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Incontrando Loredana Frescura

Benvenuta. E’ un piacere averla qui con noi.Loredana Frescura per quelli che ancora non la conoscono cosa possiamo dire di lei?

Sono una persona che ha prima riconosciuto e poi inseguito una passione con determinazione, molto sacrificio e lavoro e che vive con semplicità con i suoi figli, un cane goloso (che riesce a fare gli occhi dolci a chiunque gli prometta cibo) e tiene la porta della sua casa ben aperta per gli amici, grande ricchezza di ogni vita.

Prendendo in prestito una citazione famosa?

“Vorrei che tutti leggessero, non per diventare letterati o poeti , ma perché nessuno sia più schiavo” Gianni Rodari

Parliamo del suo ultimo romanzo “Scrivimi solo parole d’amore”, un romanzo davvero emozionante, romantico e reale. Da quali suggestioni, idee, esperienze ha preso vita?

Ho pensato e sperimentato tante volte quanto sia facile avere paura delle diversità e quanto poco ci riconosciamo diversi noi rispetto ad altri. Se ci pensiamo un attimo non possiamo non sorridere di questo. Ognuno di noi è portatore di diversità e quindi sono contraria alle etichette…i diversamente abili…non capisco cosa significhi. Io sono diversamente abile in moltissime cose, ognuno di noi lo è. Ho cercato di raccontare attraverso Bianca e Vincenzo sia la storia di un popolo , i rom, sia la storia di due ragazzi che, giudicati “ diversi”, affrontano con dignità e forza , le difficoltà legate naturalmente alla crescita e quelle dovute al confronto con un mondo che spesso ha paura di mettersi in discussione.

I personaggi. E’ molto facile identificarsi con Bianca, con il suo desiderio talvolta di normalità , di vivere nell’amore e nella semplicità. Cosa ci può rivelare su di lei…qualche segreto?

Bianca è una creatura che ritengo meravigliosa, che è capace di prendersi cura degli altri, affamata d’affetto e d’amore; conosce il dolore dell’abbandono e dopo aver costruito barriere intorno a sé per non soffrire, è capace di smantellarle quando prende coscienza della propria identità di persona.

Ah sì…sa cucinare un’ottima ciambella alla vaniglia.

Su suo padre?

Romolo-attento. Bianca lo chiama così. Romolo è colui che per amore ha cambiato la sua vita. Il cambiamento può avvenire dentro e fuori di noi. Ci si può modificare, si può migliorare, si può dare alla propria vita nuovo impulso e nuova energia; si può capire quanto poco valga il denaro, il successo, se non guardiamo alla terra, al cielo, agli alberi. Il nostro essere migliore spesso è imprigionato in schemi che sono stati costruiti e che ci soffocano. Spesso la libertà consiste nel non possedere.

Romolo-attento, come me, è affascinato dai treni.

Secondo lei i ragazzi più giovani in che misura lottano per unificarsi alla massa e perchè? Cosa le consiglia?

I nostri giovani, i “miei” giovani, cioè i ragazzi che incontro, che mi leggono e quelli che ascoltano, hanno bisogno tutti di sentirsi parte di qualcosa per avere sicurezza e stabilità. Sta a noi adulti proporre un “ qualcosa” di positivo e di flessibile nel quale gli spazi siano sì definiti, ma non diventino prigioni. Invito i giovani a riflettere, a prendere l’abitudine al confronto, a guardare al di là dei messaggi che circondano la nostra vita, li invito a cercare di capire chi sono e seguire il filo della propria identità. Essere felici non è impossibile.

L’amore. Con quale parole è possibile raccontarlo ai più giovani?

L’amore. Un sapore che rende squisito un cibo. Un colore che rende unico un pezzo di cielo. Una nota che non può essere tolta in uno spartito. Una dolce malinconia che rende più bello pensare al domani. L’amore è progetto. E’ l’antitesi della solitudine e della morte. Ci fa riconoscere in qualcun altro più belli, più forti, più sicuri. L’amore mette al riparo dalla negatività. E’ ovvio che anch’esso ha numerose sfaccettature , ma in generale, amare rende capaci di cura verso noi stessi e gli altri. Amare e sentirsi amati costituisce il miglior motore, ecologico all’ennesima potenza, di ogni vita.

L’amore di Bianca e Vincenzo è una strada verso la maturità e verso la ricerca di stessi. Cosa ricorda della sua adolscenza. Alcuni suoi ricordi vivono nelle pagine dei suo romanzi?

