza, ecco tutto!” scaccio via quell’assurda idea, anche se devo ammettere che la cosa mi spaventa un po’. Il castello è sempre avvolto da quella sottile nebbiolina inspiegabile. <Mi sa che dobbiamo scavalcare!> annuncia Roberto, tenendo la pila in una mano e il walkie talkie dall’altra. Si arrampica sul cancello ghiacciato. <Ma sei matto? Potresti scivolare!> esclama Samantha, spalancando gli occhi. <Tranquilli.. Sembra ghiacciato, ma in realtà non c’è traccia di neve! E’ incredibile, ma è la verità! Toccate una sbarra!> ciò che dice Roberto ci sembra un’assurdità, ma dopotutto provare non costa niente. Tocco con la mano gelata uno spuntone e avverto quasi un leggero.. Calore! <Com’è possibile..> sussurro. “Beh, non c’è tempo!” penso, scrollandomi e scavalcando il cancello. Anche gli altri mi imitano e, in men che non si dica, siamo dentro. <Una volta, ho sentito un signore parlare con un suo amico di questo castello! Per caso ho scoperto che tutti lo considerano una casa dei misteri, ovvero una casa stregata! Non sono riuscita a capire benissimo per quale motivo, ma dalla faccia cupa del signore ho capito che non deve essere niente di piacevole!> annuncia Samantha. <Già.. Anche io ne avevo sentito parlare! Dicono che ci siano addirittura degli spettri, ma sinceramente non ci credo..> ammette Roberto. Accendono le pile, perché in quel posto lugubre, nonostante sia a due passi dal resto del mondo (dove sono ancora le 14:00..), sembra notte fonda.

<Accidenti, qui è tutto così.. Spettrale!> commenta Erica, facendo leggermente tremolare la voce. <Se avete paura.. Possiamo tornare indietro!> aggiungo, che ho la tentazione di scappare da questo terrificante posto a gambe levate. <Ma no, proseguiamo! Voglio esplorarlo per bene questo castello!> risponde invece Kevin, spostando la flebile luce della pila verso la porta d’ingresso. Un corvo, tanto per “rallegrare” l’atmosfera, lancia un grido e si alza in volo appena Samantha tocca la maniglia per entrare. “Fantastico.. Proprio come nei film horror! Ma dove siamo capitati?” mi chiedo, pentendomi immediatamente della scelta improvvisa di visitare questa specie di casa stregata. La porta si apre con un leggero sibilo a un tocco di Elisa e, facendoci coraggio, entriamo in fila indiana. <Bene.. Fin qui tutto a posto, no?> sussurro, come per cercare di tranquillizzare gli altri, ma soprattutto me stessa. <S-sì..> la risposta di Samantha arriva come un soffio lontano mille anni luce. <HEY, DOVE SIETE FINITI?> urlo, appena sposto la luce della pila da un muro qualsiasi al punto in cui, in teoria, dovrebbero esserci i miei amici. Sono spariti tutti, sono da sola!

