RITORNO A CASA di Giulia Acquistapace – Secondo Livello Adulti. Corso di Scrittura Online

Dopo mezz’ora fra presentazioni e sorrisi, era come se si conoscessero da una vita.
Ed eccoli lì, a camminare lungo il lungotevere Flaminio, diretti verso casa.
Omobono ascoltava il fiume in piena che usciva dalle labbra della ragazza che raccontava di come aveva deciso di andare a correre per combattere i chili di troppo che il suo lavoro le imponeva: da qualche mese faceva la panettiera al forno proprio lì, all’angolo fra via Masaccio e viale Pinturicchio. Non ci era mai passato? No? Doveva assolutamente assaggiare la torta cioccolato e ricotta! Non gli piacevano i dolci?! Non ci credeva.
Quando si salutarono Livia aveva tanto insistito che Omobono aveva promesso: la mattina dopo, lunedì, sarebbe passato per assaggiare il cornetto alla crema.
Attraversato il Ponte della Musica, si separarono, diretti ciascuno verso la propria casa.
Non ci furono scambi di numeri o altro: c’era un appuntamento ad attenderli.
Omobono fece quei pochi metri che lo separavano dalla casa che aveva affittato in via Pannini
al ventinove, stupito di come quell’incontro fortuito l’avesse tanto rapidamente distratto dal pensiero del lavoro.
Il giorno successivo si alzò di buon ora. Scelse dei vestiti alla mano (uno dei vantaggi di lavorare in centrale era proprio quello di non essere costantemente obbligato all’uniforme!) e si presentò puntuale.
Un profumo sublime filtrava dalla porta che si apriva e chiudeva all’andirivieni degli avventori più o meno abituali.
Il ragazzo entrò e quasi non riuscì a riconoscere Livia: la folta chioma di ricci rossi era raccolta in uno chignon, a proteggere le bontà che maneggiava con cura ed amore e che consegnava ai clienti nel sacchetto riportante il logo e il nome del locale “Dolce Forno”.
“Ehi, benvenuto!”, fece lei sorridendo con gli occhi non appena lo vide.
La brioche che gli offrì era buonissima.
I clienti invadevano con insistenza il locale e Omobono provò l’intenso desiderio che tutti sparissero, lasciandoli soli a gustarsi quella strana intimità che si era creata col dono del dolce.
Fu Livia di nuovo a parlare:
“Senti, ora qui c’è tanto da fare e di sicuro tu dovrai andare al lavoro…”
“Sì, certo”, fece Omobono riscuotendosi.
E dopo una breve esitazione aggiunse:
“Stasera vai ancora a correre? Magari vengo a controllare che non inciampi in qualcosa d’altro…”
La giovane commessa rise:
“No, stasera niente corsetta, sono invitata da Romina!”, facendo cenno con il capo all’altra panettiera che condivideva con lei il bancone.
“Ma dopodomani sono libera.”

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