La mia adolescenza…contraddizioni, paure, senso di inadeguatezza, amici, risate, pomeriggi e sere a parlare di tutto…la mia adolescenza come tante, con gli stessi ingredienti di quella dei giovani di oggi, contesti diversi è vero, ma stesse paure e stessi desideri. Per questo i ricordi che metto nelle pagine dei miei libri, sono riconoscibili anche dai ragazzi del 2010. Bianca e Vincenzo vivono un amore “diverso”, un amore che li porta a definirsi “ fratelli molto di più”. La ricerca di chi siamo diventa sempre essenziale per cercare di essere felici.

Quando ha scoperto il ruolo e la magia della scrittura?

Ho capito che scrivere poteva diventare un impegno costante perché passione da condividere, relativamente molto tardi, rispetto a molti che pubblicano libri da giovanissimi…quindici anni fa risultai finalista di un importante premio letterario; poi ci furono anni di “ silenzio” nei quali ho lavorato tantissimo e ho buttato il mio lavoro perché stavo cercando davvero chi ero e cosa potevo dare e ho imparato l’umiltà della scrittura. Scrivere e pubblicare è anche atto di coraggio e di responsabilità, per cui bisogna avere l’umiltà di accettare critiche e di rivedere il proprio lavoro. Mi ritengo molto attenta nella scrittura, anche se libera, proprio perché i miei libri sono letti da giovani in formazione. Coniugare libertà e responsabilità, non è facile, ma si può.

Che cosa rappresenta, nel quotidiano, la scrittura?

Quando sono impegnata nella stesura di un romanzo, scrivo quasi ogni giorno…quotidiano appuntamento con la storia di persone ( poi vengono definiti personaggi, ma per me sono persone) che agiscono, pensano, sognano, si ammalano, soffrono, gioiscono. La scrittura rappresenta per me uno spazio e un tempo con molte dimensioni. Einstein insegna. E mi definisco scrittrice da poco: un mese fa una studentessa della facoltà di Scienze delle Educazioni dell’Università di Firenze, si è laureata con una tesi dal titolo : “Loredana Frescura : un’autrice innovativa nel panorama della letteratura giovanile di oggi” . Lo avevo promesso ai miei amici, io che mi sono sempre definita autrice da quel giorno mi fregio dell’apposizione di scrittrice. Ho assistito alla discussione della tesi, che mi è stata anche regalata, e in una specie di stato di sogno, ho ascoltato parlare di me, della mia infanzia e formazione, del mio stile, dei miei libri. E’ stata un’esperienza unica per la carica emotiva e insieme a due mie amiche che mi accompagnavano, ci siamo ritrovate a piangere di meraviglia. Avrei voluto che mio padre avesse avuto ancora tempo in questo mondo, per vedere ed ascoltare quello che dicevano di me e magari sorridere con me.

Oltre ai suoi, quali libri si sente di consigliari ai nostri giovani amici  lettori?

Ci sono libri senza tempo e senza spazio…per me sono stati amici e confidenti e mi hanno fatto sognare e pensare e diventare la persona che sono.. Penso al Piccolo Principe, a Siddharta, a Se questo è un uomo, a Pinocchio, a Viaggio al centro della terra, a I dolori del giovane Holden , a Candide, a Cyrano…potrei continuare l’elenco per altre cento pagine…

Grazie mille Loredana.

a presto.

Incontrando Linda Cavallini, l’illustratrice di Morga.

Linda Cavallini illustratrice.Creatrice di immagine che donano sogni.Cosa possiamo aggiungere di te per farti conoscere ai nostri amici lettori?

Ecco, io vivo a Firenze, con tre gatti e una cagnolina; mi piace la danza e adoro cucinare, ma sopratutto amo disegnare. disegno sempre, da sempre, ma proprio sempre, praticamente ho iniziato a scarabocchiare quando avevo due anni e da allora non ho più smesso! sono sempre stata molto decisa sul mio futuro, perciò ho studiato al liceo artistico e poi all’accademia di belle arti. lavoro come illustratrice ormai da circa tre anni.

Forse si, altri no; non tutti sanno che se l’illustratrice di Morga. La bellissima ragazza in copertina ha preso forma dalle tue mani.Qual’è il processo che ti porta alla creazione. In modo particolare  di Morga.

Quando ho a che fare con personaggi non nati dalla mia fantasia di solito, dopo aver letto il testo ovviamente, io inizio a immaginare volti, fisionomie, silhouette; seguendo la descrizione fisica certo, ma sempre tenendo ben a mente il carattere, la personalità e cercandone quindi le espressioni e il portamento adatti.

Nel caso di Morga è stato semplice, lei era già molto “viva e concreta” per come Moony me l’aveva descritta. è bastato chiudere gli occhi un minuto per vedere chiara l’istantanea del suo viso un pò imbronciato coperto di lentiggini, gli occhioni blu che lanciavano fulmini con il vento che le scompigliava i capelli, da lì a “farle un ritratto” è stato un attimo. 🙂

Come si diventa illustratori?