“Ok, niente panico.. Ci deve essere una spiegazione logica! Magari hanno visto una luce e l’hanno seguita, mentre io ero soprappensiero.. No, non può essere, mi sono voltata solo per qualche istante, troppo poco per riuscire a dileguarsi in questo modo!” la mente si riempie di pensieri, prima che riesca a notare un fatto molto insolito. <Un momento.. Mi sembrava che.. Qui non c’era un muro?!> sussurro sbalordita, fissando un corridoio apparso dal nulla dove prima c’era la parete illuminata dalla mia torcia. Mi volto con l’intenzione di correre via, verso la porta, ma sbatto contro.. <IL MURO!>. Ecco dov’era finito! Si era.. Spostato?! “Adesso da dove proseguo? L’unica via è questo corridoio.. Sembra una specie di via che porta a un labirinto, se mi perdo sono fritta! Ma d’altronde.. Anche se resto qui sono fritta! Quindi tanto vale tentare!”. Corro nell’unica direzione possibile e mi ritrovo in una stanzetta buia che assomiglia a un salotto. Ci sono almeno cinque quadri su ogni parete, un grande lampadario acceso, due poltrone rosse affiancate e un vecchio televisore. Sembra una stanza che risale al novecento.. Tra l’altro lo stiamo studiando proprio in questi giorni, quel periodo! Beh, è normale che sia così.. Qui ci hanno abitato centinaia di anni fa. Mi sento leggermente più a mio agio, anche perché il panorama adesso assomiglia alla casa di mia nonna, ovviamente togliendo il fatto che questo è un castello vero e proprio e che è su due piani, non come la vecchia cascina della nonna Iris. Osservo il tappeto: sembra posizionato proprio al centro della stanza, non un millimetro più a destra o a sinistra. “Erano tipi precisi..” penso, posando lo sguardo su una grande libreria, su cui ci saranno almeno un migliaio di libri vecchi, alcuni ammuffiti o ingialliti. Almeno la metà sembra composta tutta da “La Divina Commedia” da quanto sono spessi quei volumi! Mi avvicino e leggo un titolo a caso: “La Casa Stregata: le verità e le bugie”. Ironia della sorte.

<MI SENTIIIIIIIIIIIIIIIIIITE??> io non posso saperlo, ma dall’altra parte del castello sono rinchiuse Elisa e Samantha. Si sono ritrovate in soffitta, una buia, polverosa soffitta, abitata da ragnetti e topi. Non poteva esserci stanza peggiore, per Samantha! Odia tutti gli animali che assomigliano, anche solo lontanamente, a insetti o molluschi. Per non parlare degli aracnidi! Se ne vede uno è capace di svenire! Decidono di mantenere la calma e di continuare a chiamare rinforzi con il walkie talkie, perché di porte non ve n’è traccia.

C’è qualcun altro intento a far funzionare il walkie talkie. E’ Erica, chiusa al piano superiore nella stanza esattamente sopra alla mia, ma non sento alcun rumore di passi o nessun grido, come invece sarebbe logico udire. Più precisamente è in una camera da letto. C’è una scrivania alta all’incirca un metro, con sopra mille oggettini diversi. Sembra un bazar! Fermagli, carillon, matite, libricini, un blocco ingiallito, qualche spilla, bottoni, una piuma d’oca, un barattolino con una sostanza nera (probabilmente inchiostro vecchio centinaia di anni..) e numerose altre cose. Probabilmente, se non fosse stata impaurita e sola, si sarebbe incantata nell’osservare quel bellissimo “mercatino”. Lei adora gli oggetti, ha un sacco di collezioni, alcune molto ricche che lei considera tesori, che fanno invidia ai negozi più forniti!

Intanto Kevin e Roberto sono rimasti insieme. Sono tornati in giardino e la casa e scomparsa sotto ai loro occhi, nello stesso istante in cui io mi sono accorta di essere da sola. <Che cosa ci facciamo di nuovo qui? E dove sono le ragazze?> domanda immediatamente Kevin. <Non lo so.. C’è stato una specie di lampo accecante, poi mi sono ritrovato qui, come del resto tu..> risponde semplicemente Roberto, scrollando le spalle.

