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Incontrando Manuela Salvi. E’ sarà bello morire insieme

Grazie Manuela per essere qui con noi. In tutte le librerie, da poco più di un mese, troviamo il tuo ultimo romanzo “E sarà bello morire insieme”.  Ti va di presentarlo a tutti i nostri giovani lettori?

Ciao a tutti! Sì, in libreria c’è il mio diciassettesimo libro, il primo che parla ai ragazzi più grandi, e racconta la storia di Bianca, figlia di un giudice antimafia, e di Manuel, il favorito di un boss di camorra. Per stare insieme dovranno combattere molti ostacoli e soprattutto prendere decisioni difficili tipo: è meglio schierarsi dalla parte del bene o del male?

Quale messaggio vorresti che venisse colto dai lettori?

Che la libertà è il bene più prezioso che abbiamo ed è l’unico che non si può comprare! Anche l’amore, senza libertà, diventa impossibile.

Come si spiega la mafia e l’amore ai ragazzi?

Più che spiegarla, ho voluto mostrare o almeno dare l’idea di quali siano i limiti di chi vive all’interno di un clan. Quando andavo al liceo, nel millennio scorso, nella classe parallela alla mia c’era il nipote di un famosissimo boss: tutti lo evitavano spaventati oppure cercavano di essergli amici solo per ottenere favori. Era triste, era come se la sua vita fosse già stata decisa e lui avesse un marchio sulla fronte.

Perché dunque mafia e amore? Perché chi fa parte della camorra in pratica non può nemmeno scegliersi la persona da amare, le unioni sono frutto di intese tra famiglie. Credo che per un ragazzo o per una ragazza sia una cosa orribile.

Molti dei nostri lettori sono aspiranti scrittori. Sono sicura che saranno curiosi di conoscere la tua personale storia di Scrittrice.

Quando e come hai iniziato a scrivere?

Ho iniziato in prima elementare, come tutti! Solo che invece di mettermi sui pensierini, mi facevo dei libretti da sola, scritti e illustrati da me. Ho sempre saputo che avrei lavorato nell’editoria per ragazzi, in un modo o nell’altro. Agli aspiranti scrittori dico: bisogna avere umiltà e costanza e taaaanta pazienza. Io ho spedito il mio primo manoscritto a un editore quando avevo 12 anni, ma ho pubblicato il primo libro che ne avevo 30!

Cosa rappresenta e cosa rappresentava per te la scrittura?

La possibilità di vivere le vite degli altri, attraverso i miei personaggi. E di creare mondi in cui le cose vadano per il verso giusto… cioè quello che decido io!

La scrittura è un modo per non perdersi, per scaricare le ansie, per superare le paure e anche per vivere belle avventure senza essere disturbati da nessuno. È sempre stato così, per me.

Ti ricordi ancora il giorno in cui è arrivata la telefonata dall’editore, che ti comunicava che avrebbe pubblicato il tuo primo libro? Di cosa si trattava?

Me lo ricordo benissimo! Era l’autunno del 2003 e mi trovavo a insegnare a un corso di informatica. Mi squillò il telefonino ed era Nicoletta Codignola della casa editrice Fatatrac: le avevo mandato la bozza di libro illustrato solo una settimana prima e avevano già deciso di pubblicarlo! Si trattava di “Nei panni di Zaff”, la storia di un bimbo che vuole fare la principessa ma tutti gli dicono che non può perché ha il pisello e le principesse il pisello non ce l’hanno… Uscì nel 2005, dovetti aspettare un anno e mezzo per vederlo stampato.

E quando lo hai visto in libreria?

È stata un’emozione spaventosa, perché invece di essere al settimo cielo ho pensato: mioddio, questo è solo il primo gradino, non è un punto di arrivo ma di partenza! Aiuto!

Come l’esame di maturità, che quando sei alle superiori lo vedi come il traguardo, invece poi ti accorgi con stupore che si tratta solo dell’inizio del futuro.

Come descriveresti il mondo della fantasia che vive dentro di te?

Una difesa contro il mondo adulto, che ci vuole tutti uguali e ci costringe a ruoli in cui comunicare tra persone diventa sempre più difficile. La fantasia è l’unica vera arma che abbiamo per immaginare la nostra vita a misura della nostra anima.

Quali consigli ti sentiresti di dare a chi vorrebbe intraprendere la tua stessa strada?

Leggere molto è la base. Scrivere serve ad allenare la mente e a prendere la mano con la narrazione. Ma poi, quando si decide di fare sul serio, occorre studiare. In Italia non è possibile farlo in modo sistematico, per esempio all’università, ma basta sapere l’inglese e allora si trovano decine di bellissimi manuali in cui la tecnica della scrittura viene spiegata a chi intende intraprendere questa professione. Io ho iniziato con “Crafting stories for children” di Nancy Lamb, per esempio.

Perché quella degli scrittori è un’arte ma soprattutto un mestiere, in cui è richiesta precisione e fatica, creatività ma anche padronanza delle tecniche narrative.

Se per un giorno potessi vivere un’avventura, raccontata nei libri ma scritta da uno scrittore che non sei tu, su quale libro ricadrebbe la tua scelta. E perché?

Sembra banale, ma darei qualsiasi cosa per vivere ad Hogwarts, la scuola di magia di Harry Potter. Più che per la bacchetta magica, perché lì hanno le scale che cambiano, i passaggi segreti, le scope che volano, le lettere che strillano… è tutto in movimento e in mutazione perenne, sei in un posto ma è come se non fosse mai uguale al giorno prima, non sai mai quello che ti può accadere o in cosa ti puoi imbattere. Vorrei che il mondo fosse così, che i muri di casa mia cambiassero ogni giorno, che mi atterrasse un ippogrifo giù in cortile o che bastasse un po’ di Metropolvere per viaggiare…

Grazie mille Manuela per essere stata con noi.