Beh, ci sono molte scuole, molti corsi e altrettanti bravissimi insegnanti, ma quel che conta sopratutto sono a mio parere la passione, la grinta e la costanza.

Con questi ingredienti di base ognuno inizia un suo diverso e sempre valido percorso attraverso studi, influenze ed esperienze, tutto filtrato dalla sensibilità personale che porta poi a sviluppare uno stile proprio che durante la vita di un artista evolve e si trasforma continuamente.

Cosa rappresenta per te la magia, la fantasia, la creazione?

Diciamo che sono tre cose ben distinte, che spesso si incontrano e a volte si fondono.

La “creazione” di un’immagine, un disegno, un’illustrazione sono per me una forma di espressione vera e propria, un modo di comunicare insomma.

La “fantasia”, l’immaginazione, è quel dono che mi piace credere di avere, che fa sì che dentro di me si crei una dimensione alternativa vera e propria, in cui si muovono personaggi, creature e universi interi solo miei, da cui attingere all’infinito per poi catturarli con il lapis sui fogli di carta.

Quello della magia è un argomento che mi ha sempre affascinato molto. la storia di Morga ne è permeata, è stato davvero divertente dare forma al suo mondo, così pieno di dettagli fantastici.

Se dovessi descrivere un tuo desiderio attraverso un’immagine su quale ricadrebba la tua scelta?

Sono certamente molto influenzata da Myazaki. i suoi mondi, le sue atmosfere, sì, dovessi riassumere tutti i miei desideri e materializzarli in un’immagine sola, l’immagine del sogno cioè, ne sceglierei certamente una di questo grande maestro. la pace, il senso sottile e magico di armonia, l’equilibrio, la dolcezza di certe atmosfere silenziose, il valore dei particolari, la percezione profonda delle cose, il rispetto per la vita.

 Per seguire Linda

http://lindacavallini.blogspot.com/

www.lindacavallini.com

Incontrando Miriam Dubini e Leila Blu.

Ciao Miriam. Grazie per essere qui noi per parlare di La musica della luna, seguito di L’incanto della prima strega. I tuoi romanzi editi Mondadori  sono acquistabile in tutte le librerie.

Domanda forse un pò banale; cosa si prova a sapere il proprio libro in tutte le librerie e nella mani di giovani lettori?

Risposta un po’ banale: è come una magia. Non ci credi che possa succedere davvero e invece, ecco che il tuo sogno più grande si realizza… e, grazie ai bellissimi disegni di Alessandra Sorrentino, è anche più bello di come te l’eri immaginato.

La protagonista de La musica della luna è Leila. Ti va di parlarci un pò di lei?

Leila Blue ha undici anni, è sempre spettinata ed è la streghetta più disordinata di tutti i tempi. Il suo migliore amico è Florian, inventore geniale e re dei dispetti. Vive a Londra con suo papà che fa il pilota d’aerei ed è sempre in giro per il mondo, così passa la gran parte del suo tempo al salone di bellezza di Nonna Erminia. Leila non è molto interessata alla moda e alle cure di bellezza ma, da qualche giorno, le acconciature super cotonate della nonna, le manicure coloratissime di Elena e gli unguenti di bellezza di zia Frenky le fanno uno strano effetto… hanno qualcosa di magico e Leila scoprirà molto presto che cosa!

E della scuola di magia?

La scuola di magia è un laboratorio di scrittura creativa che sto portando in giro per le scuole d’Italia. Con l’aiuto dei personaggi del mio libro, gioco con un bambini inventando incantesimi fatti di parole. I giovani maghi e le giovani streghe possono poi mandare le filastrocche sul blog di Leila, all’indirizzo Leila-Blue.blogspot.com. Devo ammettere che mi sto divertendo un sacco!

La scrittura rende anche te un pò strega e magica?

sì, scrivendo si possono trasformare le cose e sconfiggere i cattivi… con l’intelligenza, come fanno i bambini e non con la violenza, come fanno gli adulti.

Parliamo di te. Nella tua biografia leggo cose meravigliose. Scrivi racconti per il teatro, collabori con Disney, lavori per Art Attack e crei giocattoli con materiali da recupero.

Cos’altro possiamo aggiungere?

Vado sempre in giro in bicicletta e ballo il tip tap con un gruppo di amiche che sono tutte un po’ streghe, come me.

Quando e come hai inziato a dedicarti alla scrittura?