Ammiro, rapita, ogni singolo libro. Sono proprio tantissimi! Vorrei sedermi su una poltrona e leggerli tutti, uno ad uno. Quando ho imparato a leggere e andavo a casa di nonna Iris, sceglievo sempre un libro dalla sua vastissima raccolta di volumi di tutti i generi e mi esercitavo. Quanto mi piace leggere! Adesso, però, non c’è tempo. Corro verso l’uscita e vedo, davanti a me, una lunghissima scala a chiocciola. La salgo cautamente, avvolta da scricchiolii sinistri per ogni passo fatto e raggiungo il piano superiore. E’ solo allora che sento sia la voce di Samantha, che quella di Elisa, di Erica e quella dei ragazzi. <Kevin e Roberto a ragazze! Ci sentite? Passo!> gracchiava il walkie talkie. <Io vi sento!> rispondo, felice di avere un contatto con loro. <Anche io!> rispondono in coro le ragazze. <Dove siete? Noi di nuovo in giardino, non sappiamo come ci siamo finiti. Passo.> avverte Roberto. <Io sono alla fine delle scale a chiocciola, vale a dire all’inizio del secondo piano..> comunico. <Non saprei.. Credo di essere al secondo piano anche io, ma non ho il coraggio di guardare alla finestra per confermarvelo!> ammette Erica. <Noi siamo chiuse in soffitta! AIUTO, c’è un ragnoooo!!> urla Samantha, cedendo il walkie talkie a Elisa e correndo a rintanarsi dentro a una specie di scatolone. Mi scappa un risolino, che contagia immediatamente gli altri, perfino la “temeraria” Samantha. <Arrivo, ragazze! Passo e chiudo.> avverto, mettendo il walkie talkie in tasca e dirigendomi verso una porta a caso. Ne apro una e, fortunatamente, è quella giusta: Erica mi abbraccia come se fossi un pompiere che porta via una ragazza ferita da una casa incendiata e mi chiede come ho fatto a trovarla. <Che domande.. Ho aperto la porta e..> non riesco a finire la frase. Non c’è più alcuna porta! Non esiste più la stanza nella quale, un momento prima, eravamo! Adesso c’è solo una lunga parete e, in fondo, una scala che porta alla soffitta.

<Ok, arriviamo anche noi! Passo e chiudo!> dice Roberto, buttandosi immediatamente verso la porta. <Stiamo calmi, magari c’è qualche altra trappola..> Kevin non è tranquillo, ma decide che non può lasciarci sole, così affronta nuovamente questa stramba casa stregata.

<NOEMI! ERICA! Che bello vedervi!> siamo in soffitta e si ripete la scena: Samantha mi butta le braccia al collo, manco fossi un’eroina. <Dai, stai calma!> le dico infatti, sorridendole e osservando la sua carnagione che, lentamente, torna del suo colore originale. <Prima era bianca come un lenzuolo, soprattutto quando ha scoperto che ci sono dei ragni..> mi sussurra Elisa, guardando teneramente la nostra amica. <Usciamo di qui, prima che ci siano altre sorprese!> interrompe Erica, ma è troppo tardi: la porta dalla quale io e lei eravamo entrate è nuovamente scomparsa, imprigionandoci lì. <Oh, meraviglioso..> sussurro, in preda a una crisi nervosa.

<Ho sentito un rumore strano..> dice intanto Roberto, riferendosi al sinistro cigolio della porta scomparsa. <Anche io, ma non ho capito cos’era.. Boh, forse un topolino!> taglia corto Kevin, salendo le scale a chioccola per raggiungere la soffitta. <Hem.. Le ragazze non avevano parlato di QUESTO.. Vero?!> la voce del ragazzo, che ha preceduto Roberto, è tremolante. <Che cosa?> chiede l’amico. Ma non c’è bisogno che dica niente. Appena Roberto gli è accanto e vede lo strano e spettrale spettacolo diventa bianco di paura. C’è un lunghissimo corridoio con almeno cinque lampadari che vanno su e giù, ripetutamente, come in una strana danza. In più le porte, situate alternativamente a destra o a sinistra, sbattono e cigolano. Una risata agghiacciante non dà loro il tempo di scegliere se proseguire o scappare a gambe levate. Si ritrovano direttamente in soffitta, accanto alle amiche. <Ma come..> inizio io, vedendoli apparire alla mia destra. Kevin scrolla le spalle e Roberto alza le mani, segni che fanno immediatamente capire che loro non ne sanno più di noi.