Avevo 14 anni e scrivere il mio diario era la cosa che mi faceva sentire meglio. Da allora non ho mai smesso di scrivere e ho iniziato a studiare, copiare le pagine dei libri che mi piacevano di più e frequentare seminari di scrittori che amavo. Ho studiato un po’ di tutto: drammaturgia, sceneggiatura, fumetto, cinema e fiction.

Quali consigli ti senti di dare ai nostri amici lettori e aspiranti scrittori?

Siate molto golosi e un po’ copioni. Nutritevi di tutto quello che vi piace: film, fumetti, cartoni animati, fotografie, quadri, libri, spettacoli teatrali, … qui troverete gli ingredienti per le vostre storie. Scegliete le cose che vi piacciono di più e scoprite chi le ha inventate, copiate la ricetta dei loro capolavori e fate tanti esprimenti con le parole finché non trovate la vostra ricetta della vostra scrittura.

Grazie Miriam.

Incontrando Cecilia Randall

Ciao Cecilia. E’ davvero un piacere poterti incontrare.

In tutte le librerie è possibile trovare il tuo ultimo lavoro: Gens Arcana. Ti va di raccontarlo, senza spoiler, ai nostri amici lettori?

Dalla notte dei tempi nel mondo esiste la progenies aetheris, una stirpe che si tramanda col sangue il potere di evocare la quinta essentia, il quinto elemento della natura capace di combinarsi con gli altri quattro (aria, acqua, fuoco e terra) e di sfruttarne o contrastarne la forza. Gli uomini e le donne di questa stirpe che si sono addestrati a padroneggiare il loro potere vengono chiamati Arcani, ma in pochissimi conoscono la loro esistenza. La Chiesa e i governi secolari la tengono nascosta con i mezzi più spietati, si servono degli Arcani e li sorvegliano, in cambio li ripagano con onori, ricchezze e protezione.

Valiano de’ Nieri ha vent’anni e vive nella Firenze rinascimentale del 1478. Anche lui fa parte della progenies aetheris e sarebbe anzi destinato a diventare un capo tra gli Arcani, invece non vuole né il potere né il posto di capofamiglia che gli spetterebbe di diritto. Sogna una vita pacifica e semplice, per questo rinuncia alla primogenitura, rifiuta l’addestramento ad Arcano e abbandona la famiglia per vivere con le sue sole forze, da modesto artigiano.

Il suo sogno di libertà, però, dura poco: suo padre Bonconte muore misteriosamente e Angelo, l’adorato fratello, viene preso in ostaggio subito dopo. Valiano stesso diventa bersaglio di una caccia spietata, da parte di nemici umani e sovrumani, e capisce che se vuole sopravvivere e salvare Angelo deve riscoprire proprio quel potere che ha rifiutato per anni.

Quando e come hai deciso di raccontare questa storia su carta. Da quali suggestioni e idee ha preso vita?

La storia di Gens Arcana ha origini molto lontane. L’ho inventata più di dieci anni fa, prima di Hyperversum, e doveva diventare un fumetto, ma poi mi sono resa conto di non avere l’esperienza necessaria per darle col disegno la forma e la profondità che volevo. Così, dopo averne disegnato lo storyboard completo (più di duecento pagine!), l’ho messa nel cassetto aspettando di sentirmi pronta a riprenderla in mano. Ho impiegato tre romanzi e alcuni racconti, ma alla fine eccola qua. Adesso ne sono finalmente soddisfatta.

L’idea iniziale è venuta dalla filosofia classica, dalle teorie sugli elementi incontrate tante volte durante gli studi, le stesse che ho citato poi in parte anche nel romanzo. Ho cominciato a chiedermi cosa succederebbe se alcuni uomini avessero il potere innato di sfruttare le energie elementali: un potere che non è magico né divino né diabolico, ma è trasversale alle culture e alle religioni e ha ispirato miti, leggende e superstizioni in tutto il mondo e in tutte le civiltà. Un potere “neutro” come la forza stessa della natura che di per sé non è né buona né maligna, ma può generare la vita quanto distruggerla. I possessori di un tale potere potrebbero quindi essere allo stesso tempo una difesa e una minaccia, sempre in bilico su una scelta pericolosa: usare la propria forza per aiutare gli altri uomini o per dominarli. A furia di ricamare su queste idee, sono nati gli Arcani.

Secondo  te come si spiega il fascino che la storia possiede? In modo particolare la Firenze del 1478?

La Storia ci racconta le nostre origini e ci spiega le basi della nostra cultura. Quando va al di là della cronologia pura e semplice, ci svela vite affascinanti, imprese eroiche, vicende efferate, meraviglie dell’ingegno e dell’arte, abitudini riti e superstizioni spariti col tempo oppure sopravvissuti fino a noi e nascosti magari sotto i gesti più comuni del nostro vivere quotidiano… e potrei andare avanti all’infinito con gli esempi. La Storia è un enorme libro fatto di pagine luminose e buie in cui è semplicemente impossibile non trovare qualcosa di interessante da leggere.