<Ok, di qui non si esce.. Che si fa?> domanda Erica, avvicinandosi cautamente alla finestra. Sotto vede il vuoto abissale: solo nebbia. <Forse se legassimo la corda a qualcosa e scendessimo dalla finestra..> ipotizza Roberto, ma a me non pare una grande idea. <Impossibile, per due motivi: primo, la corda non è tanto lunga da arrivare fino a terra (o anche solo a una misura da cui si possa saltare). Secondo.. Non sono brava ad arrampicarmi sulla corda! E che io sappia neanche loro..> termino, indicando le mie amiche. Queste ultime annuiscono.

Decidiamo di aspettare: qualcosa dovrà pur succedere! Infatti, appena dieci o forse quindici minuti dopo, sentiamo un’altra risata, simile a quella udita da Roberto e Kevin. Questa volta, però, ha un suono più roco.. La voce sembra maschile. <Chi va là?> chiedo, con voce tremolante.

<Perché siete venuti in questo castello?> domanda qualcuno, questa volta una voce femminile.

<Non volevamo disturbare nessuno.. Credevamo fosse disabitato e..> azzarda Samantha, ma l’uomo la interrompe. <Non è disabitato! Insomma.. Non esattamente.> mormora, infatti.

D’un tratto sentiamo qualcuno singhiozzare. <Siamo gli spettri della coppia che, un tempo, ci viveva.> spiega la donna, tra una lacrima invisibile e l’altra. Appena sento questa notizia mi vengono i brividi. <Che cosa è accaduto?> domando. L’uomo fa un respiro profondo, poi una luce argentata investe un angolo della stanza e appaiono due corpi, apparentemente normali. <Ecco, questi eravamo noi più di cento anni fa..> rivela la donna. Erano bellissimi e lei portava lo stesso gilet del giorno in cui è scomparsa (o almeno credo.. È rosso e ha, su un fianco, due o tre fili tirati..).

Siamo spaventati ma allo stesso tempo affascinati. Ci sediamo per terra, in silenzio, ad aspettare tutto il racconto. <La verità è che noi siamo sempre stata una piccola famiglia molto particolare. Non credevamo particolarmente alle leggende, ma ci sono sempre piaciute. Così, appena abbiamo saputo che su questo castello circolavano voci strane (maledizioni e spiritelli, per di più) siamo corsi a comprarlo. E’ stato il più grosso errore della nostra vita. Una maledizione c’era davvero. Eravamo obbligati ad uscire a una determinata ora e rientrare ad un’altra, senza poi poter più mettere naso fuori. Se tardavamo di un minuto.. Allora per noi sarebbe finita. Tra l’altro qui ci sono tutti gli spiriti delle persone che, prima di noi, hanno voluto venire ad abitare qui. Alcuni di loro sono malvagi e, due in particolare, si divertono a fare scherzi sciocchi ai ragazzini come voi che, spinti dalla curiosità, vengono a vedere che cosa si nasconde in questo castello. Ma dovete stare attenti! Se rimanete qui più di ventiquattro ore, farete la nostra stessa fine e sarete costretti a rispettare i nostri stessi orari per tutta la vita! Anche dopo la vostra morte, naturale o non, sarete per sempre rinchiusi qui dentro.> racconta l’uomo. <E’ orribile! Continuate, cos’è successo di preciso quel giorno?> chiede Elisa. <Beh.. Quel giorno ho avuto la sciocca idea di raccogliere, lungo la strada, una mela da quell’albero. Già, un tempo era rigoglioso e dava buonissimi frutti, non come adesso che è vecchio e rinsecchito. Non l’avessi mai fatto. Sono rimasta impigliata lì e, nonostante tutti i nostri sforzi, non siamo riusciti a liberare il mio gilet. Ecco com’è andata.> termina sconsolata la donna, sul punto di rimettersi a piangere. <E’ una storia tristissima. Non possiamo fare nulla per voi?> chiedo, sperando con tutto il cuore che la risposta sia “si”. <Veramente.. Una cosa potreste farla! Sareste davvero gentili e vi saremmo eternamente riconoscenti!> si illumina l’uomo.