La Firenze del 1478 ha visto insieme alcuni dei più grandi nomi dell’arte e della storia italiana (due tra gli altri: Leonardo da Vinci e Lorenzo de’ Medici) ed è stata teatro di spargimenti di sangue incredibilmente feroci. Ma credo che basti anche solo la parola “Rinascimento” a renderla irresistibile.

Molti dei nostri lettori sognano di diventare scrittori, sono sicura che saranno curiosi di conoscere la tua storia come scrittrice; quando hai iniziato a scrivere il tuo primo romanzo?

Ho iniziato a mettere su carta le mie storie, scritte o disegnate, da piccolissima: i primi racconti risalgono alle elementari, il primo fumetto completo alle medie, il primo romanzo vero e proprio all’inizio dell’università. Sono tutte storie adatte all’età che avevo allora e molte di queste fanno sorridere adesso per la loro ingenuità. Le tengo archiviate su uno scaffale apposito della mia libreria insieme alle decine di altre storie rimaste incompiute negli anni. Ne ho sperimentate tante, di molti generi diversi, prima di sentirmi pronta a sottoporne una, Hyperversum, al giudizio degli editori.

Che rapporto hai quotidianamente con la scrittura? E con la lettura?

Quando sto lavorando a un libro, scrivo tutti i giorni senza deroghe, anche quando torno a casa tardi dal lavoro, anche se quel giorno mi rimane tempo solo a notte fonda, anche durante il fine settimana. Tra un libro e l’altro cerco comunque di scrivere spesso. La scrittura è passione e allenamento, quindi la mano va tenuta allenata il più possibile. La rilettura e le correzioni sono altrettanto importanti in questo processo.

Leggo tutti i giorni. Non solo romanzi, ma saggi, racconti, fumetti, giornali. Leggo di tutto, leggo con piacere. Non si può scrivere se non si legge. A trecentosessanta gradi.

Un consiglio per chi vorrebbe intraprendere la tua stessa strada?

Innanzitutto, come dicevo, leggere tanto e di tutto e insieme “nutrirsi” di storie sotto ogni forma: cinema, teatro, fumetto, cartoni animati, telefilm… cercare di capirne i meccanismi narrativi, studiarne i colpi di scena, i dialoghi, persino i fondali. Poi fare tanto allenamento: scrivere, rileggere e correggere, rileggere e correggere, rileggere e correggere… Non bisogna mai dare meno del proprio massimo.

Se per un giorno potessi vivere un’avventura, raccontata nei libri ma scritta da un altro scrittore, su quale libro ricadrebbe la tua scelta. E perché?

Vorrei imbarcarmi sulla Folgore e solcare il Mar dei Caraibi accanto al tenebroso Emilio di Roccabruna, alias il Corsaro Nero! Il motivo è puramente affettivo: lui è uno degli eroi che ho più amato da bambina. Mi ha fatto sognare per anni, sarebbe un’emozione enorme incontrarlo.

Incontrando Barbara Baraldi e Scarlett

Barbara Baraldi scrittrice affermata, debutta con il primo romanzo per ragazzi, Scarlett.

Ti va di raccontare ai nostri amici lettori chi sono i protagonisti di questa affascinante storia?

La protagonista principale è Scarlett, una ragazza di sedici anni che da poco si è trasferita in una nuova città. È la sua voce a condurci lungo le spirali della narrazione. Tra i problemi di inserimento nella nuova scuola e le incomprensioni con i genitori, si trova costretta a ricominciare tutto daccapo. A Cremona ha lasciato il suo migliore amico, che forse stava diventando qualcosa di più. Durante il tradizionale concerto di inizio anno Scarlett incontra Mikael, il bassista dei popolari Dead Stones. La sua bellezza la turba e i suoi occhi di ghiaccio sembrano celare una malinconia infinita. Poi ci sono Vincent e Ofelia, Caterina e Genziana, la perfida Lavinia, Umberto che si innamora di Scarlett ed Edoardo il bibliotecario, intelligente e sensibile, che le insegna ad ascoltare la voce dei libri. Poi un omicidio e il soprannaturale che entra prepotente nella sua vita.

Quando e come hai creato il personaggio di Scarlett?

Penso che Scarlett vivesse già in un angolo della mia mente. Era tanto tempo che desideravo raccontare la storia di un amore impossibile. Tante volte ho visitato la tomba di Giulietta a Verona, permeata della presenza del suo Romeo. E cosa c’è di più impossibile che il sentimento tra una fanciulla e una creatura soprannaturale? Scarlett, timida e coraggiosa, istintiva e a volte incapace di esprimere le emozioni, mi parlava con la sua piccola voce. Ho dovuto solo seguirla. Quando ho cominciato a scrivere, le sue caratteristiche hanno prepotentemente preso forma. È stato emozionante ricevere mail dei lettori in cui mi dicevano: Scarlett sono proprio io! Forse proprio in questo risiede la sua magia, Scarlett è una straordinaria ragazza della porta accanto.

Che legame ti lega con i personaggi a cui dai vita?

Un legame profondo e viscerale. Li sento vivere e respirare. Mentre scrivo mi emoziono con loro. All’inizio mi sentivo stupida ad ammetterlo, ma mi è capitato a volte di commuovermi o di dovermi fermare durante la scrittura perché ero troppo spaventata.

Da che parte si inizia quando si decide di scrivere un romanzo?

Penso che sia diverso per ogni scrittore, così come per ogni storia che si vuole raccontare. Le possibilità sono infinite! A volte comincio da una scena, un’immagine che prende forma come il fotogramma di un film. Mi è capitato nel caso di Lullaby – La ninna nanna della morte. Due ragazze, molto diverse tra loro, ballano un tango di nostalgia nella penombra di una sala, al ritmo di Lullaby dei Cure. A volte parto da un personaggio o dal desiderio di raccontare un’idea. Scarlett è nato dalla necessità di raccontare una storia sull’amore e i suoi demoni.

Cosa spinge secondo te, nell’animo umano, a dedicarsi alla scrittura?

Penso sia soggettivo. Per me è un bisogno, qualcosa che coltivo sin da bambina. Scrivere mi faceva stare bene. Ho un vero e proprio feticismo per la parola. Nella mia stanza di ragazzina sono ancora visibili le scritte sulle pareti, fatte con lo smalto nero per unghie. Frasi che per me avevano un significato importante e volevo leggere ogni sera prima di andare a letto e a ogni risveglio.

Amore e demoni. Spieghiamo questo connubio?

Per risponderti vorrei riportare la citazione da un libro che ho letto e riletto, quando ero ragazzina: Quando l’amore vi fa cenno, seguitelo, benché le sue vie siano difficili e scoscese. E quando le sue ali vi avvolgono, abbandonatevi a lui, benché la sua lama, nascosta tra le piume, può ferirvi. L’amore è un demone. E io scelto di renderlo non solo in senso figurato.

Molti dei nostri amici lettori coltivano il sogno di diventare scrittori, quali consigli ti senti di dare?

Leggete tanto. Un bravo scrittore è, prima di tutto, un lettore appassionato. I libri insegnano e alimentano la voglia di scrivere. Poi, esercitarsi molto: la scrittura ha bisogno di tempo, cure e attenzioni. Rileggersi spesso. Non aver paura di riscrivere pagine intere. Come si dice? La pratica porta alla perfezione.

Incontrando Manuela Salvi. E’ sarà bello morire insieme

Grazie Manuela per essere qui con noi. In tutte le librerie, da poco più di un mese, troviamo il tuo ultimo romanzo “E sarà bello morire insieme”.  Ti va di presentarlo a tutti i nostri giovani lettori?

Ciao a tutti! Sì, in libreria c’è il mio diciassettesimo libro, il primo che parla ai ragazzi più grandi, e racconta la storia di Bianca, figlia di un giudice antimafia, e di Manuel, il favorito di un boss di camorra. Per stare insieme dovranno combattere molti ostacoli e soprattutto prendere decisioni difficili tipo: è meglio schierarsi dalla parte del bene o del male?

Quale messaggio vorresti che venisse colto dai lettori?

Che la libertà è il bene più prezioso che abbiamo ed è l’unico che non si può comprare! Anche l’amore, senza libertà, diventa impossibile.

Come si spiega la mafia e l’amore ai ragazzi?

Più che spiegarla, ho voluto mostrare o almeno dare l’idea di quali siano i limiti di chi vive all’interno di un clan. Quando andavo al liceo, nel millennio scorso, nella classe parallela alla mia c’era il nipote di un famosissimo boss: tutti lo evitavano spaventati oppure cercavano di essergli amici solo per ottenere favori. Era triste, era come se la sua vita fosse già stata decisa e lui avesse un marchio sulla fronte.

Perché dunque mafia e amore? Perché chi fa parte della camorra in pratica non può nemmeno scegliersi la persona da amare, le unioni sono frutto di intese tra famiglie. Credo che per un ragazzo o per una ragazza sia una cosa orribile.