<Se riusciamo con grande piacere!> accetta per tutti Kevin.

<Innanzitutto dovete uscire da questo castello, ma non sarà un problema: possiamo aiutarvi noi. Poi dovete trovare il modo, entro le 12:00, di tagliare via, comprese le radici, l’albero in cui mi sono impigliata. Se riuscirete in questa impresa, saremo tutti liberi di uscire di qui. Alcuni che sono morti per colpa di questa maledizione, come noi, potranno tornare a vivere. Altri che sono diventati spettri per altre ragioni potranno, finalmente, riscoprire la libertà. Ma dovete fare in fretta: forse non ve ne siete accorti, ma è passato molto tempo da quando siete entrati in questo castello. Sono già le 11:00!> esclama la donna. Noi cinque non possiamo credere alle nostre orecchie. Com’è possibile? <Beh, adesso uscite da quella porta e cercate un modo per distruggere l’albero!> termina l’uomo, indicando una piccola porticina appena apparsa. <Certo!> esclamiamo in coro, colmi di gioia. Non solo possiamo uscire, ma abbiamo anche il modo di aiutare quelle povere persone.

<Credi che ce la faranno? Molti hanno già tentato e altri, dopo questa promessa, sono fuggiti senza neanche provarci..> ricorda a capo chino la donna. <Loro mi sembrano ottimi ragazzi. Vedrai, è la volta buona!> la rassicura il marito, abbracciandola.

<Siamo fuori!> esulto, correndo verso il mondo reale. Adesso, intorno a noi non c’è più nebbia ma un bel sole caldo che sta lentamente sciogliendo la neve. Ci fermiamo tutt’intorno all’albero. <Sembra più secco del solito..> commenta Samantha, toccando un rametto. <Come facciamo a toglierlo? Poi, le radici.. È impossibile!> commenta Roberto, osservandolo come se lo vedesse per la prima volta. <No, non è impossibile.. Ma è difficile!> lo correggo io, abbozzando un sorriso.

<Chissà com’è andato il compito in classe..> mormora invece Elisa, distraendosi un attimo. <Ma ti sembra il momento di pensare alla scuola?!> la rimprovera Erica, mettendosi le mani sui fianchi.

<ELISA, SEI UN GENIO!> esclamo, invece, io. <Hem.. Grazie.. Perché?> chiede lei, confusa. <Su che argomento era il compito di scienze?> domando. <Beh.. Sulla natura.> risponde Roberto. <Esattamente. E abbiamo studiato che gli alberi, per vivere, hanno bisogno della fotosintesi clorofilliana. Che cosa serve per far sì che la fotosintesi avvenga?> chiedo ancora. <Serve la luce del sole e la.. LA LINFA!> esclama Samantha, che ha capito dove voglio arrivare. <Giusto! Per cui.. Cosa succederà se priviamo questo albero della linfa?> continuo, sorridendo. <L’albero morirà! Certo! E’ già secco, quindi non ci vorrà molto!> termina Kevin, raggiante. <Mettiamoci al lavoro! Dobbiamo forare in qualche modo le radici, così acqua e sali minerali non passeranno più e la linfa grezza non potrà salire verso il tronco!> spiega Erica, mettendosi a scavare nella neve a mani nude. <Ma dobbiamo fare in fretta! Manca un quarto d’ora!> avvisa Elisa, aiutando l’amica insieme a tutti noi. Scaviamo freneticamente e, finalmente, troviamo la terra. <Coraggio, non deve mancare molto!> aggiungo, quando ormai mancano si e no cinque minuti. E’ una vera e propria corsa contro il tempo, ma sappiamo che abbiamo le carte per vincerla. <ECCOLE!> esultiamo, toccando qualcosa di duro. <Non sarà una passeggiata farci un buco! Sono ancora belle spesse!> commenta Samantha. <Aspetta.. La corda! Potremo legare le radici e poi tirare, tutti insieme, l’altro capo! Così si dovrebbe sradicare dal terreno!> propongo. Siamo tutti d’accordo, così leghiamo velocemente la corda a tre o quattro radici, facendo nodi belli spessi e tiriamo con tutte le nostre forze. Tiriamo, tiriamo, tiriamo e tiriamo.. Poi sentiamo un “CRICK”, simile a un vaso di cristallo che và in frantumi. Non crediamo ai nostri occhi: l’albero sta… andando in pezzi! Proprio la fine che fanno, a volte, i piatti di casa mia..

<Ce l’abbiamo fatta!!!> gridiamo, colmi di gioia. Piano piano la nebbia intorno al castello si dirada e una folla di gente esce, urlante, dal castello. Altrettanti spiriti, liberi da quello che sembrava un eterno maleficio, volano di qua e di la, come impazziti. <GRAZIE!> urlano tutti in coro, mentre assaporano il piacere di essere di nuovo vivi.

<Noemi, Noemi!> una voce mi chiama, ma non capisco da dove viene.

Apro gli occhi. Sono sdraiata in camera mia, sul mio letto. “No.. Non può essere..” penso, sbarrando gli occhi e sedendomi di scatto. <Sveglia, dormigliona! E’ ora di prepararti per la scuola!> mi annuncia mia madre dalla cucina. <Si, arrivo!> rispondo. “No, sono convinta che non sia stato un sogno.. Era troppo reale!” continuo a ripetermi, ma per quanto cerchi segni di realtà in quella bizzarra situazione, non ne trovo. Eppure, se solo mi affacciassi alla finestra, noterei non solo che il castello non è più avvolto nella nebbia e che il famoso albero rinsecchito non c’è più.. Ma anche che c’è una bellissima coppia che, ridendo, osserva compiaciuta tutta la scena.

Gaia Bigoni

7 pensieri su “LA CASA DEI MISTERI di Gaia Bigoni. Primo livello Bambini. Corso di scrittura on line

  1. Gaia sei bravissima e te l’ho già detto molte volte.
    Complimenti per questo racconto che mi è
    piaciuto moltissimo!!!
    Continua così e fammi leggere presto un’altra tua storia!!!!
    Bacioni tesorino a te e alla tua fantastica mamma!
    Dolci&family

  2. carissima Gaia…quanto ti adoro!!!!!!!, sapevo..anzi avevo intuito questo tuo dono della scrittura…hai un bellissimo linguaggio, anchegrazie alla tua cultura..al tuo studio sempre attento.
    Sei fantastica…nel leggere mi sono commossa perchè ti vedevo nei miei occhi…sei sulla strada buonisssima…e.sì lo ammetto sono un pò gelosa….ah ah
    la tua mamma è felice e ne ha tutta la facoltà.
    è un sentimento che si prova ogni volta che sento dire il tuo nome…ti voglio bene..anzi..te ne vogliamo tutti immensamente.
    continua così….e alla prossima….un bacino..mamy..opsssss..bigmamy

  3. Avevo da tempo fiutato il talento di Gaia, ma devo confessare che la realtà (dello scritto) ha superato le mie aspettative! Qui abbiamo una promettente scrittrice in erba.
    Complimenti tanto affettuosi quanto obiettivi!

  4. Complimenti a Gaia Bigoni, non vedo l\’ora di leggere il tuo prossimo racconto.
    Sono curiosa di sapere cosa combinano Noemi e i suoi amici!
    A presto!
    Rossella

  5. Complimenti vivissimi a Gaia per questo racconto davvero splendido.
    Tiene avvinti dall\’inizio alla fine, una continua suspance, come se da un momento all\’altro possa capitare un qualcosa che dà i brividi.
    La fine poi è molto bella, con quel tocco romanticismo scenico che va benissimo anche in un racconto giallo-fantastico come questo.
    Ancora i miei complimenti a Gaia.
    Vito Montalbò

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