Molti dei nostri lettori sono aspiranti scrittori. Sono sicura che saranno curiosi di conoscere la tua personale storia di Scrittrice.

Quando e come hai iniziato a scrivere?

Ho iniziato in prima elementare, come tutti! Solo che invece di mettermi sui pensierini, mi facevo dei libretti da sola, scritti e illustrati da me. Ho sempre saputo che avrei lavorato nell’editoria per ragazzi, in un modo o nell’altro. Agli aspiranti scrittori dico: bisogna avere umiltà e costanza e taaaanta pazienza. Io ho spedito il mio primo manoscritto a un editore quando avevo 12 anni, ma ho pubblicato il primo libro che ne avevo 30!

Cosa rappresenta e cosa rappresentava per te la scrittura?

La possibilità di vivere le vite degli altri, attraverso i miei personaggi. E di creare mondi in cui le cose vadano per il verso giusto… cioè quello che decido io!

La scrittura è un modo per non perdersi, per scaricare le ansie, per superare le paure e anche per vivere belle avventure senza essere disturbati da nessuno. È sempre stato così, per me.

Ti ricordi ancora il giorno in cui è arrivata la telefonata dall’editore, che ti comunicava che avrebbe pubblicato il tuo primo libro? Di cosa si trattava?

Me lo ricordo benissimo! Era l’autunno del 2003 e mi trovavo a insegnare a un corso di informatica. Mi squillò il telefonino ed era Nicoletta Codignola della casa editrice Fatatrac: le avevo mandato la bozza di libro illustrato solo una settimana prima e avevano già deciso di pubblicarlo! Si trattava di “Nei panni di Zaff”, la storia di un bimbo che vuole fare la principessa ma tutti gli dicono che non può perché ha il pisello e le principesse il pisello non ce l’hanno… Uscì nel 2005, dovetti aspettare un anno e mezzo per vederlo stampato.

E quando lo hai visto in libreria?

È stata un’emozione spaventosa, perché invece di essere al settimo cielo ho pensato: mioddio, questo è solo il primo gradino, non è un punto di arrivo ma di partenza! Aiuto!

Come l’esame di maturità, che quando sei alle superiori lo vedi come il traguardo, invece poi ti accorgi con stupore che si tratta solo dell’inizio del futuro.

Come descriveresti il mondo della fantasia che vive dentro di te?

Una difesa contro il mondo adulto, che ci vuole tutti uguali e ci costringe a ruoli in cui comunicare tra persone diventa sempre più difficile. La fantasia è l’unica vera arma che abbiamo per immaginare la nostra vita a misura della nostra anima.

Quali consigli ti sentiresti di dare a chi vorrebbe intraprendere la tua stessa strada?

Leggere molto è la base. Scrivere serve ad allenare la mente e a prendere la mano con la narrazione. Ma poi, quando si decide di fare sul serio, occorre studiare. In Italia non è possibile farlo in modo sistematico, per esempio all’università, ma basta sapere l’inglese e allora si trovano decine di bellissimi manuali in cui la tecnica della scrittura viene spiegata a chi intende intraprendere questa professione. Io ho iniziato con “Crafting stories for children” di Nancy Lamb, per esempio.

Perché quella degli scrittori è un’arte ma soprattutto un mestiere, in cui è richiesta precisione e fatica, creatività ma anche padronanza delle tecniche narrative.

Se per un giorno potessi vivere un’avventura, raccontata nei libri ma scritta da uno scrittore che non sei tu, su quale libro ricadrebbe la tua scelta. E perché?

Sembra banale, ma darei qualsiasi cosa per vivere ad Hogwarts, la scuola di magia di Harry Potter. Più che per la bacchetta magica, perché lì hanno le scale che cambiano, i passaggi segreti, le scope che volano, le lettere che strillano… è tutto in movimento e in mutazione perenne, sei in un posto ma è come se non fosse mai uguale al giorno prima, non sai mai quello che ti può accadere o in cosa ti puoi imbattere. Vorrei che il mondo fosse così, che i muri di casa mia cambiassero ogni giorno, che mi atterrasse un ippogrifo giù in cortile o che bastasse un po’ di Metropolvere per viaggiare…

Grazie mille Manuela per essere stata con noi.

Incontrando Francesco Falconi

Francesco Falconi. Prima di tutto grazie per essere qui con noi. Da pochissimo è in tutte le librerie il tuo ultimo romanzo. Nemesis l’ordine dell’apocalisse. Ti va di presentarlo ai nostri giovani lettori?

Nemesis è la storia di due ragazzi, Ellen e Kevin, che si incontrano nella città di Inverness, nelle Highlands scozzesi. Tra di loro nasce subito una forte attrazione, che sfocia presto in un sentimento più complesso e profondo. Entrambi, però, custodiscono un segreto terribile e inconfessabile: Ellen ha scoperto nel giorno del suo quindicesimo compleanno di appartenere alla dinastia dei Demoni Emersi, Kevin invece fin dall’età di otto anni si è allenato duramente nell’isola di Skye per diventare un Angelo Ombra. Tutto sembra andare a gonfie vele, benché i loro caratteri spesso si trovino in contrasto: Ellen è ribelle e anticonformista, Kevin ligio al dovere e granitico nei suoi ideali. Ma, al tramonto, le dimensioni degli Angeli e dei Demoni si fondono palesando la loro rispettiva natura: per Ellen e Kevin sarà un duro colpo. Nel frattempo, i Discepoli di Nemesis, l’Angelo dell’Apocalisse, si stanno riunendo per sovvertire il Patto d’Equilibrio e scatenare una guerra tra gli Angeli Ombra e i Demoni Emersi.

Molti dei nostri amici lettori coltivano anche la passione per la scrittura.
Ci racconteresti come e quando hai iniziato a scrivere? Se non sbaglio il tuo primo romanzo lo hai scritto da adolescente?

Esattamente. Da sempre amante della letteratura fantastica ho iniziato a scrivere all’età di 14 anni, quando creai il mondo di Estasia e ne raccontai la storia su un quadernone a quadretti. Poi, dopo il periodo universitario, riscoprii la passione per la scrittura, riuscii a pubblicare Estasia con l’Armando Curcio Editore e da allora non ho più smesso. Nemesis, infatti, è il mio ottavo romanzo.

Cosa rappresentava e cosa rappresenta per te il mondo della scrittura?
Una catarsi liberatoria. Non posso vivere senza scrivere, è l’unico modo per mettere a tacere il demone che mi graffia l’anima.

E il mondo della fantasia?
È l’evasione dalla nostra realtà, sia per puro intrattenimento, sia perché consente di rifletterla in modo limpido e cristallino. Il fantastico è la mia arma preferita. E l’unica che possiedo.

Quando hai scritto Nemesis ci sono state delle abitudini che hanno accompagnato la scrittura?
Non diverse dal solito processo con il quale scrivo un romanzo: i primi mesi di stesura del plot accompagnati dallo studio approfondito delle fonti che mi sono necessarie per la stesura, geografiche o quant’altro. Adesso, per esempio, sono sulla trama del secondo libro di Nemesis e sto studiando approfonditamente la Qabalah e la storia di Roma. Ovviamente non ti svelerò nulla 🙂

Come si inizia a scrivere un romanzo? Si comincia con un’idea ben definita o si lascia che siano i personaggi ad accompagnarti nel loro mondo?

Definisco sempre un plot ben preciso, e raramente cambio gli snodi principali. Intoccabili sono il prologo e l’epilogo. Lascio tuttavia libertà ai personaggi: anche se definisco le linee basilari del loro carattere, spesso mi accorgo che assumono delle sfumature che non avevo previsto. Lasciare un certo grado di libertà ai propri personaggi e non costringerli a seguire pedissequamente ciò che ho stabilito nella stesura iniziale del plot mi permette di rendere il romanzo più genuino e imperfetto: sembra un controsenso, ma è proprio l’imperfezione di un personaggio a renderlo più vero, proprio come accade nella realtà. Tutti noi spesso cadiamo in contraddizione, se anche ci dimostriamo forti e decisi inciampiamo sempre nelle nostre debolezze.

Come si creano i personaggi? Quale legame hai instaurato con i protagonisti di Nemesis?
I miei personaggi nascono da un’idea, sono sempre loro a costruire il mondo che gli sta attorno, reale o immaginario che sia. Sono loro a muovere l’azione, a costruire il dramma che conduce il lettore attraverso gli snodi della trama. Il mio legame con loro? Un rapporto di assoluta onestà, perché il narratore non deve costringerli né trapelare dalle pagine del romanzo. E, soprattutto, deve evitare di affezionarcisi.

Se per un giorno avessi la possibilità di vivere un’avventura raccontata nei libri, ma scritta da un altro autore, su quale romanzo ricadrebbe la tua scelta e perchè?

Domanda difficile. Mi piacerebbe fare un salto nell’Inferno, accompagnato non da Virgilio ma dalle nuove Muse del nostro secolo, vivendo una rivisitazione moderna dell’opera di Dante. Chissà, magari consiglierei a Caronte di regalare un biglietto di prima classe a qualche personaggio ingombrante…

Grazie Francesco.